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03/03/2016

Il grande esproprio immobliare va avanti, con poche correzioni

La mezza insurrezione – anche parlamentare, con ben 11 deputati sospesi (quasi tutti “grillini”) – contro il bail in della casa sta producendo mezze retromarce governative. Ma sia chiaro che non cambia affatto la direzione di marcia – l'esproprio dell'immobile al mutuatario in ritardo con i pagamenti – ma soltanto tempi e modalità.

Il problema è in sintesi questo. Le banche europee hanno sui conti circa 1.000 miliardi di “crediti deteriorati” o “sofferenze” (a seconda della gravità delle situazioni specifiche). In tempi di perdurante crisi quel buco, equivalente al 5,6% del Pil continentale, può diventare esplosivo. Dunque lo “stato delle banche” – l'Unione Europea – ha varato una direttiva che impone ai vari stati nazionali di modificare le norme sui mutui in modo da accelerare i tempi dell'esproprio e della vendita all'asta, così che le banche possano rientrare più velocemente e ridurre in tempi rapidi le “sofferenze”.

Il disegno è capitalisticamente razionale, dunque socialmente criminale. Si tratta di un esproprio di massa, su scala continentale, mirato proprio sulle figure sociali già indebolite dalla crisi – in linea generale, impiegati e lavoratori vari che hanno perso il lavoro o si sono visti passare a part time – che a questo punto rischiano concretamente di finire in mezzo alla strada (di edilizia popolare, almeno in Italia, non se ne costruisce più da decenni).

Le banche italiane sono più esposte su questo fronte: hanno sofferenze pari al 16,7%, il triplo della media europea. Non tutte sono riferibili a mutui immobiliari, perché oltre 200 miliardi sono certamente imputabili a “società non finanziarie”, ossia imprese produttive che hanno subito colpi devastanti dalla crisi attuale (-10% di Pil in appena sette anni). Però sequestrare giudiziariamente un capannone e i macchinari rende – se messi all'asta – un fico secco. La crisi c'è per tutti gli imprenditori, quindi nessuno comprerebbe, tranne eccezioni che non modificano i conti bancari.

Dunque non resta che dar loro in pasto gli appartamenti, le case al mare o le villette a schiera dell'ex “ceto medio”.

Un governo delle banche come quello Renzi non poteva che farsi in quattro per obbedire all'Unione Europea e contemporaneamente farsi bello con il disastrato sistema economico nazionale, salvaguardando le imprese, tutelando le banche e mazzolando decisamente i mutuatari deboli. Così è nata l'idea di fare una legge che consente alle banche di mettere all'asta le case senza aspettare una sentenza della magistratura – come nella legislazione attuale – dopo sette mensilità di arretrato (come previsto dal Testo unico bancario del 1993).

Non sembra dunque una coincidenza che, negli stessi giorni, il governo Renzi abbia varato una legge che permette il prestito vitalizio ipotecario. Una formula già in uso nel mondo anglosassone che trasforma l'immobile di proprietà in una sorta di bancomat: accendo un'ipoteca sulla casa d'abitazione, ma posso continuare ad abitarci. Il vantaggio per le banche è intuitivo: a fronte di un prestito pari al 15-50% del valore dell'immobile, possono incamerare un valore superiore nel caso il vecchietto (l'età minima per accedere al prestito è 60 anni) tiri le cuoia abbastanza rapidamente e gli eredi – in genere giovani con difficoltà lavorative e salari ridicoli – non possano restituire in un'unica soluzione quanto ancora dovuto alla banca. È, sì, previsto che agli eredi vada consegnata “l'eccedenza” – ovvero la differenza tra il prezzo spuntato all'asta e l'entità residua del prestito – ma alle banche viene concesso di scegliere il perito che deve valutare l'immobile (quindi la possibilità di stabilire un prezzo di partenza più basso del reale, per facilitare l'asta e restituire pochissimo agli eredi del mutuatario).

Lo stesso meccanismo – nomina del perito da parte della banca, quindi tutt'altro che imparziale – è previsto anche nel caso del ritardo nel pagamento delle rate. Dunque si sta allestendo un sistema di sottrazione “legale” del patrimonio immobiliare delle famiglie per sacrificarlo sull'altare dei cattivi conti delle banche.

In cosa consistono, infatti, le “correzioni” che il governo sta preparando per far passare al più presto il testo sugli “espropri”? I punti “rognosi” sono: i tempi necessari a dichiarare l'inadempimento (da sette mesi a qualcosa in più, ancora non indicato), la percentuale di debito non pagato (chiaro che se resta poco da pagare è preferibile, anche per la banca, trovare altre soluzioni, magari prolungando il mutuo e abbassando l'entità di ogni singola rata), ma soprattutto l'eliminazione della possibilità di prevedere la vendita senza andare dal giudice.

Ma, a parte forse la nomina del perito (da lasciare al giudice, come ora) e il numero delle mensilità in ritardo, non sembra ci siano grandi idee. Resta, infine, la linea di separazione tra “vecchi mutui” (quelli già in essere) e quelli che saranno stipulati da qui in poi. Lasciando eufemisticamente “alle due parti” il compito di accordarsi sulla clausola che fa riferimento alle legge oggi in esame.

Chi abbia frequentato una sola volta una banca qualsiasi, sa bene che “le due parti” sono asimmetriche per quanto riguarda la conoscenza delle leggi, quella relativa a procedure e trucchi, ma soprattutto come rapporti di forza: “se vuoi che io ti presti i soldi, devi accettare tutte le condizioni che pongo”.

Libertà? Ma chi volete prendere per il naso?

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