Nella sua prima intervista radiofonica ai media spagnoli, il controverso economista greco, prestigioso professore negli Stati Uniti, saggista, e per un breve periodo, ministro delle finanze Yanis Varoufakis non delude. Senza mezzi termini, il parlamentare di SYRIZA parla dopo il suo breve ma intenso passaggio da Ministro delle Finanze greco, del suo ritiro dal gabinetto guidato da Alexis Tsipras e descrive in un linguaggio semplice le ragioni delle sue dimissioni e del perché non può funzionare il sistema “piramidale” del debito greco che la Troika insiste a voler applicare sotto l’eufemismo di “salvataggio”.
Varoufakis si addentra nei reali motivi della crisi dell’euro e li espone sia a Wolfgang Schäuble che a Luis de Guindos [Ministro delle Finanze spagnolo ndt] e sembra che voglia dare un consiglio a Podemos, il partito spagnolo per il quale esprime simpatia: le dimensioni contano.
Di seguito è riportata l’intervista completa fatta a Yanis Varoufakis durante il programma El Búho , diretto da Mariano Alonso Freire per Radio 4G, che è stato rilasciata la scorsa notte, 20 luglio.
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Mariano Alonso: Buonasera, signor Varoufakis, grazie mille per averci raggiunto qui a El Búho, come sta?
Yanis Varoufakis: Molto bene, e sono personalmente sollevato rispetto agli ultimi cinque mesi, anche se politicamente e collettivamente siamo di fronte ad una situazione molto complicata come greci e, soprattutto, come europei.
Mariano Alonso: Due settimane fa, dopo che si è dimesso dal governo greco, era necessario il referendum se poi la Grecia sta accettando il salvataggio, una volta respinto?
Yanis Varoufakis: Beh, questa è una domanda molto buona. Il 25 giugno ci hanno presentato un terribile ultimatum. Non abbiamo avuto il mandato di accettare a tutti i costi perché abbiamo pensato che fosse un accordo catastrofico per l’economia greca, e inoltre abbiamo ritenuto che fosse un male per l’Europa. D’altra parte, il modo in cui è stato presentato a noi, solo quattro o cinque giorni prima della fine del programma di aiuti greco, rifiutarlo avrebbe significato una rottura della zona euro, il che significava che la Grecia sarebbe restata senza un programma di aiuti e quindi, in pratica un chiaro caso di conflitto tra la Grecia e l’Eurozona. Non abbiamo avuto questo mandato. Il 25 gennaio siamo stati eletti con un programma di proseguire i negoziati all’interno della zona euro.
Così abbiamo fatto quello che qualsiasi democratico farebbe, consultare il popolo greco. Il nostro consiglio è stato quello di votare “no”. Semplicemente perché siamo stati eletti per non perpetuare il ciclo di debito e deflazione che aveva condannato la Grecia a cinque anni di umiliazione e una massiccia crisi economica e sociale.
Ci hanno messo con le spalle al muro, e non abbiamo avuto altra scelta che chiedere ai Greci. Ci hanno dato un “NO”, un “no” clamoroso molto coraggioso. Io dico che è stato coraggioso, prima di tutto, perché erano terrorizzati dai media che hanno mostrato il “no” come una situazione per la Grecia che conosciamo, e allo stesso tempo, naturalmente, di essere stati terrorizzati dalla chiusura delle banche che era presentata come misura per il bene dell’Eurogruppo.
Hanno sollevato questo manto di terrore e hanno votato un sonoro “no”.
Sentivo che questo “no” doveva essere usato per darci energia e tornare in Europa, per dire ai nostri colleghi europei e alla troika che avevamo avuto un mandato per ulteriori negoziati, per continuare nella zona euro, con un accordo praticabile e, che se volevano continuare a imporre un accordo irrazionale e contrario ai diritti umani, che lo facessero.
Il Primo Ministro non era d’accordo con la mia opinione su questo, e ha deciso, nel suo ragionamento, con il quale io non concordavo, che come responsabilità di governo non poteva permettere che le banche fossero completamente distrutte. Ho perso la votazione nel Consiglio dei Ministri e quindi la decisione di ritirarmi era praticamente presa. Non potevo accettare questo, e quindi mi sono dimesso.
