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22/07/2015

Messico. L’esercito attacca comunità nel Michoacàn e spara sulla folla

Un dodicenne assassinato, diversi feriti gravi, tra cui una bambina di sei anni, nonché quattro detenuti in maniera illegale. È il tragico bilancio dell’operazione che esercito, marina e polizia federale hanno condotto lo scorso 19 luglio ai danni della comunità nahua di Santa María Ostula, nello stato del Michoacán, uno dei più colpiti dalla violenza scatenatasi a partire dall’inizio della cosiddetta guerra ai narcos, che insanguina il Messico dal 2006 a questa parte e colpisce sempre più duramente movimenti popolari e popolazione civile.

L’operazione è iniziata in mattinata con l’arresto da parte di elementi dell’esercito di Semeí Verdía, comandante della polizia comunitaria di Ostula. Quasi in contemporanea, membri delle forze armate hanno fatto irruzione in altre zone della comunità, cercando, senza successo a causa della resistenza comunitaria, di arrestare il commissario per i beni comunali e portando avanti altre detenzioni, le quali hanno in comune con la prima il fatto di essere avvenute senza mandato di cattura e senza che venissero formulate accuse formali.

In risposta agli arresti, effettuati in spregio ad ogni procedimento legale e agli accordi stilati con il governo rispetto al riconoscimento delle funzioni della polizia comunitaria, i comuneros (proprietari di terre comuni) hanno occupato la statale Lazaro Cardenas-Colima e fermato un gruppo di militari responsabili delle violenze con l’obiettivo di utilizzarli per uno scambio con i compagni fermati. Ma il blocco stradale, formato da circa 300 indigeni, è stato duramente caricato dall’esercito che è intervenuto sparando lacrimogeni ma anche usando le armi da fuoco. Tuttavia la mobilitazione è proseguita con blocchi diffusi in altre comunità.

Nel corso del pomeriggio, un migliaio di uomini appartenenti a marina esercito e polizia federale ha assaltato la zona di Ixtapilla, dove la polizia comunitaria aveva trattenuto i soldati. Durante la violenta irruzione, con la quale i militari sono stati sottratti alla comunità, è stato ucciso il dodicenne Idalberto Reyes, colpito da una pallottola che gli ha attraversato il cranio.

Inoltre, insieme ad altre tre persone con ferite alle spalle ed alle gambe, è stata ferita Yeini Pineda, di soli 6 anni, colpita al ventre. Tutti i feriti sono stati raggiunti dai proiettili mentre si trovavano in casa, il che smentisce le tesi di alcuni mass media secondo cui i nahua di Ostula userebbero i bambini come scudi umani (sic!), mentre conferma le intenzioni belligeranti dei militari nei confronti della popolazione locale.

Secondo i comuneros, l’obiettivo dell’operazione repressiva è quello di assestare un duro colpo al processo di lotta per l’autonomia in atto nella comunità dal giugno del 2009, quando gli indigeni nahua recuperarono circa 1000 ettari del loro territorio. Un territorio assai fertile, ricco di minerali e ambito dall’industria mineraria e turistica.

Da quel momento uomini e donne di Ostula hanno iniziato a lavorare alla costruzione dell’autodifesa e dell’autogoverno comunitari con l’obiettivo di difendere terra e territorio non solo dai già citati interessi economici ma anche da quelli dei diversi clan criminali presenti nella zona, come gli Zetas, la Familia Michoacana e Los Caballeros Templarios. Questo processo, che ha senz’altro aumentato la sicurezza nella regione e che rappresenta un esempio alternativo per altre comunità, si è così attirato le inimicizie dei potenti, e non sono mancate le aggressioni da parte di narcotrafficanti, paramilitari e forze armate, tanto che sono ormai 32 i comuneros assassinati e 6 quelli desaparecidos.

In particolare, l’operazione mirava alla polizia comunitaria e ai suoi dirigenti. Di questo ci parla la detenzione del comandante Semeí e del tentativo fallito di arrestare Hector Zepeda, a capo della polizia comunitaria del vicino municipio di Cohuayana, il quale è riuscito a sottrarsi ai militari. Dopo il suo arresto, Semeí Verdía è stato portato in elicottero a Morelia, la capitale dello stato. È accusato di porto di armi di uso esclusivo dell’esercito e di aver bruciato delle schede elettorali durante le azioni di sabotaggio della tornata elettorale dello scorso 7 giugno.

Le accuse tuttavia sono false. Secondo i suoi compagni,  infatti, il comandante nahua “aveva una pistola registrata e un porto d’armi concesso dai federali”. Oltre ad essere illegale, poi, l’arresto viola in maniera eclatante gli accordi firmati dal governo statale e federale con la comunità, nei quali veniva riconosciuta ufficialmente la Polizia comunitaria. A tutto questo va aggiunto che il comandante Semeí, noto per la sua battaglia contro i cartelli locali della droga, è già stato vittima di tre attentati e che per uno di questi è stato condannato il sindaco del Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI) di Aquila, il municipio di cui fa parte Ostula.

La polizia comunitaria, e più in generale, tutti i tentativi genuini di autodifesa dal basso nati nel corso degli ultimi anni di fronte al dilagare della violenza sul territorio michoacano e non solo sono da tempo nel mirino di governo e autorità. Dopo un primo tentativo di cooptazione, sono infatti iniziate detenzioni e processi farsa e decine di dirigenti di polizie comunitarie o di gruppi di autodifesa sono finite dietro le sbarre. Di contro, gli arresti di boss mafiosi sono una cosa alquanto rara.

Per quanto riguarda le autorità, dopo una prima smentita da parte del governo del Michoacán, non sono ancora arrivati comunicati ufficiali rispetto all’aggressione alla comunità di Ostula. A meno che non si voglia considerare come una presa di posizione l’uscita del presidente Peña Nieto il quale, poche ore dopo la morte di Idalberto, ha criticato quelli che “si impegnano ad infangare l’onore delle forze armate” che “lavorano con impegno e dedizione in favore dei messicani”.

Il clima per chi lotta è assai difficile in tutto il Paese, dove forze repressive e gruppi paramilitari aggrediscono sempre più di frequente militanti, difensori dei diritti umani e giornalisti indipendenti o fastidiosi. Dal Chiapas, dove continuano le aggressioni alle comunità zapatiste e filozapatiste, al Guerrero, dove ieri un gruppo di picchiatori del Partito Rivoluzionario istituzionale ha sgomberato con violenza il presidio permanente per i 43 desaparecidos di Ayotzinapa nella piazza centrale di Chilpancingo con un bilancio di diversi feriti.

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