di Michele Giorgio - Il Manifesto
Sono falliti i
negoziati tra la monarchia saudita e Hamas volti ad includere anche il
movimento islamico palestinese nel “fronte arabo sunnita” opposto
all’Iran sciita? Il sospetto è forte dopo le “precisazioni” fatte ieri dal ministro degli esteri saudita Adel al Jubeir,
braccio esecutivo della politica regionale di Re Salman. «L’arrivo nel
nostro regno, la scorsa settimana, di una delegazione di Hamas ha avuto uno scopo religioso e non politico», ha detto al Jubeir, aggiungendo che «non sono mutate le relazioni tra l’Arabia Saudita e il movimento islamico palestinese», che dal 2007 controlla Gaza.
Certo la delegazione di Hamas è stata impegnata anche nell’Umra, il pellegrinaggio minore nei luoghi santi dell’Islam. Ma
solo gli ingenui possono credere che il leader del movimento islamico
palestinese Khaled Mashaal, il suo braccio destro Musa Abu Marzouk, un
comandante militare del calibro di Saleh al Arouri e un importante
dirigente in esilio come Mohammed Nazzal, si siano recati tutti insieme
in Arabia Saudita solo per l’Umra. Re Salman e Meshaal venerdì
scorso non si sono incontrati solo per un colloquio sulla fede mentre
nella regione non si discuteva altro che dell’accordo sul programma
nucleare iraniano firmato a Vienna.
Non ci sono dubbi sull’avvicinamento tra Hamas e Riyadh,
che da qualche tempo ha messo da parte l’ostilità nei confronti dei
Fratelli Musulmani – oppositori della regola dinastica nell’Islam e
sostenitori delle elezioni – per dare vita a uno schieramento di Stati e
movimenti sunniti contrapposto all’Iran destinato a diventare ancora
più influente nella regione dopo l’accordo raggiunto in Austria. Fonti
di Hamas a Gaza da parte loro hanno detto che i colloqui in Arabia Saudita sono avvenuti nel quadro di iniziative diplomatiche che hanno
già rafforzato i legami tra Riyadh, la Turchia e il Qatar.
Il tentativo saudita è quello di strappare Hamas alla
storica alleanza con l’Iran, in modo da mettere fine all’immagine di
Tehran schierata dalla parte del popolo palestinese e di Riyadh alleata
degli Stati Uniti e, di conseguenza, molto morbida con Israele.
E Khaled Meshaal è il più sensibile tra i leader di Hamas al richiamo
dei fratelli sunniti schierati a protezione dell’ortodossia contro il
revival sciita innescato dall’Iran. Tre anni fa ha stracciato l’alleanza
con la Siria che durava da quasi 20 anni e, con tutto l’ufficio
politico di Hamas, si è trasferito da Damasco in Qatar (che protegge e
finanzia la Fratellanza). Qualcosa però non deve essere andato per il
verso giusto, tanto da costringere il ministro degli esteri saudita a
ingranare la retromarcia.
«Le ragioni delle precisazioni di al Jubeir possono essere soltanto due – spiega al manifesto
l’analista di Gaza, Mukreim Abu Saada – i sauditi forse si sono resi
conto che è prematuro portare Hamas e, di fatto, i Fratelli
nell’alleanza regionale sunnita, gli egiziani peraltro non sono
favorevoli». L’altra – ha proseguito Abu Saada, «potrebbe
essere l’assenza di una posizione condivisa all’interno di Hamas.
Accanto a una corrente favorevole a dare all’organizzazione una
dimensione differente a quella del passato le Brigate Ezzedin al Qassam, a differenza della
direzione politica, continuano a considerare l’Iran l’alleato più
affidabile, anche dopo l’accordo di Vienna.
A guidare gli oppositori alla linea di Meshaal per un’alleanza
organica con la coalizione sunnita, è uno dei fondatori di Hamas, il
medico Mahmoud Zahar, emerso più forte dal conflitto
con Israele di un anno fa a Gaza. Riyadh in ogni caso non rinuncerà
all’avvicinamento con Hamas. Radwan al Akhras, opinionista del quotidiano qatariota al-Arab,
sottolineava un paio di giorni fa che re Salman sa che deve investire
in tutti i movimenti politici, anche in Hamas, se vuole affermarsi come
leader regionale dei sunniti. Nel frattempo, scriveva al Akhras, il
sovrano ha già fatto liberare otto militanti di Hamas detenuti in Arabia Saudita e concesso alle organizzazioni di beneficenza del movimento
islamico palestinese una più ampia libertà d’azione nel territorio
saudita. Da parte sua Khaled Meshaal spinge affinché il monarca
saudita prenda il posto dell’Egitto di Abdel Fattah al Sisi (nemico
giurato dei Fratelli Musulmani e, quindi, anche di Hamas) nel ruolo di
mediatore tra le opposte fazioni palestinesi.
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