Seconda condanna per l'Italia, in pochi mesi, da parte della Corte europea dei diritti umani. Il nostro paese deve perciò introdurre il riconoscimento legale per le coppie dello stesso sesso.
La Corte ha condannato l'Italia per la violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare di tre coppie omosessuali, che da anni vivono insieme in una relazione stabile. E ha stabilito che lo Stato dovrà versare a ognuno di loro 5 mila euro per danni morali.
Il riconoscimento legale per le coppie dello stesso sesso deve essere introdotto perché la Corte considera che "la protezione legale disponibile attualmente a coppie dello stesso sesso non solo non garantisce i bisogni fondamentali per una coppia che sia in una relazione stabile, ma non dà neanche sufficienti certezze".
A fare ricorso erano state tre coppie di omosessuali che vivono insieme da anni rispettivamente a Trento, Milano e Lissone (provincia di Milano). Tutte e tre hanno chiesto ai loro Comuni di fare le pubblicazioni per potersi sposare ma si sono viste rifiutare la possibilità. La sentenza di oggi della Corte di Strasburgo diverrà definitiva tra 3 mesi se i ricorrenti o il Governo non chiederanno e otterranno un rinvio alla Grande Camera per un nuovo esame della questione.
E' indubbiamente una sentenza di civiltà che dimostra come l'Italia sia ancora un paese largamente deficitario rispetto ad altri della stessa area e con la medesima cultura.
Anche più vergognosa, qualche mese fa, era stata la condanna per le torture praticate in occasione dell'irruzione poliziesca all'interno della scuola Diaz, nel luglio del 2001 a Genova. E per l'assenza, anche in questo caso, di un articolo del codice penale che preveda il reato di tortura.
Anche la reazione del Parlamento italiano a quella condanna è stata largamente incivile, con la proposta di un disegno di legge (dall'iter lunghissimo e particolarmente rischioso) timidissimo e tale da poter essere facilmente ignorato in sede processuale. I sindacati di polizia l'avevano trovato anche troppo "penalizzante" per il loro "lavoro quotidiano", che evidentemente - per loro involontaria ammissione - si avvale di tecniche al limite della tortura o oltre.
Due sentenze in pochi mesi descrivono dunque un'Unione Europea patria dei diritti e un'Italia in vergognoso arretrato?
Diciamo che al peggio non c'è mai fine. Basta leggere i commenti di Matteo Salvini in entrambi i casi. Ma l'Unione Europea non ha nulla da eccepire se la gente muore sul lavoro, se non esiste un sistema sanitario pubblico che garantisca prestazioni decenti (si tenga presente che la nostra scassata sanità risulta tutto sommato all'avanguardia...), se si lavora sui ponteggi anche a 70 anni, se si dorme sotto i ponti, ecc. Anzi punisce quegli stati che mantengono o ripristinano "misure umanitarie" in favore degli strati deboli della popolazione (è il caso della Grecia, che dovrà abolire alcune misure prese nei mesi scorsi, perché "aumentano la spesa pubblica e ostacolano il pagamento del debito").
La questione è insomma relativamente semplice. La "civile" Unione Europea difende appunto solo i diritti civili. Che hanno l'indubbio pregio di essere a costo zero per le finanze pubbliche. Al contrario, persegue programmaticamente, a colpi di Fiscal Compact e "semestre europeo", tutti i residui diritti sociali. I quali, purtroppo, prevedono invece un costo. Ossia investimenti, stipendi, assegni da erogare con regolarità, materiali da acquistare, per assicurare salute, casa, assistenza, età pensionabile ragionevole (appunto: andare sui ponteggi o in fonderia o in miniera a 67 anni significa ammazzare gente tutti i giorni).
L'Unione Europea è insomma il faro della "civiltà del capitale". Quella che ti garantisce tutto, meno che una vita serena.
Vedi anche qui.
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