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17/07/2016

Viene allo scoperto il progetto dell’esercito europeo

Sabato 9 luglio da “la Repubblica”: Jean Spahn – viceministro delle Finanze del governo tedesco, uomo di fiducia di Wolfang Schauble e membro del presidio della CDU, il vero gruppo dirigente del partito della Merkel – rilascia un’intervista “pesante” a Tonia Mastrobuoni, nella quale rilancia con forza il progetto di costruzione dell’Esercito europeo (E.E.). Afferma, tra l’altro, Spahn: “ L’idea che otto o dieci Paesi facciano un passo avanti sulla Difesa comune era già stata del generale De Gaulle, negli anni ’50. Noi vorremmo fare questo grande passo avanti e costruire un esercito comune. Non è necessario che tutti partecipino da subito. Nel caso del mercato unico o dei diritti fondamentali, è chiaro che devono valere le stesse regole per tutti. Poi c’è la questione della legittimazione: è più forte quella dei parlamenti nazionali o quella del Parlamento europeo?”.

Nelle poche parole di Spahn si cela un intero progetto, un intero orizzonte ideologico, da esplorare. In primo luogo colpisce l’improvvisa accelerazione verso la costruzione dell’E.E. (ed è chiaro che l’uomo di Schauble parla a nome della CDU e della Merkel), un E.E. così “necessario”, per il governo tedesco, da far dire a Spahn che “non è necessario che tutti partecipino subito”; in secondo luogo, imprevisto è il riferimento al generale De Gaulle, utile a Spahn per evocare – in modo completamente strumentale e fuorviante – la scelta dell’E.E. come alternativa alla NATO; poi la “rivelazione”, da parte di Spahn, che vi è un chiaro legame tra mercato unico dell’Ue ed E.E.; infine, la rivendicazione forte, per ciò che riguarda l’E.E., dell’autorità del Parlamento europeo e lo svuotamento di senso dei parlamenti nazionali.

Perché Spahn – e con lui il governo tedesco – rilancia e accelera ora il progetto dell’E.E.? Vediamo: a fine maggio 2016, il quotidiano conservatore “The Times”, in un articolo dal titolo “ EU army plans kept secret from voters”, rivela che la burocrazia di Bruxelles, di cui è a capo la responsabile Ue per la politica estera e di difesa, la “renziana” Federica Mogherini, ha messo a punto un avanzato progetto di costruzione dell’E.E. ma che il piano generale sarà reso noto, per non danneggiare Cameron, dopo il referendum britannico del 23 giugno. Ora che il referendum è passato e la Brexit ha vinto, nulla più trattiene l’Ue – e soprattutto il governo tedesco – da rivelare il progetto militare. E Spahn accelera e viene allo scoperto. Questo per ciò che riguarda il motivo dell’accelerazione; gli altri punti – nevralgici – contenuti nell’intervista dell’influente dirigente della CDU (l’utilizzo del nazionalismo grande-francese di De Gaulle per evocare l’eventuale, supposta, autonomia dell’E.E. dalla NATO; il rapporto stabilito- da autentico liberista – tra mercato unico dell’Ue ed E.E. e lo svuotamento di senso dei parlamenti nazionali in vista dell’Esercito dell’Ue), gli altri punti sono chiari, parlano da soli.

Il PCI è nettamente contrario alla costruzione dell’Esercito Europeo. Per quali motivi?