Salve, Varoufakis, parla Luis Martin
Yanis Varoufakis: Ciao Luis.
Luis Martin: Guardando agli ultimi cinque mesi in prospettiva, vorrei il suo parere su tutto ciò che non andava o avrebbe fatto in modo diverso.
Yanis Varoufakis: Oh, certo. Chiunque abbia attraversato un processo di negoziazione come questo e che sostiene che non ha sbagliato nulla o non avrebbe dovuto fare le cose in modo diverso è un pazzo pericoloso. Naturalmente abbiamo commesso degli errori.
L’errore più grande è stato quello di immaginare che una solida argomentazione ci avrebbe portato al successo. Saremmo stati in grado di intenderci con le istituzioni e di convincere l’Eurogruppo, con la base di una potente ragione come la ristrutturazione del debito, che ci avrebbe permesso di ridare più soldi ai nostri creditori, e di far crescere l’economia greca permettendo riforme possibili.
Questo è stato un errore di calcolo da parte nostra e, mentre avanzavano i negoziati, è diventato sempre più chiaro che gli argomenti ragionevoli non avrebbero attirato l’attenzione dei nostri creditori. Essi reclamavano indietro i loro soldi e chiedevano riforme dalla Grecia.
Ma fu subito chiaro che né volevano i loro soldi indietro né volevano riforme in Grecia, volevano soltanto umiliare un governo che ha osato dire “no” al loro programma che è fallito.
A quel punto, combattiamo, penso molto bene e molto duramente, per mantenere l’accordo dell’Eurogruppo del 20 febbraio, che era composto essenzialmente di norme rivoluzionarie. Se leggete la dichiarazione dell’Eurogruppo del 20 febbraio vedrete qualcosa di molto importante, la parola “programma” non è usata e le iniziali del “memorandum d’intesa” (MoU) neppure. L’Eurogruppo ha precisato che il governo greco doveva essere giudicato in base alla lista delle riforme avviate dall’esecutivo, in modo da sfuggire, anche se solo per pochi giorni, al secondo piano di salvataggio che stava uccidendo l’economia greca. Non è stato un errore, anzi è stato un grande successo.
Gli errori iniziano due o tre giorni dopo, durante una conference call in cui le istituzioni tornano a enfatizzare di nuovo la questione sul tavolo del MoU [del salvataggio]. Ho risposto con decisione che non vedevo perché si sarebbe dovuto tornare a un accordo di salvataggio dopo il 20 febbraio. Ma nel tentativo di trovare un terreno comune con la troika, le istituzioni e l’Eurogruppo, siamo caduti nella trappola di avviare negoziati nel contesto di un salvataggio non riuscito; lasciandoci trascinare di nuovo nella negoziazione di un processo di salvataggio fallito. Un processo noto anche come una revisione globale in cui i tecnocrati ci hanno chiesto di parlare di tutto, il che ovviamente significava parlare poco o nulla.
Così, per molte settimane abbiamo avuto questa “super” trattativa senza fine in cui ci è stato chiesto cosa volevamo fare di ogni cosa, e ogni volta che dicevamo loro che non eravamo d’accordo, loro non presentavano alcuna proposta alternativa, ma hanno insistito per continuare con un altro tema come la privatizzazione, o il mercato del lavoro e un altro problema e un altro problema. Era un processo senza nessuna convergenza. Non ci rendevamo conto, lo sospettavamo ma non eravamo sicuri di ciò che stavano facendo; e si è scoperto che era vero che stavano cercando di mandare tutto in fumo. Stavano cercando di mantenere una conversazione senza fine e senza accordi per liquidare le risorse della Grecia, per esaurirle completamente, e dopo che le nostre banche sarebbero state chiuse, mettere una pistola sopra le nostre teste. Certo che questo è stato un errore.
Ed è stato anche un errore essere troppo permissivi. Abbiamo ceduto troppo in fretta su alcuni fronti importanti come quello di accettare l’austerità. Ero d’accordo con questo, ma la nostra squadra negoziale, alla fine di aprile, si era accordata su avanzi primari sicuri, che io ho considerato troppo elevati, e se l’idea doveva essere invece quella di cambiare la situazione attraverso una migliore ristrutturazione del debito, io non ero d’accordo perché una volta che si offrono delle eccedenze superiori poi non si hanno argomenti per una migliore ristrutturazione.
