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11/05/2017

Siria. Sulle armi ai curdi è scontro tra Usa e Turchia

Sulle forniture di armamenti statunitensi ai curdi, c’è ancora tensione tra Turchia e Casa Bianca. Nonostante il capo del Pentagono Jim Mattis si sia detto fiducioso che gli Usa riusciranno a chiarire i dubbi della Turchia in merito alla decisione di armare i combattenti curdi siriani, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha chiesto ieri agli Stati Uniti di cambiare “immediatamente” la loro decisione di fornire armi ai curdi.

Parlando in una conferenza stampa in Lituania, Mattis aveva dichiarato che “Lavoreremo molto da vicino con la Turchia per la sua sicurezza lungo la sua frontiera meridionale”. “Abbiamo discussioni aperte su delle opzioni e lavoreremo insieme, chiariremo oggi tutti i dubbi. Non sono affatto preoccupato per la Nato e le relazioni fra le nostre nazioni”, ha il segretario alla Difesa statunitense.

Il Pentagono aveva annunciato martedì scorso che il presidente americano Donald Trump ha autorizzato un piano per armare le milizie curde siriane affinché possano partecipare alla riconquista di Raqqa, la capitale siriana de facto dell’Isis. La reazione della Turchia non si era però fatta attendere: Ankara ha bollato come “inaccettabile” l’annuncio degli Stati Uniti sulla fornitura di armi e apparecchiature militari ai combattenti curdi dell’Ypg che fronteggiano i jihadisti dello Stato Islamico in Siria.

Le Unità di protezione popolare (Ypg) vengono attualmente considerate da Washington come il migliore alleato contro i jihadisti in Siria, ma Ankara al contrario le considera un’organizzazione terroristica vicina al Pkk e in un paio di occasioni non ha esitato a bombardare le postazioni delle Ypg impegnate contro i jihadisti di Daesh in Siria. “La decisione statunitense di armare le Ypg è importante e affretta la sconfitta del terrorismo”, ha dichiarato alla France Presse un portavoce del SDF (Forze Democratiche Siriane di cui fanno parte le Ypg).

Si segnala nel frattempo una certa “stizza” di alcuni stati aderenti alla Nato in sede di Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite riguardo al progetto di risoluzione presentato dalla Russia sulle “zone sicure” in Siria. Il testo di Mosca “chiede a tutti gli Stati membri di contribuire in buona fede all’attuazione dell’accordo sulla creazione di zone sicure” in Siria. Il portavoce della delegazione russa all’Onu, Fiodor Strjijovski, ha confermato due giorni fa che “il progetto di risoluzione è stato depositato”. L’agenzia Interfax, citando una fonte all’Onu, ha indicato che un “voto sul progetto di risoluzione potrebbe avere luogo questa settimana”. Ma per i diplomatici occidentali sarebbe prematuro sostenere l’accordo raggiunto ad Astana tra alcuni settori dell’opposizione siriana con il governo di Assad. L’accordo è entrato in vigore sabato scorso, e prevede la creazione di quattro “zone sicure” in Siria, assieme a quattro “zone di sicurezza” con posti di controllo e centri di sorveglianza tenuti da forze di paesi garanti. Russia, Iran e Turchia – che hanno messo a punto l’intesa – si sono dati tempo fino al 4 giugno per determinare le frontiere esatte di queste zone.

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