di Francesca La Bella
Dopo quasi un anno di
combattimenti è stata firmata una tregua tra Tuareg e Tebu nel sud della
Libia. Il 25 luglio a Sebha, città principale della regione del Fezzan,
è stato raggiunto un compromesso tra le due popolazioni che prevede,
oltre a una tregua nelle ostilità, la messa in atto di dispositivi che
dovrebbero consentire il raggiungimento di una stabile pacificazione
dell’area. L’accordo prevederebbe il rilascio dei prigionieri da
entrambe le parti e la predisposizione delle condizioni necessarie per
il ritorno delle popolazioni allontanatesi dall’area a causa degli
scontri.
Da molti mesi nella regione sud occidentale della Libia si
assiste a una guerra civile locale che, pur mantenendo alcuni legami con
la più ampia disputa nazionale per il potere, sembra presentare
caratteri propri. Solo nella settimana precedente alla firma
del cessate il fuoco, circa 60 sono stati i morti e numerosi i feriti,
concentrati perlopiù nelle città principali di Ubari e Ghat mentre
incalcolabili sono i danni sociali ed economici con decine di sfollati e
centri medici al collasso per la mancanza di medicinali e materiali per
il primo soccorso. Una situazione non particolarmente difforme rispetto
alla realtà del Paese, attraversato da combattimenti e distruzione
ormai da molto tempo.
Come accennato in precedenza, i contrasti tra tribù Tebu e
tribù Tuareg non sarebbero, però, come invece affermano alcuni analisti,
esclusivamente legati al posizionamento dei primi con il Governo di
Tobruk ed i secondi con quello di stanza a Tripoli, ma si baserebbero su
una più ampia dinamica di controllo del potere e del territorio nel
quale i due gruppi convivono. A tal proposito sembra importante sottolineare la valenza strategica ed economica di questa area:
confini con Algeria e Niger porosi a traffici particolarmente redditizi
di merci e persone; pozzi petroliferi di grande importanza come l’area
di El Sharara, secondo campo petrolifero del Paese.
Da questo punto di vista, il contrasto armato tra popolazioni Tuareg e
Tebu deve essere letto più nell’ottica della lotta per la conquista del
territorio in un contesto di caos e di mancanza di strutture statuali
forti che nel senso della guerra per procura dei due Governi della
contesa libica. Dopo la caduta di Gheddafi, i gruppi etnici minoritari
nel Paese hanno cercato di trovare un proprio spazio di
autodeterminazione e di radicamento territoriale. Nonostante le diverse
scelte strategiche che hanno visto le dirigenze delle due popolazioni su
fronti opposti, i Tuareg al fianco del Colonnello e i Tebu
nelle file dei ribelli, entrambi i gruppi hanno visto nella destituzione
del Governo, l’aprirsi di una nuova fase politica che avrebbe
consentito loro di estendere la propria area di influenza con le
conseguenti ricadute economiche.
Questo quadro non sarebbe, però, completo se si tralasciassero le
alleanze con i diversi attori della guerra civile libica che, anche in
questa fase di negoziato, hanno avuto un ruolo significativo sia in
termini di appoggio all’una o all’altra parte sia in termini di
mediazione. L’importanza delle forze fedeli al Governo di Tobruk e delle
milizie di Misurata nelle dinamiche del Fezzan ha, infatti, portato ad
un amplificarsi della battaglia tra le opposte fazioni. Non un ruolo
primario, dunque, quello degli attori nazionali, ma un’azione di
supporto che ha consentito a popolazioni nomadi con limitate
disponibilità economiche di portare avanti una guerra lunga e
sanguinosa.
Alla luce di questo, possiamo affermare che, nonostante la fiducia
riposta in questa tregua, molte sono ancora le incognite interne ed
esterne che minacciano il negoziato. In questi mesi si è assistito più
volte a brevi fasi di calma, velocemente cancellate dalla mancanza delle
premesse per la costruzione di un’amministrazione locale condivisa e
duratura. In senso più ampio, invece, la mancanza di unità nazionale, la
presenza di gruppi minoritari rimasti fino ad ora nell’ombra dei due
attori principali e lo sviluppo di nuove entità come lo Stato Islamico
potrebbero inficiare questi tentativi, gettando nuovamente l’area nella
guerra. Una nuova fase di instabilità con molti più attori e,
conseguentemente, ancor più difficile da superare.
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