Fondamentalmente, mi pento, ci pentiamo, di essere stati troppo compiacenti, troppo permissivi e di aver concesso all’altra parte di chiuderci in un processo senza fine che in nessun caso ci avrebbe condotto ad un accordo reciprocamente vantaggioso.
Luis Martin: Pensi che avete perso un’occasione in quel momento?
Yanis Varoufakis: Certo, certo, ma abbiamo combattuto bene. E siamo arrivati alla fine di giugno con il popolo greco che stava affrontando la chiusura delle banche, essendo terrorizzato, e ci ha risposto con un magnifico referendum. Come dire che in ogni guerra puoi perdere battaglie, ma sperando di non perdere la guerra.
Luis Martin: Hai manifestato categoricamente la tua opposizione contro l’accordo firmato dal primo ministro Tsipras il 13 luglio e da voi stessi battezzato come “i termini della resa greca”. Se avete ragione circa la devastazione che questo accordo porterà nell’economia del vostro paese, dato che anche il suo primo ministro non crede in quello che ha firmato, pensa davvero che il terzo programma di salvataggio sarà attuato nei prossimi tre anni o siamo davanti a un accordo condannato al fallimento?
Yanis Varoufakis: Certo, non è un accordo praticabile, e non è solo la mia idea, come lei ha detto, il Primo Ministro è d’accordo con me su questo completamente. Si tratta di un accordo impossibile, una nuovo “extend and pretend” addirittura peggiore del primo piano di salvataggio del 2010 e del secondo nel 2012, questo è peggio. E il tipo di accordo che si scrive se si vuole umiliare l’altra parte, non se si desidera consentire al debitore di crescere e recuperare. E io non ho dubbi, in ogni caso, che questo accordo passerà alla storia molto, molto presto. Non dovete credere a me o ad Alexis Tsipras: è proprio Wolfgang Schäuble che ha detto recentemente al Bundestag che non crede in un tale accordo, e Christine Lagarde e il FMI hanno detto che è un accordo ridicolo che spingerà il debito greco a circa il 200%. E non ho dubbi, anche se non ha fatto alcuna dichiarazione al riguardo, che la Commissione europea non ci crede. Mario Draghi è un uomo molto intelligente, non riesco a immaginare che veda bene questo accordo.
Quindi questo è ciò che sta accadendo in Europa: abbiamo un accordo impossibile imposto allo stato membro più debole, semplicemente perché nessuno vuole ammettere che gli errori sono stati fatti in ragione del programma di austerità imposto ai nostri paesi negli ultimi anni.
Luis Martin: In un’intervista a gennaio, ha detto che lo scenario della “Grexit” non era né auspicabile né una merce di scambio. Tuttavia, mi ha anche detto che, anche se preferivi che la Grecia avesse continuato all’interno della moneta unica, i Greci non dovrebbero perdere la testa a fare quello che dicono; in fondo non si dovrebbe aderire all’Unione monetaria a qualsiasi prezzo. Abbiamo raggiunto un punto in cui il prezzo è troppo alto?
Yanis Varoufakis: Beh, le due cose non vanno necessariamente insieme, possono, ma non devono andare insieme. La sospensione dei pagamenti e la “Grexit”, voglio dire. Eravamo in difetto: un mese o più fa, abbiamo sospeso i pagamenti al Fondo monetario internazionale. Penso che sia stato necessario, al momento: questa fu la mia raccomandazione al governo quando ero il Ministro delle finanze, nel momento in cui siamo stati minacciati con la chiusura delle banche poiché siamo entrati in amministrazione controllata dalla Banca centrale europea. I buoni della BCE hanno un valore nominale di 27 miliardi, che dovevano essere pagati. Si tratta di obbligazioni di diritto greco e la limitazione imposta dalla BCE era illogica: la Banca centrale greca, che è come la Banca di Spagna o giù di lì, aveva dichiarato solventi le banche che hanno dovuto sospendere le loro attività. Questo è stato un atto di aggressione massiccia, e si sarebbe dovuto assumere il prezzo dell’inadempienza sulle obbligazioni da parte della BCE.
