Si contano i voti in Burundi, dove la tensione resta alta in questa
tornata elettorale imposta dall’attuale presidente Pierre Nkurunziza in
cerca del terzo mandato consecutivo, nonostante il limite costituzionale
sia di due.
Il voto è stato segnato dalle violenze: sparatorie ed esplosioni.
Nella notte prima dell’apertura delle urne, martedì, sono stati uccisi
due poliziotti a Bujumbura e il corpo senza vita di un funzionario
dell’opposizione è stato trovato in strada sempre nella capitale.
Ci sono stati scontri con gli oppositori del presidente che dallo
scorso aprile hanno protestato contro la ricandidatura di Nkurunziza,
gridando al golpe. Almeno cento i morti nelle violenze (la polizia ha
aperto il fuoco sui manifestanti) e il leader di un partito di
opposizione, Zedi Feruzi, è stato assassinato a maggio mentre faceva jogging.
L’opposizione ha boicottato le elezioni, giudicandole irregolari, e
il presidente sembra non avere avversari. I suoi rivali più temibili,
tra cui Agathon Rwasa, si sono ritirati, anche se la commissione elettorale ha mantenuto i loro nomi sulla scheda. Meno
di tre quarti degli aventi diritto (3,8 milioni) si sono recati alle
urne, ma tra chi ha votato si è diffusa la paura di rappresaglie: la Bbc
ha raccontato di persone che hanno cercato di cancellare l’inchiostro
indelebile dalle dita, usato per marcare chi ha votato.
Rwasa ha parlato di una “sceneggiata” e ha ribadito che l’estensione
del mandato di Nkurunziza porterà il Burundi all’isolamento. Dall’esterno questo appuntamento elettorale, più volte rinviato, è stato giudicato non trasparente e libero.
Sia il Dipartimento di Stato Usa sia l’Unione europea hanno espresso
preoccupazione per la correttezza dello svolgimento del voto, mentre
l’Unione Africana ha deciso di non inviare osservatori. È la prima volta
che prende una posizione di questo tipo contro uno Stato membro.
Dal canto suo, il presidente ha definito i suoi detrattori terroristi e a maggio ha trovato la sponda della Corte Costituzionale la quale
ha deciso che “il rinnovo del mandato presidenziale per cinque anni
tramite suffragio universale diretto non rappresenta una violazione
della Costituzione”. L’argomento usato dal presidente per ricandidarsi, a
quanto pare accolto dai giudici, è che nel 2005 fu eletto capo di Stato
dal Parlamento e non in elezioni dirette, quindi quel mandato non
conterebbe. Ma su questa decisione si staglia l’ombra delle pressioni e
delle intimidazioni: quattro giudici hanno lasciato il Paese e uno di
loro ha denunciato minacce.
Ne è seguito un fallito tentativo di golpe, che ha giustificato una stretta del governo su ogni forma di dissenso, soprattutto sulle radio indipendenti, unica fonte di informazione per una grossa fetta della popolazione che vive senza elettricità. Inoltre, soltanto il 2 per cento dei burundesi ha accesso a internet.
La chiusura, spesso violenta (sedi incendiate o vandalizzate) delle
stazioni radio ha di fatto impedito ai pochi sfidanti di Nkurunziza di
fare campagna elettorale. L’opposizione è stata silenziata e dallo
scorso aprile molti suoi esponenti, tanti giornalisti e anche diversi
membri del partito del presidente, CNDD-FDD, hanno lasciato il Paese.
E sono fuggiti anche circa 150mila burundesi. Un
esodo quotidiano, soprattutto verso la Tanzania, causato dal timore che
l’instabilità provocata dalla decisione di Nkurunziza di ricandidarsi
faccia riesplodere le tensioni etniche (tra la maggioranza Hutu e la
minoranza Tutsi) che negli anni Novanta costarono la vita di centinaia
di migliaia di persone (alcuni dicono 800mila, altri 500mila),
massacrate a colpi di machete nel giro di cento giorni. La dimensione
etnica al momento non sembra prendere il sopravvento, ma la
crisi politica in cui è piombato il Paese alla lunga potrebbe
riaccendere l’odio etnico e le ripercussioni travalicherebbero i confini
burundesi. È il Rwanda a preoccuparsi maggiormente, sul suo
territorio sarebbero presenti milizie vicine sia partito di governo
burundese sia agli Hutu del FDLR, esecutori del genocidio del 1994,
allora fuggiti nella Repubblica democratica del Congo. Milizie che
avrebbero già compiuto rapimenti, torture e omicidi in questi mesi.
Nkurunziza, però, ostenta sicurezza (è andato a votare in
mountain-bike e si fa ritrarre mentre gioca a calcio) e non pare temere
le conseguenze del voto. Lo scrutinio è in corso e domani potrebbero
arrivare i risultati.
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