E’ una vera e propria guerra quella in corso dal fine settimana scorso tra la guerriglia curda del Partito dei Lavoratori del Kurdistan e le forze di sicurezza di Ankara. L’ultimo episodio risale a questa mattina quando due poliziotti turchi sono morti in conseguenza di un attacco del fronte combattente del Pkk realizzato contro un commissariato a Pozanti, nella regione meridionale di Adana. Secondo notizie non confermate nel violento scontro a fuoco sarebbero morti uno o due guerriglieri curdi. Dall’inizio delle operazioni militari turche contro le basi del Pkk nel nord dell’Iraq e nelle regioni anatoliche della Turchia la reazione armata della guerriglia ha causato la morte finora di 13 tra agenti di polizia e militari, tra i quali alcuni ufficiali.
Intanto continuano massicci e senza sosta i bombardamenti dell’aviazione turca – 30 i caccia F-16 utilizzati da Ankara e altrettanti gli F-4 – contro le postazioni del Pkk e i villaggi curdi sulle montagne che segnano la frontiera tra Turchia e Iraq. Per ora non esiste un bilancio ufficiale delle perdite militari inflitte alla guerriglia e dei civili uccisi nel corso dei raid, anche se ieri il quotidiano Hürriyet, riportando alcune dichiarazioni di esponenti anonimi dei servizi segreti (Mit) parlava addirittura di 190 militanti curdi uccisi e di altri 300 feriti nei bombardamenti degli ultimi giorni. Sicuramente si tratta di cifre gonfiate per dare in pasto all’opinione pubblica interna alcuni risultati nella “lotta al terrorismo” dichiarata dal regime nei confronti del nemico curdo e dell’estrema sinistra e non certo nei confronti dei jihadisti che dopo i primi raid del 24 luglio non sono più stati colpiti in territorio siriano. Però certamente l’aviazione turca sta intensificando la potenza e il numero dei raid su Qandil e su altre località dove si concentrano i combattenti curdi e il bilancio delle vittime non può che essere alto.
E’ anche sul fronte interno che il regime liberista e islamista turco è all’offensiva contro i curdi. Continuano in tutto il paese gli arresti nei confronti di militanti delle formazioni politiche curde Hdp e Bdp e contro i membri dei partiti marxisti turchi (principalmente il Fronte Rivoluzionario Dhkp-C). A fronte di 1200 arresti di curdi e militanti dell’estrema sinistra, solo alcune decine sono coloro che sono stati fermati e arrestati perché accusati di sostenere lo Stato Islamico e altre organizzazioni jihadiste.
D’altronde il nemico principale della campagna repressivo-militare dell’accoppiata Erdogan-Davutoglu sembra essere diventato quel Partito Democratico dei Popoli che il 7 giugno scorso, a sorpresa, ha ottenuto il 13% dei voti, portando ben 80 deputati in parlamento dopo aver superato inaspettatamente la draconiana soglia di sbarramento fissata al 10%, scippando all’Akp la maggioranza assoluta dei voti. Forte per ora di una parziale complicità da parte dei due partiti nazionalisti laici – il socialdemocratico Chp e lo sciovinista Mhp – i liberal-islamisti puntano sembra a togliere letteralmente di mezzo il partito nato lo scorso anno dalla confluenza delle formazioni della sinistra curda e di alcuni movimenti della sinistra radicale turca rafforzati dalla contestazione di massa ai tempi di ‘Occupy Gezi’.
