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28/07/2015

L’Euro: una moneta senza Stato. Ma è proprio vero che non ha Stato?

Giovedì 23 luglio, Ignazio Visco ha rilasciato una intervista al “Il Foglio” nella quale gira insistentemente intorno ad un concetto: l’Euro non può durare a lungo senza uno Stato. Visco richiama, a questo proposito, anche un libro di Padoa Schioppa che sosteneva già 10 anni fa che l’Euro non sarebbe durato a lungo come moneta “sovra statuale”.  Ma va, ma non mi dire! Questa sì che è una novità!

In effetti, chi ha memoria, ricorderà che l’Euro venne immaginato e proposto come il primo passo decisivo verso l’unità politica del continente da realizzarsi in tempi molto rapidi (si parlava di un decennio). Le cose poi andarono molto diversamente: nel 2005, pochissimo tempo dopo l’entrata in vigore della moneta comune, vennero i referendum sul “Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa” che in Francia e Olanda bocciarono sonoramente la proposta. Il cd. Trattato era un pasticcio informe ed illeggibile di oltre 600 pagine, con centinaia di articoli irti di commi e sotto commi con eccezioni ed eccezioni alle eccezioni, ma è certo che solo gli specialisti si siano dati la pena di leggerlo, mentre la stragrande maggioranza dei cittadini europei avevano (giustamente) bocciato il resto senza nemmeno leggerlo. I francesi e gli olandesi stroncarono la proposta ed, a quel punto fu chiaro che il trattato sarebbe passato da una bocciatura all’altra, per cui i referendum previsti in Portogallo, Repubblica Ceca, Danimarca, Polonia ed Uk vennero sospesi e mai più svolti. Con l’eccezione di Spagna e Lussemburgo, il trattato non fu ratificato solo dai parlamenti ma mai da referendum popolare. Il pronunciamento popolare non bocciava solo un trattato molto malfatto e che non avrebbe mai potuto funzionare, ma esprimeva sfiducia nella stessa idea di unità politica dell’Europa.

Lasciamo per ora da parte l’analisi delle complesse motivazioni di quel voto, sta di fatto che esso ebbe l’effetto di bloccare definitivamente il processo di unificazione politica che si era immaginato. Pochi anni dopo venne il Trattato di Lisbona (entrato in vigore nel 2009) che tentava di rattoppare la situazione, ma è sintomatico che nessuno abbia lontanamente pensato di sottoporlo a referendum perché, tacitamente, si dava per scontato che le bocciature sarebbero fioccate.

Di fatto, il progetto di Unione politica è finito nel 2005 con quei due referendum. Dopo la Ue ha navigato a vista e il sopraggiungere della crisi ha sepolto l’idea dell’unità politica, che è diventata uno sciocco mantra nel quale non crede più nessuno. Dieci anni dopo i referendum mi pare che possiamo dirlo tranquillamente.

Ma l’Euro è rimasto e questo lo ha trasformato nel gancio cui è appeso il cadavere dell’Unione Europea, ormai trasformata in una unione a trazione finanziaria. La Bce, insieme alla Commissione ha costituito il governo di fatto dell’unione e, perciò stesso il maggiore ostacolo all’affermarsi di una autorità politica europea.

La contraddizione è proprio qui: una moneta senza stato è qualcosa che non può durare, ma un nuovo stato, in presenza di una moneta già formata, con il campo di interessi che questo comporta, non si riesce a fare, però la moneta sta durando. La soluzione? Semplice, l’Euro uno stato di riferimento lo ha: la Germania. Di conseguenza sono gli altri stati a non avere moneta.

Mettiamo da parte le ipocrisie dei trattati: quello che è successo è che gli stati dell’Unione hanno adottato come propria moneta il marco, ma siccome non sembrava elegante lo hanno chiamato Euro ed hanno detto che era la moneta del futuro stato europeo, che si farà l’anno di poi, il mese di mai. Il resto sono chiacchiere senza senso.

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