E’ battaglia all’ultimo sangue per Zabadani, la cittadina siriana al
confine con il Libano assediata dall’esercito di Assad e da Hezbollah da
quasi un mese. Oggi, stando a quanto diffuso dall’Osservatorio siriano
per i Diritti umani, sull’ultima roccaforte islamista nella cintura
intorno a Damasco sarebbero piovute almeno 50 bombe a barile, lanciate
dagli elicotteri del regime siriano. L’uso, a Zabadani, di
queste armi, che sono dei barili riempiti con esplosivi, munizioni,
chiodi e ferraglia varia, era stato denunciato qualche giorno fa
dall’inviato Onu per la Siria Staffan de Mistura, poiché nel
raid di martedì scorso avevano causato “una distruzione senza precedenti
e molte vittime tra la popolazione civile”.
Dopo oltre tre settimane di combattimenti, l’esercito governativo e
il suo alleato libanese, il Partito di Dio, sembrano aver riconquistato
ampie zone della città, punto di transito di uomini e armi nella
tormentata frontiera tra i due paesi. L’ultimo bastione di al-Nusra
nella zona potrebbe essere presto riconquistato del tutto da Bashar
al-Assad, che ne controlla i maggiori punti di ingresso, stando ai
report delle agenzie stampa governative. La Sana riporta ad
esempio come i soldati abbiano distrutto un tunnel di 70 metri usato da
alcuni gruppi di ribelli per contrabbandare rifornimenti da Zabadani
alla vicina Madaya. Stessa notizia riportata dall’emittente tv al-Manar,
legata a Hezbollah, che racconta inoltre come decine di combattenti
ribelli siano morti a seguito di un’operazione condotta da Damasco in
alcuni quartieri della città meridionale di Deraa.
Ai successi militari del regime si accompagna l’annuncio, fatto oggi
in diretta tv da Bashar al-Assad, di concedere l’amnistia a tutti i
disertori, che essi si trovino in Siria o all’estero. L’agenzia stampa Reuters
fa notare come, secondo alcune fonti diplomatiche, dopo gli insuccessi
di Idlib e Palmyra – conquistate entrambe da coalizioni di forze
islamiste – l’esercito sia ora concentrato a difendere alcuni bastioni
importanti per Assad, come Damasco, Homs e la regione costiera a forte
presenza alawita. Sempre la Reuters rivela che, a
fronte di una carenza di manodopera sempre più importante – un numero
imprecisato di uomini sarebbe fuggito dal reclutamento – l’esercito stia
assoldando milizie locali nelle aree che controlla.
Sul versante politico opposto, invece, ieri a Bruxelles il Consiglio
nazionale siriano e il Comitato di Coordinamento nazionale hanno
annunciato di aver siglato un accordo per una roadmap che metta fine al conflitto. I
due organi di opposizione al presidente siriano – rispettivamente in
esilio e interno – avrebbero acconsentito a istituire un governo di
transizione che guidi il paese fuori dalla guerra, governo di cui non
faccia parte Assad: la sua presenza nel futuro della Siria era
stata sempre rifiutata dall’opposizione basata a Istanbul, mentre era
stata considerata da quella di stanza a Damasco, ufficiosamente
“tollerata” da Assad.
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