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20/08/2015

La funzione della donna nel welfare del nuovo millennio

Si continua a parlare della vicenda della “coppia dell’acido” e del destino di quel figlio partorito pochi giorni fa. A parte quel che ho già scritto, e ribadisco, ho necessità di raccontare perché questa storia mi dà la nausea. Non si tratta soltanto del fatto che ad una carcerata sia concesso o meno di stare con suo figlio. Quel che mi lascia basita è la cultura della beddamatresantissima addolorata che viene sdoganata per ogni parola scritta e detta. Come ad esempio quel che ha affermato Don Mazzi, che ora si direbbe disposto ad ospitare nella sua comunità la donna e il bambino.

Lui parla di “miracoli” e “della potenza positiva che scatena l’innocenza“. E ancora, mettendo in dubbio quel che dice il procuratore, Don Mazzi dice che “L’unico modo perché Martina possa scontare i suoi sbagli sarà la cura, la pazienza, l’amore, la tenerezza e la sofferenza che questa creatura scatenerà dentro al cuore di colei che tanti credono abbia perso il cuore, ma anche la testa, la dignità, la femminilità.

Quanto di paternalista leggete in queste parole? L’innocenza che scatena potenza positiva? Allora facciamo figliare tutti i condannati per omicidio. Facciamo figliare tutte le persone condannate per qualunque reato, senza contare che tanta comprensione e tanto interesse mediatico non potranno mai essere dedicati a un carcerato per possesso di droga, per aver manifestato in piazza contro il governo o per aver resistito alle cariche delle forze dell’ordine in ogni contesto, dagli sfratti alle manifestazioni contro la precarietà. Facciamo figliare tutti quanti, perché un figlio è diventato, in questi giorni, l’elemento purificatore che rende migliori quelle persone considerate pessime in sede di giudizio.

Che dire poi della personale ricetta di Don Mazzi per fare espiare alla Levato le sue “colpe”. La cura, la pazienza, l’amore, la tenerezza, la sofferenza, la testa, la dignità, la femminilità. Siamo al peccato originale. Eva per guadagnarsi il perdono di Dio deve figliare, perché è donna e la donna è peccaminosa di per se’. Dunque il figlio la purifica, le regala innocenza o una verginità soggettiva che la renderà migliore. A purificarla ci sarà anche la “cura”, ovvero quel mestiere che lo Stato chiede alle donne di svolgere gratuitamente per reggere in piedi un welfare basato sulla famiglia con le donne che fanno da ammortizzatrici sociali.

La pazienza, si, come no. Più sei paziente, in casa, con i figli e con il coniuge e più sei pura. La sofferenza, dal partorire con dolore a farti menare dal marito con amore ce n’è tanto quanto basta per dire che se soffri la tua anima sarà sempre più vicina a Dio. Tutto ciò consiste in una espiazione che ti regala “dignità” oltre al recupero della “femminilità”. Perché l’atto violento toglie a te, creatura innocente, nata per essere madre, paziente, amorevole, sofferente, la dignità e ti toglie anche femminilità. Una femmina che vuol essere definita tale non fa quelle brutte cose. E chissà se poi è stata davvero lei a prendere l’iniziativa, a progettare, o se non l’abbia influenzata l’uomo che per indole, secondo la mentalità meno laica che ci sia, parrebbe essere guerrafondaio e violento. La donna = santa e vittima e uomo = demone e carnefice.

Lei è una madre, innocente, pura, e ritrovata la sua femminilità saprà accudire quel bambino come fosse una fatina buona.

Allora, al di là dell’esito di questa vicenda, che riguarda i giudici e le persone umanamente e direttamente coinvolte, vorrei che si capisse che quel che ne ricaviamo noi è la legittimazione di una becera cultura patriarcale che riconsegna le donne al ruolo prescritto da certuni e ci impedisce di scegliere assumendoci la responsabilità delle nostre scelte, buone o cattive che siano. Le donne sono persone di valore anche se non hanno figli. Non abbiamo bisogno di sacrificare un figlio sull’altare dell’innocenza per separarci dal diavolo. Le donne possono ribellarsi a chi sostiene che essere femmine vuol dire essere relegate a interpretare solo ruoli di cura, perché la nostra dignità è fatta d’altro e in quanto alla “femminilità” personalmente non me ne frega nulla di quel che ha da dire la chiesa a tal proposito.

E’ questa la retorica di cui parlavo ed è ancora questa la retorica sul materno che perfino certe donne o femministe abbracciano senza cogliere il rischio che le donne corrono di tornare indietro nel tempo. Il tempo in cui lasciamo ancora che i preti dicano cos’è la nascita, giusto loro che non hanno mai partorito e che non hanno mai fatto le madri. Il tempo in cui a quegli stessi preti lasciamo dire quando e come e con chi noi possiamo fare sesso, usare contraccettivi, pillola del giorno dopo, abortire. Il tempo in cui lasciamo che ci collochino in ruoli che non ci somigliano e dai quali, alla faccia dell’esaltazione del materno, ci smarchiamo.

Non è del figlio di Martina Levato che stiamo discutendo ma di quel che raccontano le persone che usano quella storia per sdoganare una mentalità che non può più appartenerci. La madre disperata, il distacco con il figlio, il miracolo e la riconciliazione, sono elementi di una fiction che abbiamo visto in atto mille volte. Personalmente l’unica Madonna che sta nella mia Hit di donne da ammirare è quella che canta. Per l’altra, le cui iconografie sono diffuse ovunque, non ho un particolare predilezione. E voi?

Fonte

Ho volutamente stravolto il titolo originale dell'articolo perché il fatto di cronaca in se non m'interessa particolarmente e nemmeno la disquisizione in merito a quello che certe femministe non comprendono del caso (che a me invece appare lapalissiano).
Al contrario, ho trovato molto arguti gli accenni relativi al ruolo che il neoliberismo sta, di fatto, imponendo alla donna (ma non solo ad essa, si pensi più generalmente alla dimensione familiare per quel che riguarda i giovani - precari o in perenne stato di sotto occupazione - sempre più frequentemente privati di strumenti ed opportunità per emanciparsi) che trova ovviamente sponda nella cultura di fede, tanto occidentale, quanto orientale (si pensi allo stato sociale "caritatevole" di stampo islamico che hanno portato in politica le varie correnti islamiche, a partire dai Fratelli Musulmani con la presidenza Morsi in Egitto).

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