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18/05/2017

Elezioni in Iran. Intervista ad Alberto Negri

Domani in Iran si vota il nuovo presidente. Un paese chiave negli equilibri mediorientali, il punto di riferimento della galassia sciita nell’universo islamico. Radio Città Aperta ha intervistato Alberto Negri, storico inviato de IlSole24Ore, tra i massimi conoscitori di un mondo di cui, troppo spesso, si parla solo per slogan, senza alcuna informazione vera.

Ringraziamo Alberto Negri per la sua disponibilità. Buongiorno Alberto.

Buongiorno a tutti voi.

La situazione dell’Iran, le sue dinamiche interne, l'importanza di uno o dell'altro candidato, le problematiche sociali importanti che vive in questo momento e, naturalmente, gli effetti di quanto avverrà domani nello scacchiere internazionale... Quanto possono decidere queste elezioni?

Le elezioni di domani in Iran sono molto importanti perché vedono un testa a testa tra il presidente uscente, Rohani e il suo competitore più importante che è Raisi. Raisi è rimasto praticamente da solo, perché in pratica c'è stato il ritiro di Qalibaf, un sostenitore del fronte conservatore che ha dato indicazione ai suoi di votare per Raisi. C'è stato anche il ritiro di un altro candidato del fronte ultraconservatore... Quindi, in poche parole, i conservatori si sono compattati nel sostegno a questo candidato – Raisi – che può essere favorito nella partita con Rohani. Ricordiamo che in tutte le elezioni iraniane presidenziali il presidente uscente è sempre stato riconfermato per altri quattro anni; quindi se Rohani venisse sconfitto sarebbe, ovviamente, un evento quasi storico per la repubblica islamica iraniana. Quali sono le tematiche? Sono soprattutto quelle economiche, nel senso che Rohani è stato l'autore dell'apertura del famoso accordo sul nucleare stipulato con gli Stati Uniti, quello del del 5+1; un accordo che ovviamente è stato letto come un'apertura verso l'esterno della repubblica islamica, che avrebbe dovuto portare alla cancellazione di tutte le sanzioni. In realtà solo alcune di queste, molto importanti, sono state cancellate; per esempio sull'esportazione di petrolio. Ma altre, come quelle bancarie e finanziarie, sono rimaste. A Rohani il fronte dei conservatori rimprovera di essersi concentrato su questo accordo e di aver fatto promesse di sviluppo economico, di investimenti dall'estero, ecc, che si sono realizzate soltanto in parte. Nel frattempo, la situazione economica quotidiana della media degli iraniani, e soprattutto quella delle classi meno favorite, è peggiorata. Quindi è su queste tematiche che il fronte conservatore cerca in qualche modo di tallonare il presidente uscente.

Riguardo invece all'alleanza che Trump sta tentando di stringere con gli stati arabi, le petromonarchie, e che prevede anche Israele... Può influenzare il futuro della teocrazia e della presidenza, eventualmente, di Raisi?