Penso che sarebbe stato una minaccia molto credibile, e che saremmo rimasti nella zona euro, perché, in ultima analisi, nessuno vuole una uscita della Grecia, tranne forse il Dr. Schäuble. Ma sono sicuro che la BCE, il cancelliere Merkel, il presidente Hollande, anche Mariano Rajoy non vogliono che la Grecia venga espulsa perché il costo sarebbe enorme e, soprattutto, perché l’Unione non sarebbe un ente unico, ma sarebbe diventato solo un regime di cambi fissi dove creditori, debitori, i cittadini, gli elettori e gli investitori cominciano a chiedersi e speculare su chi è il prossimo a uscire.
Non è vero che la Germania vuole che la Grecia lasci l’euro, è un’idea personale di Schäuble.
Mariano Alonso: Signor Varoufakis, ha menzionato due volte il Ministro Schäuble, vorrei approfondire la questione della “Grexit”. E’ ormai chiaro che la Germania è a favore di una uscita della Grecia dalla zona euro, almeno temporaneamente. Dopo aver letto i suoi libri e articoli, è evidente che non crede nel futuro di una moneta comune per l’Europa. Non siete d'accordo personalmente lei e il ministro Schäuble , in modo paradossale, su questo punto?
Yanis Varoufakis: Beh, prima lasciatemi dire che non è vero che la Germania ha deciso che la “Grexit” è l’opzione migliore. Il Dr. Schäuble ha deciso questo, ma non penso che Angela Merkel sia d’accordo con lui. Si può riconoscere che ha un grande potere nel Bundestag, e può essere tentato dall’idea di lasciare andare via la Grecia, ma sono sicuro che la Germania non vuole lasciare andare la Grecia dalla zona euro. Ma a proposito di quanto dice il Dr. Schäuble, ha ragione, ci è stato detto più volte che crede che l’uscita sia l’opzione migliore. La mia opinione è che in questo momento, nonostante tutto quello che è successo, giocare con l’idea di una “Grexit” è estremamente pericoloso per l’Europa. La moneta unica è costruita in modo diabolico, è costruita e governata operativamente dall’Eurogruppo in una forma antidemocratica e in un modo che è finanziariamente ed economicamente contro l’interesse dei cittadini europei. Ma questo non significa che dovremmo cercare di smontarla.
Penso che ci sono modi molto semplici per risolvere il problema, per farla funzionare per tutti. Purtroppo, alcune potenze in Europa non sono interessate a questa riprogettazione razionale dell’area dell’euro.*
Se la Grecia lascia l’euro, l’Italia è la prossima
Mariano Alonso: Hai appena detto che l’idea di “Grexit” è molto pericolosa per l’Europa. La professoressa Mariana Mazzucato, che abbiamo intervistato più volte qui a El Bùho, sostiene che se la Grecia abbandona l’unione monetaria, l’Italia la seguirebbe dopo un anno. Condivide?
Yanis Varoufakis: Lasciate che vi dica che Mariana è una buona amica, e non è solo una buona amica, ma è anche colei con cui sono d’accordo completamente. Non vi è dubbio che l’Italia sarebbe stato il prossimo paese a uscire, perché siamo chiari, l’economia italiana è un interessante esempio di come un paese e la sua economia siano “turbate” dall’Europa attraverso politiche imposte da parte dell’Eurogruppo.
Nel 2014, per esempio, l’Italia ha avuto un surplus delle partite correnti e aveva anche un avanzo primario del 2,2%, ma il suo rapporto tra debito e PIL è cresciuto del 9% -10% o giù di lì.
E’ chiaro che il paese sta esportando e sopravvivendo con i suoi mezzi in termini di commercio con l’estero, ma sempre più nel debito...
L’uscita della Grecia, porterebbe a iniziare il processo di uscita dell’Italia. La “Grexit” porterebbe all’ “Italexit”. Mariana ha completamente ragione.
Luis Martin: Come valuta la posizione della Spagna nelle trattative sulla Grecia? Il nostro primo ministro, Mariano Rajoy, si è affrettato a sostenere il signor Samaras nelle elezioni lo scorso gennaio – ed stato con voi molto critico – così come è stato molto critico nei confronti del referendum promosso dal suo governo, signor Varoufakis.
Come altri, Rajoy ha detto che il “no” può spingere la Grecia fuori dall’euro. Come si spiega che gli altri paesi periferici, che sono stati anche sottoposti al salvataggio si sono rivolti contro la Grecia?
