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02/12/2016

Quel vento contagioso generato da Cuba

Avevo una decina d'anni, quando per la prima volta, vidi in televisione quell'immagine iconica, quella foto di Korda, quella stampata su milioni di magliette, l'immagine del "Che".

Ancora non lo conoscevo, non avevo idea di chi fosse e cosa rappresentasse, ricordo solo degli indizi, nella trasmissione si parlava di Cuba, di Fidel, e di questo eroe romantico, il "Che", appunto.

Per un ragazzino di provincia, senza internet, senza biblioteche pubbliche e isolato per la maggior parte del suo tempo in una frazione, lontana dal, pur sempre piccolo, centro del paese, era difficile avere informazioni in più, era difficile sapere chi fosse quel Guevara, che aveva fatto una rivoluzione.

Quell'immagine l'ho poi ritrovata in ordine: disegnata, neanche in maniera troppo precisa, su un vialetto del paese, su un muro, associata ad una falce con un martello che si incrociano, e poi dal sindacalista di mia madre.

Nell'ufficio del suddetto sindacalista, c'era questo quadretto, con l'immagine del "Che", appunto, ed una poesia che recita più o meno così:
"I deboli non lottano.

I meno deboli lottano forse un’ora;

quelli che sono forti lottano per molti anni,

ma i più forti lottano per tutta la vita.

Costoro sono imprescindibili."
...le parole dovrebbero essere di B. Brecht.

Quell'immagine e quello scritto, posso affermare con certezza, segnarono la mia esistenza, la curiosità di quel ragazzino, che ignorava l'esistenza della parola imprescindibile e di quel guerrigliero con la barba ed il basco, mi portarono a fare delle ricerche.

Con difficoltà riuscii un giorno ad andare in una libreria, in un paese vicino, a superare la timidezza (pensavo fosse una cosa sconcia) e chiedere alla signora della libreria se avesse qualche libro sul "Che" o almeno pensavo così si chiamasse.

La signora mi disse di avere solo un libro, un grande volume, di foto e scritti, sulla vita di Che Guevara (ora almeno ero convinto si chiamasse davvero così), me lo mostrò, ma il prezzo era davvero troppo alto, 35 mila lire.

Non mi scoraggiai, volevo sapere qualcosa in più su questi guerriglieri; pensai se qualcuno l’ha disegnato su un muro, qualcuno saprà chi è, magari mi potrà raccontare quella storia. Qualche notizia, molto vaga, mi arrivò da qualche cugino più grande di me.

Chiesi a mio padre di regalarmi la famosa maglietta con le effige del rivoluzionario argentino, ma a Viggianello, non le vendono, tuttavia, lui chiese ad una professoressa d’arte, di disegnarlo lei, sulla maglietta. Ero felice, e quando la professoressa (morta qualche anno fa) telefonò a casa per dire che la maglietta era pronta, era tardo pomeriggio, l’andai a prendere con i miei la sera stessa, la prof. me la consegnò come una reliquia, la fece lei, non era in serie, era fatta artigianalmente solo per me, insieme alla t-shirt mi regalò anche un libro, uno di quelli che davano insieme a L’Unità (prima che diventasse ancora di più un giornale di servi) su quel libro c’era per somme linee, ma già abbastanza per i miei ormai 12 anni, la storia della rivoluzione cubana e di Guevara.

Indossai la maglietta e divorai quel libro come non avevo mai fatto con i testi scolastici.

Capii subito che quegli uomini partiti dal Messico in un’ottantina, e che in un anno cambiarono le sorti di un’isola intera e anche a tratti del mondo, erano degli imprescindibili. Capii il significato di quella parola: da cui non si può prescindere, di cui si deve assolutamente tener conto.

Il primo giorno di liceo, indossavo quella maglia, quell’immagine, come a dire subito, “si vabbè, ma io sono cubano e comunista”, come se per puro caso fossi nato in Basilicata, come se per puro caso non fossi stato anche io su quella barca, su quella sierra. Da quel giorno in poi, il mio soprannome divenne “Cheguevara”, tutto attaccato, o dopo un po’ semplicemente “Che”. Anche i prof. soprattutto quelli più odiati, mi chiamavano così, loro lo facevano in maniera dispregiativa, ma io ero orgoglioso e fiero.

Capii, però, che per essere un rivoluzionario, per dirsi comunista, non basta un’immagine stampata addosso, decisi di riporre la maglietta nell’armadio, di studiare e di formarmi politicamente, da buon marxista, come fecero sulla sierra i guerriglieri che si formavano e combattevano per fare la rivoluzione.