Innanzitutto: se la natura di questa Ue è di tipo ultraliberista, antidemocratica, antioperaia; se la sua natura ha forti caratteri neo imperialisti e neo colonialisti; se il suo atteggiamento politico ed economico generale rivela forti ed inquietanti pulsioni belliche di carattere imperialista; se gli attuali e concreti rapporti di forza interni all’Ue tra capitale transnazionale e lavoro sono sfacciatamente favorevoli a quel grande capitale europeo, volto alla conquista dei mercati internazionali attraverso l’abbattimento secco del prezzo delle proprie merci, tramite l’abbattimento – su scala continentale – dei salari, dei diritti e del welfare; se tutto ciò è vero – come, drammaticamente, è vero – perché dotare di un esercito questo potere capitalista/imperialista europeo, bramoso di espandersi, con tutti mezzi, nei mercati del mondo, bramoso di ergersi come nuovo polo imperialista unito nella competizione internazionale? Quale sarebbe la natura di questo esercito, comandato direttamente dai gruppi di potere del grande capitale sovranazionale europeo e non più agli ordini dei parlamenti nazionali? Non possono esserci dubbi al riguardo: sarebbe un esercito dal carattere imperialista, al servizio delle mire espansioniste del capitale transnazionale europeo e anche funzionale alla repressione sociale continentale, il nuovo gendarme sovranazionale dell’ordine liberista interno di questa Ue. Non piccola cosa, da questo punto di vista, sono le norme militari che vanno formandosi, come sfondo regolamentare all’E.E.; norme in progress, ma che già evocano la possibilità che l’E.E. possa (debba) intervenire nei paesi dell’Ue che, per diversi motivi, non siano più in sintonia politica con la stessa Ue. Come ha scritto Alessandro Cornelli: “Si è ipotizzato che l’esercito europeo potrebbe intervenire contro uno Stato membro che, ad esempio, chiudesse le proprie frontiere, oppure contro una regione secessionistica che si pronunziasse per l’indipendenza. È appena il caso di rilevare la contraddizione: si spogliano gli Stati dei loro poteri, ma non si transige sull’immodificabilità dei loro confini. Il punto critico non è però l’insieme delle complicazioni che seguirebbero ad una secessione, per esempio della Catalogna o della Scozia, ma è il primato che non verrebbe più riconosciuto alla volontà popolare”.

E, certo, non reggono le due argomentazioni, che compaiono persino a sinistra, secondo le quali “essere europeisti vuol dire accettare l’intera Ue, compreso il suo esercito, cambiandola dall’interno” e che “l’E.E. significherebbe essere autonomi dalla NATO”. Per la prima argomentazione: il dominio culturale, politico, economico del grande capitale dell’Ue è oggi pressoché totale. In attesa (per quanti decenni? Attraverso quanti pericoli di guerre?) di cambiare i rapporti di forza a favore della classe operaia europea, questa sinistra (ancora pacifista? Ancora anticapitalista?) ritiene sia il caso di concedere alle pulsioni imperialiste, economiche e belliche, del grande capitale europeo persino un esercito sovranazionale, su cui né i parlamenti nazionali né i popoli possono più mettere bocca? E per ciò che riguarda la supposta autonomia dalla NATO dell’eventuale E.E.: non è affatto scontato, in virtù della subordinazione profonda alla stessa NATO e agli USA che il grande capitale europeo ancora dimostra, che ciò possa automaticamente verificarsi; e comunque, anche se nel tempo una maggiore autonomia dalla NATO potesse esserci, il prezzo da pagare, per il movimento operaio europeo complessivo, sarebbe altissimo: il prezzo di un’accentuata tirannia economica e politica di un potere capitalistico transnazionale, che s’incardinerebbe anche su un proprio esercito, un esercito “centrale”, pronto, tra l’altro, ad aprire – con la guerra e col sangue – nuove vie di conquiste imperialiste all’Ue.

Un denso articolo del “Sole 24 Ore” (non casualmente giornale della Confindustria italiana) del 14 novembre 2015, a firma di Giovanni Chiellino, rivela molte e rilevanti cose, in relazione all’E.E.

Chiellino, intanto, in quest’articolo dal titolo inequivocabile (“Perché serve l’esercito unico europeo”), ratifica il fatto che la costruzione dell’E.E. per l’Ue avrebbe lo stesso valore strategico della costituzione della Moneta Unica, l’Euro, che – ormai anche a detta di economisti non marxisti come Paul Krugman – è stata tra le più importanti basi materiali sia dell’impoverimento continentale di massa, sia del rafforzamento del potere sovranazionale del capitale finanziario e speculativo, che dell’inquietante rafforzamento economico e politico della Germania, e dunque della stessa “germanizzazione” dell’intera Ue.

Ma nelle tesi del “Sole 24 Ore” emergono con chiarezza altre questioni di grandi rilievo. Scrive infatti Chiellino: “La forte instabilità geopolitica nel Mediterraneo e in Medio Oriente, dalla Libia alla Siria, impone all’Europa di dotarsi di una capacità di difesa comune”. Linguaggio non troppo criptico, di natura neo colonialista, che non altro significa se non che l’Ue ha bisogno di controllare e conquistare – anche manu militari – le più grandi aree mondiali del petrolio.

