Ma, per ora, la “paghetta” mensile d'oltreoceano continua ad arrivare e Porošenko ne approfitta per tentare la mano del diavolo in una partita che, sul campo di battaglia, ha da tempo capito di non poter vincere.
E' di ieri la notizia secondo cui il presidente ucraino avrebbe deciso di mettere temporaneamente da parte le minacce di fucilazione nei confronti delle milizie del Donbass e di tentare invece l'adescamento dei combattenti di DNR e LNR, offrendo loro amnistia, benefici e incentivi materiali nel caso decidano di passare dalla parte dell'esercito ucraino. Petro il Magnanimo offre appartamenti, capitali per l'avvio di imprese, assistenza materiale per trasferirsi dalle regioni di Donetsk e di Lugansk; ai giovani sotto i 30 anni “promette” la possibilità di studiare in istituti superiori ucraini, cechi e polacchi; ai militari che combattono per le Repubbliche Kiev assicura un posto nelle forze armate ucraine o nella Guardia nazionale.
Diffondendo la notizia, l'agenzia Novorossija, ovviamente, si pone la domanda: dove troverà Kiev i soldi per assicurare tutto ciò che promette, dato che già ora non è in grado di assicurare né studi superiori, né aiuto materiale alla stessa popolazione ucraina? Ci sarà da attendersi nuove majdan, da parte degli ucraini che stringono la cinghia, con linciaggio di coloro che si trasferiranno dall'est del paese? Non saranno per caso, quelle di Porošenko, promesse rivolte in realtà a quei giovani che ogni successiva mobilitazione vede rifugiarsi all'estero, pur di non andare a morire in una guerra voluta da Washington e condotta ormai senza nessun entusiasmo dalle forze armate regolari ucraine? E infine, scrive Novorossija, se davvero, tra i combattenti delle milizie ci saranno dei traditori che passeranno dall'altra parte, “quella è veramente la loro strada e che non contaminino più con la loro presenza l'esercito della Novorossija”.
E dunque: i soldi. I soldi per rilanciare al buio in questa mano di poker (il progetto si chiama effettivamente “Mano tesa”) dovrebbero arrivare dall'USAID, l'Agenzia USA per lo sviluppo internazionale, creata da Kennedy nel 1961, che dispone annualmente del 1% del bilancio federale, la maggior parte del quale, naturalmente, destinato allo “sviluppo della democrazia” in giro per il mondo: di recente, ne hanno “tratto vantaggio” Afghanistan, Iraq, Kirghizija e Georgia. 500mila dollari saranno destinati, per cominciare, all'allestimento di un migliaio (!) di campi di “adattamento sociale, per coloro che rientrano nell'ambito del programma” e in cui dovranno fare quarantena i “beneficiari”. Si pianifica inoltre l'apertura di una “linea calda” per condurre agitazione tra le milizie, glorificando i vantaggi del passaggio dalla parte di Kiev. Il Direttore del Centro di ricerche euroasiatiche, Vladimir Kornilov, intervistato da LifeNews, giudica la sparata un bluff e ritiene che gli USA non concederanno mai un soldo per simili iniziative. In ogni caso, Aleksej Albu, coordinatore del movimento di sinistra “Borotba” e specialista finanziario della brigata “Prizrak” (quella che era diretta, fino al suo assassinio, dal compianto comandante Mozgovoj), non pensa che i miliziani possano essere comprati così facilmente:
Intanto, sul campo di battaglia, si continua a morire, soprattutto tra i civili del Donbass. L'agenzia Dan-news scrive che, nella sola Repubblica Popolare di Donetsk, dall'inizio del conflitto 72 bambini sono rimasti uccisi e 306 feriti, senza contare le migliaia di vittime di maggiore età. Nella sola cittadina di Gorlovka, per i bombardamenti ucraini, dall'inizio dell'anno sono rimaste uccise 164 persone, tra cui 16 bambini; 501 i feriti, di cui 42 bambini. Al momento, scrive Dan-news, Gorlovka è il punto più “caldo” sull'intera linea del fronte del Donbass, insieme ai villaggi di Marinka e Krasnogorovka, nelle vicinanze di Donetsk. A Gorlovka, circa duemila edifici civili sono andati completamente o parzialmente distrutti nei bombardamenti e nei combattimenti.
Ma a Kiev ci si preoccupa di ben altro. Il sindaco della capitale – l'ex beniamino della Germania, nel 2014, nella disputa con Washington su chi dovesse diventare premier: lui o Jatsenjuk, all'epoca in cui la vice Segretario di Stato Usa Victoria Nuland risolse l'enigma con il semplice
E mentre i neonazisti di Pravyj sektor, apparentemente ridotti a più miti consigli, dopo le sparate antigovernative e antipresidenziali dei giorni scorsi, hanno iniziato l'annunciata raccolta di firme per il referendum sulla sfiducia al potere, i loro degni compari del battaglione Ajdar lamentano di essere stati traditi. Ritirati dalla linea del fronte e acquartierati in accampamenti nella regione di Dnepropetrovsk, temono di veder “diluito” il loro raggruppamento magari nella Guardia nazionale. D'altronde, come scrive Novorossija, Ajdar si è reso noto nella Repubblica Popolare di Lugansk
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