Partendo dalle notizie, quella più importante è sicuramente di questa notte. La Casa Bianca ha detto che rispetterà l'accordo sul nucleare. Questo significa che non verranno messe a breve altre sanzioni. Ricordiamoci che Trump, durante la campagna elettorale, aveva praticamente definito questo il peggior accordo mai sottoscritto nella storia degli Stati Uniti. Quindi la revisione dell'intesa sul nucleare poteva portare subito un danno evidente, diretto, al candidato Rohani, che su questo ha centrato la sua politica estera interna negli ultimi quattro anni. Già questo fatto è un fatto da recepire in maniera positiva per Rohani. Poi, su quello che tu dicevi, sul fatto che gli Stati Uniti stanno cercando di portare alla luce questa alleanza tra il fronte arabo conservatore delle petromonarchie e dell'Arabia Saudita e Israele, è evidente che a questo sono legati, ad esempio, anche i tentativi di resuscitare un negoziato Israele-Palestinese, per legittimare poi questa alleanza. Che ha due obiettivi: una in funzione anti califfato e l'altra, soprattutto, in funzione di contenimento della Repubblica islamica iraniana. Questo quadro comunque non muta quelli che sono i dati di cui sono ben consapevoli nella leadership iraniana, sia moderata che più conservatrice. La realtà dei fatti la conoscono tutti e la sappiamo tutti molto bene. Gli Stati Uniti contano da sempre su due pilastri della loro politica estera per la regione mediorientale. Questi due pilastri sono l'Arabia Saudita e Israele, cui si aggiunge anche la Turchia, paese membro della Nato che ormai fa il pendolo tra oriente e occidente. L'Iran si è sempre sottratto a tutte le imposizioni occidentali, ha subìto sanzioni... Il fronte occidentale americano, gli alleati arabi e Israele vedono l'Iran come un elemento destabilizzatore della regione. Se poi però andiamo a vedere la realtà dei fatti, i veri destabilizzatori sono loro, non gli iraniani. Perché l'Iran non ha mai portato guerra a nessuno, non ha mai aperto un fronte di conflitto per primo. L'Iran vive conflitti in cui si trova coinvolto, ma sono quelli che sono stati aperti proprio dal fronte occidentale o dal fronte sunnita: la guerra Iran-Iraq, la stessa guerra del 2003 che poi ha portato – contro Saddam – ad un governo sciita a Bagdad; e poi la guerra in Siria, che era una guerra contro Assad, ma in realtà è una guerra per procura contro il suo maggiore alleato, l'Iran. Insomma, in poche parole, questa è la vicenda. Gli Stati Uniti e i loro alleati della regione non vogliono cambiare politica. L'Iran deve apparire come il nemico irriducibile contro cui fare le sanzioni; contro cui, probabilmente, fare una politica di contenimento che non esclude, peraltro, l'avvio di nuovi conflitti nella regione.

In quest'ottica c'è un candidato preferito per Trump, per l'amministrazione statunitense? Con la vittoria di un conservatore questa narrazione dell'Iran sarebbe più semplice?

Sì, anche se poi abbiamo visto che la decisione presa stanotte dalla Casa Bianca – lasciare immutato l'accordo sul nucleare – in realtà dovrebbe favorire Rohani. Il quale, come dicevo prima, ha puntato tutto su questa intesa. Diciamo che il candidato conservatore dà ragione in qualche modo all'ala dei falchi; non solo a quelli iraniani, ma anche ai falchi dell'ala repubblicana degli Stati Uniti. Quindi, in qualche modo, l’elezione di un falco favorirebbe poi una politica ancora più dura, ancora più stringente, nei confronti della repubblica islamica iraniana.

Due brevi domande in chiusura, Alberto. Uno o l'altro, nel caso di vittoria, cosa cambierebbe nel ruolo dell'Iran nella guerra in Siria? Ci sono delle differenze di vedute rilevabili?

Direi che in realtà non credo cambierebbe molto, perché la politica estera di un paese prima di tutto cambia con maggiore lentezza di quanto non cambino i governi. Poi, innanzitutto, la politica estera, nel quadro di difesa dell'Iran, non viene fatta dal governo perché il presidente è capo del governo, che è una sorta di primo ministro; mentre la politica estera viene fatta dalla guida suprema e dai pasdaran, dall'ala militare del regime. Non credo che costoro cambieranno di molto la loro politica estera in Siria e di appoggio agli hezbollah libanesi. Questo credo che assolutamente non dovrebbe cambiare, né che sia confermato Rohani o che venga eletto Raisi, il suo concorrente.

Cosa potrebbe ricavare, tra virgolette, la Palestina da questa elezione?

Se noi guardiamo quello che è accaduto negli ultimi decenni in Medioriente, si può dire soltanto che tutte le guerre, i conflitti, le rivolte mediorientali, hanno praticamente fatto passare in secondo piano la questione israelo-palestinese. Tanto è vero che i negoziati sono stati seppelliti e mai più ripresi. In realtà non credo che potrebbe avere molti riflessi nell'immediato. La questione palestinese invece potrebbe venire resuscitata, come dicevo prima, da Trump in maniera puramente strumentale. “Riprendiamo dei negoziati con i palestinesi, ovviamente con quelli della west bank, della Cisgiordania, così poi possiamo giustificare questa alleanza tra Israele e l'Arabia Saudita che poi metterà la pietra tombale su qualunque sviluppo civile di questa regione”...

Alberto, grazie per la tua esauriente spiegazione e approfondimento. Buon lavoro e grazie della tua disponibilità.

Grazie a voi buona giornata.

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