E scrive, ancora, Chiellino: “Non è questo, però, l’unico motivo. C’è Vladimir Putin, percepito sempre più come un vero pericolo per l’Europa. In Ucraina ha violato la sovranità di uno stato vicino che stava trattando l’associazione all’Ue, ha annesso la Crimea e da tempo infrange lo spazio aereo e le acque territoriali degli stati membri”. Dunque: l’E.E. anche contro la Russia di Putin, in concordanza/concorrenza con gli USA e la NATO. Tesi del “Sole 24 Ore”, che è il riflesso di quella del vero potere dell’Ue, come della stessa Mogherini.

E’ questo l’E.E. che – non solo Renzi – ma anche pezzi della sinistra italiana vorrebbero?

Ma altri passaggi dell’articolo del “Sole 24 Ore” sono chiarificatori. Prosegue Chiellino: “Mai come oggi le minacce di guerra incombono sull’Europa. Proprio adesso che le difficoltà di bilancio costringono molti governi a tagliare le spese per la difesa (-9% nell’Ue tra il 2005 e il 2014), salvo gli USA che hanno mantenuto stabile il loro budget militare, altrove gli investimenti in armi ed eserciti sono cresciuti a ritmo incalzante: ­più 97% in Russia, più 167% in Cina, più 39% in India”. Guarda caso, Chiellino cita il rafforzamento militare di tre importanti soggetti dei BRICS e a partire da ciò rafforza la tesi “confindustriale” volta – in sintonia con il grande capitale del’Ue e i suoi dirigenti politici a Bruxelles – alla costruzione dell’E.E., un esercito da mettere in campo anche contro il blocco progressista e antimperialista dei BRICS.

Nell’articolo di Chiellini vi è un’altra “rivelazione”, utile a far chiarezza, anche a sinistra, sull’eventuale rapporto E.E.-NATO. Scrive il giornalista: “Infine, c’è il mutato atteggiamento degli USA: Obama ha detto più volte di non volersi più far carico della difesa europea. Dal punto di vista strategico Washington guarda sempre più all’Asia e spinge verso l’integrazione della difesa in Europa”. Come si vede, traballano le tesi di coloro, in una parte della sinistra non comunista, secondo i quali l’E.E. diverrebbe automaticamente autonomo dalla NATO. E’ più verosimile pensare che nel possibilissimo mantenimento dell’egemonia USA sull’Ue l’E.E. e la NATO, segnati dalla stessa natura imperialista, questi due “soggetti militari” andrebbero ad una divisione internazionale del lavoro bellico, ad una divisione dei fronti di guerra. E, pur mettendo in conto un’inevitabile contraddizione interimperialistica tra E.E. e NATO, è del tutto evidente che la costituzione dell’E.E. accrescerebbe la pulsione imperialista dell’Ue sui fronti esterni e la propria capacità di controllo sui fronti operai interni al continente.

Se l’Ue trova nel Presidente della Commissione Europea, il bancario lussemburghese Jean Claude Juncker, il suo campione imperialista per il progetto dell’E.E. (“Un esercito europeo anche per far capire alla Russia che siamo seri nel sostegno dei valori europei”), avrà un senso profondo, peraltro, il fatto che sia proprio la Germania, da tempo, a spingere per la costruzione dell’E.E. Come questa Ue, infatti, è stata la base materiale del rafforzamento, politico ed economico, del potere continentale tedesco, così l’E.E. potrà essere di questo potere sia la difesa militare che il moltiplicatore economico.