E’ chiaro che il governo spagnolo è preoccupato per Podemos.
Yanis Varoufakis: Mi capita spesso di dire che, quando ero nell’Eurogruppo, 18 paesi erano contro di me. Diciotto ministri dell’economia ad uno, io. Ma la mia risposta è che non è così, in realtà... I 18 si dividono in due gruppi: un piccolo gruppo che crede veramente nell’ austerità. Essi credono che l’austerità e lo sbarazzarsi del debito siano la via d’uscita dalla crisi, ma questi sono la minoranza.
Il secondo gruppo di paesi, e questo include la Spagna, sono paesi che non credono nell’austerità, e posso assicurare che il Ministro delle finanze spagnolo non crede nell’accordo di salvataggio.
Glielo hanno chiesto spesso e penso che sia orgoglioso di essere stato in grado di evitare il piano di salvataggio per la Spagna che stanno cercando di imporre.
Così a questo gruppo di paesi, Irlanda, Portogallo... è stata imposta l’austerità, senza che credessero in essa. E poi c’è un altro gruppo di paesi, tra cui la Francia, ai quali non sono state ancora imposte misure di austerità, i quali temono che se si fossero posizionati a nostro favore, sarebbero stati trattati come gli altri.
Così nazioni, governi, e il governo spagnolo, che ha imposto l’austerità... con effetti negativi sulla vostra economia... dovrebbero dare molte risposte ai propri cittadini, se il governo greco fosse stato autorizzato a farla franca, con la fuga.
Tutti sanno che il governo in Spagna è particolarmente preoccupato per Podemos e per la possibilità di perdere le prossime elezioni. E per loro, essere contro un nuovo modello di governo come la Grecia con SYRIZA ha una chiara motivazione e benefici politici, ma questo non significa che sono d’accordo con le politiche imposte alla Grecia.
Dire che la Grecia era sulla strada giusta con il governo precedente e che questa si è interrotta perché siamo stati eletti noi è come dire che i greci sono stupidi.
Luis Martin: La storia ora è che la Grecia era sulla strada della ripresa, ma aveva ancora molto lavoro da fare, fino a quando è arrivata SIRYZA, che ha annullato tutti i progressi e ha portato l’economia alla rovina. E’ qualcosa che ha appena sostenuto pochi giorni fa il ministro Schäuble quando ha detto a Der Spiegel che questa vicenda riguarda i Paesi del Sud e potrebbe costituire un precedente per altri paesi.
Yanis Varoufakis: Questo è un racconto molto offensivo. Pensaci. E’ come dire che la gente in Grecia è stupida. Perché erano sulla strada giusta con il governo precedente, ma stupidamente hanno scelto noi, e che se non fosse accaduto la Grecia si starebbe riprendendo.
Beh, si tratta di un modo offensivo,estremamente offensivo, di raccontare la storia, vale a dire che i greci sono stupidi: che stavano bene con il governo precedente, ma erano stupidi e hanno deciso di sostituire il precedente governo e di eleggere noi. E che se non lo avessero fatto, la Grecia ora starebbe recuperando. E’ completamente falso e offensivo. Lascia che ti dica la verità, la storia vera: e la storia reale è che non c’è mai stato un recupero. Nemmeno un po’. Il recupero di cui si parla è una manipolazione statistica. Nel 2014, il PIL pro capite del reddito nominale ha continuato a scendere, stava crollando. Quello che è successo è che i prezzi scendevano ancora più velocemente. Quindi,se si esegue il calcolo misurando il reddito nazionale in termini di PIL reale, il che è tecnicamente un rapporto, dal momento che il numeratore e il denominatore sono negativi, il rapporto diventa positivo.
Così improvvisamente sembrava avessimo goduto di un aumento del PIL in termini reali, ma il PIL in euro scendeva e i prezzi cadevano. Questo si definisce una grande depressione. Quando salari e prezzi scendono, l’investimento è paria zero e il credito bancario cala precipitosamente, questo è il segno che non vi è alcun recupero. E’ la catastrofe. E questa è stata la situazione catastrofica che ha portato i greci a votare per noi. I greci non sono stupidi. Non siamo stati scelti perché le cose andavano bene prima.
