La Guardia di Finanza ha eseguito questa mattina 4 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti dei componenti di un'ampia associazione criminale, facente capo a Mauro Balini presidente del Porto Turistico di Roma nato al margine settentrionale di Ostia. E' in corso anche il sequestro di beni, tra cui posti barca, parcheggi, strutture amministrative, commerciali e aree portuali, all’interno del Porto Turistico di Roma, del valore commerciale complessivo di oltre 400 milioni di euro.
La notizia a prima vista potrebbe essere archiviata come cronaca, ma c'è molto di più. Il litorale romano – ed Ostia in particolare – da anni è il centro di una vastissima attività affaristica e malavitosa che ha portato anche al commissariamento del Municipio.
Zona di caccia del clan criminale dei fratelli Fasciani (amici del finanziere fascista Mokbel, con l'ex Nar “pesante” Walter Piccari arruolato tra i loro uomini), una volta finiti in carcere i vecchi boss, è passato sotto il controllo del clan Spada.
Già a novembre c'era stata una vasta operazione di polizia contro quello che veniva definito un "sistema corruttivo" attuato con "metodo mafioso". A gestirlo erano esponenti di spicco del Clan Spada e l'ex direttore dell'Ufficio Tecnico dell'allora Municipio XIII (ora X) l'ingegnere Aldo Papalini, con la connivenza di imprenditori del territorio. Questa l'attività criminale smascherata al termine di una complessa operazione di carabinieri, polizia e guardia di finanza coordinata dall’Antimafia, era finalizzata a pilotare la gestione dei pubblici appalti e la concessione di alcuni stabilimenti balneari di Ostia, sul litorale capitolino.
Nel corso dell’operazione sono stati eseguiti nove provvedimenti restrittivi a carico di altrettanti indagati, tra esponenti della criminalità del litorale romano, imprenditori e pubblici ufficiali che avevano messo in atto uno sperimentato ed efficace sistema di corruzione.
Le nove persone indagate a novembre sono ritenute a vario titolo responsabili dei reati di "abuso di ufficio", "turbata libertà degli incanti", "falsità ideologica", "concussione", "corruzione" e "reati finanziari" con l'aggravante del "metodo mafioso". Questa aggravante è scattata in quanto i reati commessi erano finalizzati ad agevolare il Clan Spada, federato ai boss padroni del litorale di Ostia e vecchie conoscenze: i Fasciani.
Tra i nove indagati, figurava anche Ferdinando Colloca. Quest’ultimo è meritevole di qualche informazione in più perché conferma, ancora una volta, i legami tra malavita organizzata e gruppi neofascisti. Il vecchio clan Fasciani, egemone sul litorale di Ostia – il famigerato Water Front – è noto infatti anche per i suoi legami con i neofascisti. Uno di loro, Alberto Piccari, un ex Nar molto pesante, venne arrestato nel 2009 insieme agli uomini del clan Fasciani nel quadro dell’operazione antidroga “Los Moros”. Lo stesso Carmine Fasciani si è fatto intercettare al telefono con il finanziere neofascista Gennaro Mokbel, quello al quale tre fascisti hanno fatto secco il commercialista l'estate scorsa alla Camilluccia. Fasciani al telefono con Mokbel discuteva della possibilità di fare “mucchio di soldi” con i Punti Verde Qualità del Comune di Roma.
Nell'operazione giudiziaria di novembre sulla malavita organizzata di Ostia è sbucato il nome di Ferdinando Colloca (messo agli arresti domiciliari). Colloca Ferdinando è vicino a Casa Pound, così almeno dichiara sul suo sito personale, dove è possibile verificare le sue elaborazioni politiche e le sue simpatie. Ha anche un fratello, sempre di estrema destra, che però milita in Fratelli d’Italia.
Ma perché Ostia “attira” in modo così ripetuto e pesante le attenzioni dei gruppi criminali e affaristici? Perché per moltissimo tempo è stata una terra di nessuno sulla quale realizzare affari con un piede dentro e uno fuori dalle leggi. La sintesi doveva essere rappresentata dal progetto “Waterfront” incubato ai tempi della giunta comunale della destra “de panza e de governo” guidata da Alemanno.
Il progetto era quello di fare del litorale romano una sorta di Atlantic City con alberghi, case da gioco, bordelli di lusso, parchi giochi aquatici etc. Incluso ovviamente uno o più porti turistici. Affari plurimilionari e strutture in grado di riciclare legalmente i capitali sporchi delle organizzazioni criminali.
Presentato ufficialmente nel luglio del 2012 alla presenza del sindaco Alemanno, il progetto Waterfront sarebbe dovuto diventare il marchio della riqualificazione del lungomare di Ostia, con investimenti faraonici, la maggior parte dei quali a carico di privati. Intorno alla località turistica di Ostia si prevedeva la creazione o la ristrutturazione di porti (Porto turistico) o canali esistenti (Canale dei Pescatori), e a volte con la realizzazione di un agglomerato di isole o canali artificiali destinati al turismo e alla ricezione di natanti una sorta di lungomare artificiale a pochi metri da quello già esistente.
Il Waterfront di Roma, prevedeva il suo cuore pulsante ad Ostia con attività economiche legate al turismo e all’intrattenimento. Gli investimenti riguardavano l’intera fascia costiera compresa tra la foce del fiume Tevere e la tenuta di Castel Porziano, spingendosi poi a ventaglio nell’entroterra, fino ad interessare l’area centrale di Ostia e la parte di Ostia Antica quella limitrofa al Castello Giulio II.
Il progetto Waterfront, conosciuto dagli interessati, dagli addetti ai lavori e da pochi giornalisti con il pallino dell'inchiesta, è stato reso pubblico attraverso un romanzo-verità: “Suburra”. A scriverlo De Cataldo (autore del fortunatissimo Romanzo Criminale) e il giornalista Carlo Bonini.
Il progetto, sul quale convergevano costruttori, affaristi, malavitosi e fascisti, si arenò per la crisi della giunta Alemanno. Nulla esclude che possano tornare alla carica. Intanto solo a Ostia negli ultimi mesi ci sono stati circa 200 tra arresti e indagati per attività illecite. Cifre che dovrebbero far pensare e agire, introducendo vincoli inamovibili sul litorale romano.
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