A partire, infatti, dalla netta supremazia tecnologia ed industriale tedesca sugli altri paesi dell’Ue, il piano Juncker per la costruzione dell’E.E. potrà affidare, di fatto, alla Germania il monopolio degli investimenti bellici, sottraendoli in gran parte agli altri paesi; ciò permetterebbe alla Germania di ripercorrere la tradizionale via capitalistica (e quella, storica, tedesca) del pieno rilancio economico attraverso lo sviluppo dell’industria bellica. E, ancora, darebbe modo alla Germania di trasformare il proprio esercito (come centrale è l’economia tedesca in quella europea) nel nucleo duro dell’E.E., facendo pagare i prezzi di questo suo rafforzamento militare ai partner europei. Con la centralizzazione del potere militare dell’Ue a dominio tedesco (e ricordando che la Germania è per ora sprovvista di armi nucleari), anche il nucleare bellico francese rischierebbe di essere “germanizzato”, è questo è uno dei motivi della cautela con cui la Francia accoglie il progetto dell’E.E. Come, al contrario, non è l’ultimo dei motivi per cui la Germania ha fatto propria la ferrea volontà di Juncker di giungere all’E.E. D’altra parte, se il nucleare bellico francese non fosse utilizzabile – per eventuali resistenze di Parigi – come armamentario atomico europeo, la stessa Germania avrebbe, nel nuovo contesto storico che la vede di nuovo egemone, il via libera per costruire un proprio arsenale bellico nucleare. Da tutto ciò le sempre più nette prese di posizione dei più alti esponenti politici tedeschi per l’E.E. Ha infatti recentemente affermato Von der Leyen, ex ministra tedesca alla Difesa: “Nel moltiplicarsi delle crisi, il ruolo militare europeo non potrà più limitarsi ad essere da supporto agli altri eserciti, ma dovrà svolgere una propria azione diretta nei fronti di guerra”. E ancor più chiaro  ministro della Difesa tedesco, Steinmeier: “La Germania è ormai troppo grande per limitarsi a commentare la politica globale. E’ tornato il tempo dell’azione”. E’ chiaro che, come per il Giappone, per la Germania il tempo del nazifascismo è rimosso, dalle colpe ci si è autoassolti e torna il tempo delle armi. La stessa Merkel, infatti, in una recente visita in Slovenia e Croazia (due paesi fortemente debitori verso la Germania per il riconoscimento unilaterale tedesco della loro secessione dalla Jugoslavia nel 1991) si è spinta ad affermare, sull’onda della militarizzazione strisciante della Germania e dell’Ue, che “anche nella regione balcanica è in corso un braccio di ferro con la Russia, e dunque non vi è solo la questione dell’Ucraina, ma anche quella, nei confronti di Mosca, della Serbia e dei Balcani occidentali”. Dall’Ucraina ai Balcani: la volontà di potenza tedesca e, assieme con essa, l’Ue, germanizzata e con un solo esercito, torna a dirigersi contro la Russia?

La natura imperialista di un possibile, temporalmente vicino esercito europeo, prende corpo dalla realtà: la lotta contro i BRICS si estende sul piano planetario. L’Ue, già, l’estende in Africa, continente dove i BRICS stanno rafforzando la loro azione positiva ed emancipatrice nei confronti di stati e popoli. In un recente, lungo, incontro con il ministro degli esteri francese, Laurent Fabius, il ministro degli esteri tedesco, Stenmeier, ha pubblicamente affermato: “Berlino è pronta a collaborare con Parigi nelle missioni militari in Mali e nella Repubblica Centro Africana. L’Europa non può lasciare la Francia da sola”. E in un’intervista alla Suddeutsche Zeitung la ministra Von der Leyen, sull’argomento “Africa” è stata ancora più chiara: “Non è la Germania che ha interessi in Africa. E’ l’intera Ue. E in Africa occorre intervenire”. Peraltro, ad ulteriore dimostrazione del carattere neo imperialista della politica Ue, ad ulteriore dimostrazione del suo ruolo anti BRICS, è stato lo stesso presidente del comitato militare dell’Ue, il generale belga Patrick De Rousiers, ad affermare in modo inequivocabile: “L’Ue si è impegnata nel Corno d’Africa sin dal 2008, e ancor più forte, oggi, è il nostro impegno nei territori africani”.

L’Ue è già impegnata, prima ancora di aver costruito l’E.E., in quattro missioni militari esterne al proprio territorio: in Bosnia (dal 2004), in Mali (dal 2013), in Somalia (dal 2010), nella Repubblica Centro Africana (dal 2014). La chiara scelta di campo dell’Ue a favore del golpe nazi fascista e filo americano a Kiev, la propensione antirussa e la battaglia militare già ampiamente estesa in Africa per politiche neocolonialiste e in opposizione ai BRICS: tutto parla chiaramente della politica neo imperialista dell’Ue germanizzata. E qualcuno, ancora, è serenamente d’accordo con l’Esercito Europeo?

E il governo italiano? Grave, quanto surreale, nel suo sgangherato approccio “culturale” al problema, fu l’intervista concessa dalla ministra Pinotti al Quotidiano Nazionale, nel giugno 2014: “Le due cose di cui abbiamo più bisogno adesso sono indubbiamente la crescita ma anche far vivere agli europei degli elementi di identità. Da tanto tempo si dice che la politica estera e di difesa potrebbe essere il passaggio successivo. E io credo che questo sia il momento”.

L’esercito europeo, quindi, come perno di un nuovo collante ideale sovranazionale. Più o meno come la guerra per i futuristi...

D’altra parte, il “renzismo” è davvero molto più pericoloso di ciò che possa apparire.

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