Ci hanno eletto perché la catastrofe non continuasse. E il fatto che il dottor Schäuble e il resto d’Europa, sostengano che ci fosse un recupero prima della nostra elezione e che il problema è Syriza, sono valutazioni molto offensive.
Mariano Alonso: Sul ruolo della Spagna nei negoziati sulla Grecia, se ci atteniamo alla sua esperienza di lavoro con il ministro spagnolo Luis de Guindos, pensa che i negoziati sarebbero stati diversi se egli fosse stato il presidente dell’Eurogruppo? E un’altra domanda: pensa che De Guindos abbia avuto opzioni, possibilità reali, di succedere al signor Dijsselbloem? Lei continua a pensare che abbia avuto questa opportunità?
Yanis Varoufakis: Sì, credo che ne sia stato molto vicino, è stato molto vicino e lasciate che vi dica, con il rischio di irritare alcune persone dirò che personalmente avrei preferito più De Guindos che Jeroen Dijsselbloem, per un motivo molto importante.
In primo luogo perché capisce la finanza e l’economia molto più di Dijsselbloem. Le mie conversazioni con lui, da un punto di vista personale, a porte chiuse, per esempio sono andato a trovarlo a Madrid, mi hanno mostrato un uomo sereno e che sa come funziona l’economia.
C’erano differenze fra noi, quello però che non mi piace è la differenza tra quello che ci siamo detti l’un l’altro quando nessuno ascoltava e la sua posizione ufficiale nell’Eurogruppo, ma questa è un’altra questione.
Ma rispetto a Dijsselbloem (De Guindos) è un gigante per conoscenza di finanza e di economia. Detto questo, non credo che ci sarebbe stata molta differenza con lui al fronte. Perché, parliamoci chiaro, l’Eurogruppo è gestito da un potere che è Schäuble... e vedendo de Guindos nell’Eurogruppo posso assicurare che de Guindos è legato a quel potere.
Immaginate se la Spagna fosse stata minacciata allo stesso modo della Grecia
Luis Martin: Ora, se invece di Grecia e di Syriza stessimo parlando di Spagna e di Podemos, pensa che i negoziati sarebbero andati in un altro modo? In sostanza, le dimensioni contano e per il fatto che la Grecia non è considerata come un paese abbastanza ‘sistemico’ ha reso più facile a Bruxelles isolarla dicendole “o rispettate le regole o niente.”
Yanis Varoufakis: Le dimensioni contano, naturalmente. Non è la stessa dovere 300 miliardi, o 3.000... ci sono delle differenze.
Ma fino a quando la Grecia era sufficientemente sistemica nel 2010, nel 2012 e anche nel 2013, quello che è stato fatto con i salvataggi è stato di trasferire potenziali perdite delle banche ai contribuenti.
Così il debito della Grecia nei confronti delle banche private (banche private francesi e tedesche in particolare) sono stati trasferiti sulle spalle di greci, tedeschi, spagnoli... portoghesi, slovacchi...
Una volta che questo “cinico” trasferimento è stato fatto in nome della solidarietà con la Grecia, al governo greco è stato detto “non è più un nostro problema”.
Certo, comunque insisto, nonostante loro pensassero che la Grecia non era più una minaccia sistemica, in realtà lo era. La tragedia è stata che avevano la convinzione di poter gestire la “Grexit”, e questo ha motivato le loro minacce contro il mio primo ministro. E queste minacce hanno funzionato.
Ma se loro ci avessero “amputato” (forse la banca centrale) magari per alcuni mesi si sarebbe tenuto tutto in ordine, senza troppe tempeste di fronte ai mercati finanziari... Ma alla fine un miliardo sarebbe stato perso e il processo di disintegrazione della zona euro sarebbe stato inarrestabile. Anche con la piccola Grecia. Immagina se la Spagna fosse stata minacciata nello stesso modo. Quindi è giusto, le dimensioni contano.
La democrazia greca si è dissolta, a tutti gli effetti abbiamo subito un colpo di stato in questa ultima settimana.
Luis Martin: Nel mese di gennaio mi ha confessato la sua paura di fronte alla prospettiva di un periodo di “anni trenta postmoderni”. Tenendo conto della svolta che il governo greco ha fatto dopo il referendum e il danno prodotto alla fiducia dei greci nella democrazia, il fatto che in sostanza ci sono leggi che non si possono approvare nel proprio parlamento senza il consenso di Bruxelles (di fatto il vostro programma di Salonicco è morto) e la rivolta che si sta sviluppando nel vostro partito, pensa che Syriza può rimanere unita ed evitare la disintegrazione politica del paese?