Alla via repressiva e militare Ankara associa ora, come d’altronde in passato – non si contano i partiti curdi messi fuori legge negli ultimi decenni – quella giudiziaria. Ieri l’ufficio della procura di Diyarbakir ha avviato un’inchiesta contro i co-presidenti dell’HDP (Partito democratico dei popoli) Selahattin Demirtaş e Figen Yüksekdağ, accusandoli di “armare e provocare una parte della popolazione contro un altra parte” in linea con l’articolo 241/2 del codice penale turco. Le accuse contro Demirtaş, accusato anche di "disturbo dell'ordine pubblico" e "incitamento alla violenza" sono in realtà relative a fatti che risalgono al 6 ottobre del 2014, quando i sostenitori del partito vennero esortati nel corso di un comizio a scendere in piazza contro le politiche del governo turco di sostegno allo Stato Islamico. E’ quindi evidente quanto l’avvio dell’inchiesta rappresenti una mossa del tutto strumentale all’attuale strategia del regime. Il portavoce e volto pubblico del Partito Democratico dei Popoli, se riconosciuto colpevole, rischia fino a 24 anni di reclusione.
Anche l’ufficio della procura di Urfa ha avviato un’inchiesta contro la co-presidente di HDP Figen Yüksekdağ,con l’accusa di “diffusione di propaganda di una organizzazione terroristica” in relazione alla sua dichiarazione “Noi appoggiamo le YPG, le YPJ ed il PYD”, cioè il partito curdo siriano e le Unità di Protezione del Popolo e delle Donne che combattono i jihadisti nel Rojava. La Yüksekdağ aveva pronunciato queste frasi in una manifestazione che si era svolta a Suruç, all’inizio di luglio, in occasione della celebrazione dell’anniversario della proclamazione del Confederalismo Democratico nei cantoni curdi del nord della Siria. Nel mirino della magistratura anche il deputato di Sirnak, Faysal Sarıyıldız, indagato perché accusato di aver partecipato alla fornitura di armi alle milizie popolari dell’Ypg.
L’iniziativa della magistratura segue di pochissimi giorni le dichiarazioni del presidente Recep Tayyip Erdogan che nel corso di una conferenza stampa aveva annunciato la rimozione dell’immunità parlamentare per quegli esponenti politici che sostengano “il terrorismo”. "Ritengo che i dirigenti del partito debbano pagare un prezzo. Coloro che si appoggiano ai gruppi terroristici devono essere privati dell'immunità parlamentare e pagare", aveva detto il ‘sultano’.
Minaccia alla quale i leader dell’Hdp avevano reagito affermando la disponibilità da parte degli 80 deputati della formazione a rinunciare all’immunità nel caso in cui gli eletti di tutti gli altri partiti avessero fatto lo stesso. Nel frattempo i nazionalisti di destra dell’Mhp (ex Lupi Grigi) hanno presentato presso la Corte Suprema una richiesta di messa fuori legge dell’Hdp “a causa dei suoi legami con gruppi terroristi”.
Nel tentativo di diffondere confusione tra la popolazione curda e di screditare l’Hdp, il governo turco uscente è arrivato ad affermare che il partito stia addirittura agendo contro la volontà del leader curdo Abdullah Ocalan, incarcerato nell’isola prigione di Imrali. Il vice premier Yalçin Akdogan, figura influente delle trattative di pace, ha affermato che "l'Hdp mente quando dice che Ocalan è contrario al sistema presidenziale" auspicato dall’Akp e frustrato per ora dal mancato raggiungimento di una maggioranza assoluta in parlamento tale da permettere all’Akp di riformare la Costituzione. "L'Hdp si è fatto manipolare, ha fatto saltare il processo di pace, è ormai chiaro. Come dice lo stesso Ocalan, quando si vuole risolvere la questione curda, scatta un meccanismo per fermarlo. Nell'ultimo periodo abbiamo assistito ad un meccanismo inteso a contrapporsi a Erdogan, quale principale artefice e attore della risoluzione. L'Hdp ha impostato il proprio piano d'azione sull'opposizione a Erdogan", ha aggiunto il vice premier.
Selahattin Demirtaş ha risposto alle incredibili e fantasiose accuse affermando in un'intervista che Erdogan era a favore del processo negoziale ma "ha cambiato idea nel momento in cui ha visto i risultati dei sondaggi che indicavano un calo dei voti dell'Akp".
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento