Inchiesta. Gli arrivi turistici in Italia nel 2012 – tra italiani e stranieri – sono stati di circa 103 milioni di persone (molte delle quali magari solo in transito) con 381 milioni di presenze. Le presenze di stranieri dal 2002 al 2012 si sono incrementate del 24,1%, quelle italiane solo dello 0,2%.
Ma tutti questi soldi che girano intorno al turismo dove finiscono? Vediamo di ricostruire alcune filiere di questa appropriazione privata delle risorse derivanti dalle attività turistiche.
Cosa sono le OTA? Sono le Online Travel Agency quelle che prenotano, movimentano e fissano i prezzi dei pacchetti o delle notti nelle strutture turistiche a Roma. La prima disfatta è che questo incontro tra domanda e offerta di pacchetti o prenotazioni ha visto tagliati fuori tutti i siti turistici italiani, che di fatto non permettono l’acquisto diretto di camere d’albergo o servizi turistici a Roma. Si è passati ormai al monopolio o oligopolio di tre/quattro multinazionali straniere: Expedia, Bookings, Trivago, Tripadvisor. Le commissioni per i servizi di queste multinazionali arrivano anche al 35% e quindi circa 1 miliardo di euro di provvigioni sulle vendite di servizi turistici viene ormai fatturato all’estero. Il 61% dei turisti è arrivato a Roma utilizzando internet (quindi le OTA) e solo il 25% le classiche agenzie di viaggio. Ma dalla gestione in internet dei servizi, sono tagliati fuori sia enti pubblici che aziende italiane.
L’industria dello shopping. Abbiamo visto che l’Italia è al terzo posto nel mondo per il volume di spesa nello shopping dei turisti e che Roma è la prima meta turistica in Italia. Ma dove e come spendono i loro soldi i “travel detailer” che intasano la Capitale? Il 62% in abbigliamento, il 32% in accessori e borse, il 25% in calzature, il 24% in cibo e bevande, il 14% in libri, il 4% in gioielli. Già a occhio è l’evidente come i benefici siano soprattutto in settori non turistici. Proviamo ad essere più precisi. Su 100 euro di spesa, un turista dedicherà 26 euro all’alloggio, 28 allo shopping, 21 all’alimentazione, 8 ai trasporti e solo 7 alle visite culturali. Gli altri 7 li spenderà per divertimenti e altro.
Il patrimonio archeologico e artistico. E’ evidente come vedere lunghe file di turisti e visitatori davanti all’ingresso del Colosseo, dei musei o del Foro Romano faccia ritenere che questo afflusso sia un indicatore di beneficio per la città di Roma e del suo straordinario patrimonio culturale. Eppure si è scoperto che lo sciagurato regime di concessioni a privati da parte del Ministero dei Beni Culturali e del Comune, fa si che solo una parte degli introiti – talvolta irrisoria – arrivi nelle casse pubbliche che invece hanno a loro carico le spese del personale, della manutenzione etc. Il caso più clamoroso è quello del Colosseo dove ben l’80% di ogni biglietto finisce nelle casse private della società Electa (gruppo Mondadori) e di una cooperativa per la “gestione dei servizi”. Al pubblico resta solo il 20%. Una anomalia? No purtroppo è la regola da quando Mibac e Comune hanno scelto la strada della deresponsabilizzazione e della deregulation attraverso concessioni vantaggiosissime ai privati.
Quanto lavoro dà il turismo a Roma? In Italia i lavoratori occupati nel turismo sono ufficialmente 297.000 (erano 325.000 nel 2008) di cui 227.000 lavoratori dipendenti e 70.000 autonomi. Eppure le imprese registrate sono circa 200mila, tra multinazionali e imprese familiari. E’ evidente come in questi dati pesino sia il lavoro nero che la stagionalità. Nella Capitale i lavoratori occupati direttamente nell’industria turistica sono solo 31.500, di cui 24mila nel settore alberghiero e 7.500 nelle agenzie. I lavoratori occupati a Roma sono complessivamente circa 1.776.000, per cui già a occhio si comprende come il turismo vero e proprio non sia affatto un settore così rilevante. Certo, conta molto l’indotto (commercio, ristorazione etc.) ma per essere una risorsa così magnificata, quella del turismo non sembra proprio dare tutte le possibilità occupazionali che potrebbe avere. Nel settore alberghiero il costo del lavoro tra il 2008 e il 2012 è aumentato dell’1%, mentre il valore aggiunto del 2,4%. Nel settore delle agenzie e tour operator il costo del lavoro è invece diminuito del 3,3% mentre il valore aggiunto è cresciuto del 2%. E’ evidente come in questo settore abbia pesato sui salari e le condizioni dei lavoratori l’ipoteca del monopolio delle OTA.
Secondo il DUP approntato dal commissario Tronca, il giro d’affari sulla ricettività a Roma supera i 4 miliardi di euro (dato fondato su 32,8 milioni di presenze annuali con un soggiorno medio di 2,4 notti a turista). Insomma una montagna di soldi che producono solo poco più di 100 milioni di introiti per le casse comunali attraverso la tassa di soggiorno.
Questa mappa degli introiti dovuti dal turismo a Roma, ci consente di mettere i piedi nel piatto sulle responsabilità del Comune nella mancata redistribuzione delle risorse consentite dall’“oro di Roma”. L’unico strumento messo in campo è la famosa tassa di soggiorno introdotta nel marzo del 2011 con il federalismo fiscale. A Roma è stata aumentata con una delibera (la nr.44 dell’1/9/2014). Le previsioni d’incasso sul 2015 erano di 123 milioni rivisti però al ribasso perché il Giubileo straordinario si sta rivelando un flop. Dunque spetterebbe al Comune – come ente pubblico con responsabilità su tutti gli abitanti della città – redistribuire le risorse facendo in modo che esse arrivino anche a chi – essendo tagliato fuori geograficamente o economicamente dai benefici del turismo – non può usufruire di quella che è una risorsa collettiva e “naturale” di Roma. In realtà di questi soldi, nelle periferie non arriva una lira, anzi arrivano solo i costi attraverso le tasse sui rifiuti urbani tra le più alte d’Italia, l’irpef comunale più alta d’Italia, assenza di servizi, desertificazione del trasporto pubblico (concentrato nelle zone a più alta vocazione turistica), inesistente manutenzione stradale, disoccupazione etc. I dati ci dicono che all’aumento delle presenze turistiche a Roma non ha corrisposto un conseguente aumento delle entrate nelle casse pubbliche. Ciò significa che buona parte di questo valore aggiunto è andato in tasca ai privati.
Per questo motivo, ad esempio, una delle proposte avanzate dalla Carovana delle Periferie è quella di trasformare la tassa di soggiorno in una tassa di scopo per le periferie, destinando a queste tutti gli introiti della tassa di soggiorno e attuando quindi una prima, seppur insufficiente, redistribuzione delle risorse disponibili in città. Ma la responsabilità di questa redistribuzione ricadono tutte sulla istituzioni elettiva – rappresentativa in teoria di tutti gli abitanti – che deve decidere tra la totale deresponsabilizzazione vista in questi anni e un cambiamento radicale di passo e priorità. (fine seconda puntata).
Vedi la prima puntata: Il turismo è veramente l’oro di Roma?
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