Nell’audizione dei sindacati di base alla Camera dei Deputati di ieri 15 marzo davanti alle Commissioni riunite Trasporti, Attività produttive e Lavoro, USB Telecomunicazioni ha ribadito nel suo intervento che la vertenza TIM non è una semplice vertenza sindacale ma riveste un carattere molto “istituzionale” ed ha interrogato la Politica sul destino di TIM e di tutto il comparto delle Telecomunicazioni, da tutti definito strategico ma che fino ad oggi ha visto solo interventi tampone, attraverso l’elargizione di ammortizzatori sociali senza un progetto a medio e lungo termine di sviluppo del settore.
I lavoratori sono gli unici che pagano il duro prezzo di conservazione dei profitti aziendali, attraverso un costante abbassamento dei salari e dei diritti.
Gli stessi lavoratori che rappresentano invece la parte più avanzata delle conoscenze del Paese, essendo il settore caratterizzato dalla convergenza di molte competenze: informatica, contenuti internet, contenuti televisivi, apparati tecnologici avanzati.
Abbiamo quindi posto ai membri della commissione due semplici domande.
Fino ad oggi la Politica, muta spettatrice, ha concesso a TIM di mantenere per troppo tempo la propria redditività solo attraverso gli ammortizzatori sociali, cioè attraverso una redistribuzione collettiva delle perdite, senza alcun intervento strategico di lungo respiro. La doppia natura di azienda privata che mira al ritorno degli investimenti non può essere separata dalla responsabilità del suo carattere sociale e pubblico nel settore delle TLC. Appare quindi per noi grave che l’azienda non sostenga né economicamente né strategicamente lo sviluppo della rete a larga banda, soprattutto nelle zone cosiddette “a bassa redditività di mercato”, rendendosi – volente o nolente – complice di un disegno più ampio di emarginazione delle periferie del Paese, già martoriate in tutti i servizi essenziali. Davvero il Parlamento della Repubblica pensa che questo sia un problema che non lo riguardi?
come mai la scalata di Vivendi a TIM, primo gruppo delle TLC ,non ha destato invece lo stesso clamore mediatico e politico della guerra finanziaria tra Mediaset e Vivendi? Forse per un problema di equilibri che prescindevano dai piani industriali e dagli interessi collettivi? A questo proposito abbiamo ricordato la stessa distrazione del governo anche nella precedente occasione della scalata di Telefonica a TIM.
Difenderemo con tutti gli strumenti necessari i lavoratori – conclude USB Telecomunicazioni – che rappresentano il vero patrimonio rimasto di questa azienda, martoriata prima da una sciagurata privatizzazione e poi dall'incapacità manageriale susseguitasi negli anni. L’unica soluzione è solo la sua ri-nazionalizzazione, nell’interesse di tutti. Nelle prossime ore daremo un ulteriore calendario di assemblee e mobilitazioni per le prossime settimane.
Nel pochissimo tempo a disposizione non ci è stato possibile porre all’attenzione altre problematiche, di cui abbiamo lasciato traccia ai nostri interlocutori e che potete trovare in allegato. Il presidente della commissione lavoro si è impegnato per una successiva convocazione.
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