Yanis Varoufakis: Ha ragione, la democrazia greca si è dissolta, a tutti gli effetti abbiamo sofferto un colpo di stato nel corso dell’ultima settimana. Il nostro governo è stato costretto a scegliere tra un suicidio o l’essere giustiziato... e, alla fine, ha scelto la prima soluzione. E intanto si stanno sviluppando i “postmoderni anni ’30”.
Ricordo che nel 1930 c’era una frammentazione della moneta comune e la stessa cosa accade oggi. Un euro in Grecia non vale lo stesso che un euro in Spagna, che a sua volta non vale lo stesso che in Germania...
Va anche osservato un aspetto di grande importanza: la svalutazione competitiva che ha avuto inizio nel 1929 e ha continuato negli anni ’30, che ha causato la deflazione, la perdita di entrate e la perdita di occupazione, sta già avvenendo in Europa... Dopo che i salari sono caduti così tanto in Spagna rispetto alla Francia, l’industria automobilistica è stata chiusa in Francia ed ha cominciato a stabilirsi in Spagna, per effetto della diminuzione dei salari. Questa è un’altra forma di svalutazione competitiva... non sta contribuendo a rafforzare l’Europa, non contribuisce a rafforzare l’unione né economicamente né politicamente... Così il processo di frammentazione, come negli anni ’30, è ovunque intorno a noi.
Luis Martin: Guardando al futuro, e lo chiedo al membro di Syriza in parlamento, ma anche a chi è ora contro le ultime decisioni del governo greco, che ruolo giocherà nel futuro politico del suo paese?
Yanis Varoufakis: Il mio obiettivo, il mio sogno e quello cui aspiro è continuare a parlare il linguaggio della verità, perché penso che la sinistra non ha alternative, e la sinistra non ha il diritto di accettare una falsa narrazione. Così non potrò mai votare per questo piano di salvataggio, mai. Anche se la mia vita dovesse essere in pericolo, per così dire. Ma allo stesso tempo occorre cercare di mantenere l’unità dei cittadini. E io cerco di farlo nel modo seguente: capisco completamente le difficoltà in cui si trovano Tsipras e il resto dei miei colleghi nel governo. Mi sembra di capire che hanno le loro ragioni per capitolare e dire “dobbiamo continuare a combattere un giorno di più“. Ci sono forti argomenti da entrambe le parti...
Dal lato di persone come Tsipras, che crede che dobbiamo vivere per combattere un giorno di più, e da parte mia, che penso che avremmo dovuto fare opposizione, essendomi dimesso.
Questa è una decisione complicata ed è ciò che accade quando ci sono argomenti di peso enorme su ogni lato, argomenti ugualmente forti per ambedue.
Così, nello stesso modo in cui mi considero più idealista di Alexis Tsipras, e riconoscendo che, è tanto di sinistra e tanto onesto come lo sono io..., allo stesso tempo, vorrei che chi è d’accordo con il governo, sappia che noi che votiamo “no” non siamo meno responsabili di loro.
Così che la responsabilità, la convinzione e la purezza ideologica sono ugualmente condivisi tra le due parti, anche se abbiamo una giudizio e una visione diversa di ciò che dovrebbe essere fatto.
Credo che riusciremo a mantenere l’unità nonostante le differenze, e decisamente saremo uniti e ci opporremo alle politiche irrazionali e contrarie ai diritti umani dell’Unione Europea.
Mariano Alonso: Signor Varoufakis, ex ministro delle finanze della Grecia. E’ stato un piacere averla nel nostro programma su Radio 4G. La ringrazio molto per il suo tempo e con la speranza che i problemi politici, sociali ed economici in Grecia e in tutta Europa siano risolti il più presto possibile.
Yanis Varoufakis: Grazie, e sarebbe utile se gli spagnoli si unissero alla lotta in nome della Spagna, della Grecia, della Germania e di tutti in Europa.
Fonte
* L'ottusità del pensiero di Varoufakis ha dell'imbarazzante.
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