Mi iscrissi a Rifondazione (ero in buona fede), ne uscii abbastanza presto, iniziai ad essere presente nelle lotte, in tutte le lotte che potevo, dall’ambiente, alla scuola, a quella contro la guerra, quelle per il lavoro, poi la solidarietà internazionalista ecc. ed il desiderio di visitare l’Isla Grande cresceva, volevo toccare con mano il sogno rivoluzionario.

Finalmente, riuscii a visitare Cuba la prima volta, e le informazioni diffuse dai media occidentali, sull’assenza di libertà di espressione, sulla repressione degli oppositori, sull’odio per i gay, sulla povertà diffusa, erano balle, solo balle!

Cuba 4 anni fa, non era il paradiso, non lo è ora, a Cuba molti e molte svendono se stessi per qualche dollaro in più portato dai gringos occidentali, sul cibo non c’è molta scelta, l’abbigliamento non è certo di alta moda, per spostarsi da un punto all’altro del Paese ci vogliono molte ore e sono pure poche le strade e spesso dissestate, la puzza di cherosene invade le città, soprattutto l’Havana e Santiago, le fognature non sono proprio le migliori al mondo. E si, negli anni '90, nel periodo especial, non si trovava molto da mangiare o da vestire nelle tiendas, e sono molti i cubani fuggiti, ed è vero, la rivoluzione ha fatto molti morti, molti prigionieri, molti infami trucidati, molti padroni fucilati, molti borghesi in carcere.

Ma Cuba, dal 1 gennaio del 1959, è un’isola ribelle, che non s’è piegata allo strapotere statunitense, a 50 anni di embargo economico, di attentati e dei tentativi più beceri per piegare i cubani da parte degli yankee.

La rivoluzione ha portato con sé la libertà per milioni di uomini e donne, che erano ancora in schiavitù, ha prodotto meccanismi di controllo popolare del potere avanzatissimi, ha garantito a tutte e tutti, la formazione e l’istruzione gratuita a tutti i livelli, anche quelli più alti. Istruzione gratuita significa che nessuno, deve fare a botte per un posto in uno studentato, spendere migliaia di euro o dollari per tasse e testi, per tirocini o stage, la scuola a Cuba è gratuita davvero.

Gratuita e garantita a tutte e tutti è anche l’eccellenza cubana, la sanità. I medici e gli infermieri, se abiti in una casetta sperduta sulla sierra, vengono a curarti e a visitarti tutti i mesi a casa (anche i maestri in caso di impossibilità a muoversi vanno a domicilio), a l’Havana c’è un intero plesso ospedaliero per ogni reparto.

Il cinema cubano è all’avanguardia, la letteratura anche, se fai sport e sei bravo ti permettono di farlo ai massimi livelli senza spendere nulla di tasca propria, producono i migliori sigari ed il miglior ron al mondo.

Soprattutto, come disse Fidel in un suo discorso, ogni anno 80.000 bambini muoiono vittime di malattie evitabili, milioni muoiono di fame, e questa notte 200 milioni di bambini nel mondo dormiranno per strada. Nessuno di loro è cubano!

Se tanto mi da tanto, aver eliminato qualche borghese ha prodotto risultati incredibili per un’isola, eliminando la borghesia ed i suoi servi in assoluto, immagino si possa cancellare la fame e la miseria nel mondo intero.

Ad ogni modo, la militanza in un partito che di comunista aveva giusto il nome, i congressi, le correnti, e gli inter-gruppi, i collettivi, i tentativi di rilanciare un’organizzazione, le tante lotte perse, le contraddizioni presenti in ogni lotta che si porta avanti, lo sfruttamento esasperante del mondo del lavoro, i momenti di povertà, la rabbia, le delusioni, i compagni che si trasformano in altro, quelli che semplicemente non ce la fanno, e quelli che non ci sono più.

Tutto il male dell’imperialismo e del capitale, e tutto il resto, non hanno menomato la mia convinzione.

Credo ancora in e lotto ancora per un mondo di compagni e compagne, di uomini e donne non più divisi in classi, senza uno sfruttatore, senza l’arroganza di chi ha tutto e chiede sempre di più.

Questa convinzione e questa propensione alla lotta rivoluzionaria, vive ancora in me, anche grazie all’esempio di Cuba, del “Che” e del comandante en jefe Fidel.

Lui, sì, ha lottato una vita intera, non è stato semplicemente forte, non è stato semplicemente bravo, è stato, e lo sarà anche ora che non è più in vita, IMPRESCINDIBILE!

Viva la revoluciòn! Viva Cuba y viva Fidel!!!

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