di Chiara Cruciati
La firma è quella del
ministro degli Affari Strategici israeliano, Gilad Erdan. La mente è il
governo Netanyahu, protagonista di una stretta durissima, ormai iniziata
da tempo, nei confronti di individui e associazioni legati al movimento
Bds, Boicottaggio Disinvestimento e Sanzioni, in tutto il mondo.
Ieri il ministro ha reso pubblica la lista nera, venti
organizzazioni i cui membri saranno banditi da Israele e, di
conseguenza, dai Territori Palestinesi Occupati, raggiungibili solo
attraverso confini controllati da Tel Aviv: le associazioni
statunitensi Afsc (American Friends Service Committee), Amp (American
Muslims for Palestine), Code Pink, Jvp (Jewish Voice for Peace), Nsjp
(National Students for Justice in Palestine), Uscpr (US Campaign for
Palestinian Rights); le europee Afps (Association France Palestine
Solidarité), Bds France, Bds Italia, Eccp (The European Coordination of
Committees and Associations for Palestine), Foa (Friends of al-Aqsa),
Ipsc (Ireland Palestine Solidarity Campaign), Norge Palestinakomitee
(The Palestine Committee of Norway), Pgs Palestinagrupperna i Sverige
(Palestine Solidarity Association in Sweden), Psc (Palestine Solidarity
Campaign), War on Want, Bds Kampagne; il Bds Cile; il Bds Sudafrica e
il Bnc, il Bds National Committee, fulcro della chiamata al boicottaggio
nel 2005.
Il blocco agli ingressi inizierà il primo marzo e, come si
può leggere dalla lista, comprende anche voci storiche della solidarietà
al popolo palestinese e associazioni ebraiche. Come Jewish Voice for
Peace, con le sue 70 filiali e 15mila membri. E poi le
femministe di Code Pink e i quaccheri di Asfc. Infine, i gruppi Bds di
mezza Europa.
La nuova misura segue ad anni di svolta nell’approccio israeliano al Bds: inizialmente
considerato poco pericoloso, un fastidio ma nulla di più, da tempo Tel
Aviv investe milioni di dollari in contro-narrazione nel tentativo di
ripulire l’immagine israeliana all’estero seriamente intaccata dalle
champagne del Bds. Ma soprattutto va all’attacco, con leggi ad hoc
dirette a colpire le organizzazioni che promuovono il boicottaggio, sia
in casa – dove la chiamata al boicottaggio è vietata e punita con multe
e mancati finanziamenti – che all’estero.
“Le organizzazioni di boicottaggio hanno bisogno di sapere che lo
Stato di Israele agirà contro di loro e non permetterà loro di entrare
nel suo territorio per danneggiare i suoi cittadini – ha detto il
ministro Erdan – Siamo passati dalla difesa all’offesa”.
Sentita da Nena News, la “filiale” italiana del Bds parla di “lista di proscrizione”:
“La pubblicazione di questa lista è parte di una crescente campagna di
intimidazione e di repressione contro il movimento internazionale Bds da parte di Israele che ha investito 50 milioni di dollari per attività
anti-Bds, anche illegali, in tutto il mondo – ci dicono da Bds Italia
– Impedire l’ingresso agli attivisti dei movimenti dei diritti umani
non è una novità della politica del governo israeliano, che la persegue
da anni in modo arbitrario o contro ogni regola internazionale. Con
questa lista di proscrizione, Israele rende solo più esplicito ed
evidente il regime di discriminazione in base alle idee politiche e
aumenta il livello di repressione, applicata in primis contro i
palestinesi e ora contro chi sostiene i diritti umani dei palestinesi
tramite il movimento nonviolento del Bds”.
Anche le altre organizzazioni coinvolte reagiscono: “Si tratta del
tentativo disperato di far tacere un movimento crescente che svela le
responsabilità di Israele nel sistematico abuso dei diritti palestinesi e
le persistenti violazioni del diritto internazionale”, dice il
direttore esecutivo di War on Want, Asad Rehman, che invita il governo
britannico a condannare l’attacco a difensori di diritti umani. “La
lista nera dimostra chiaramente quanto Israele voglia soffocare le
legittime voci di dissenso – aggiunge Ismail Patel, di Friends of al
Aqsa – Invece che cambiare le disastrose politiche di occupazione,
Israele si occupa di campagne di abuso contro chiunque osi criticare il
suo disumano trattamento dei palestinesi”.
Parla di mossa che non sorprende Rebecca Vilkomerson,
direttrice di Jewish Voice for Peace: “Non ci faremmo bullizzare da
questi tentativi di punirci per una posizione politica di principio che
vede aumentare il numero di sostenitori ebrei e non ebrei in tutto il
mondo”.
In realtà politiche di espulsione di persone legate al Bds erano già
in atto: nel corso dell’ultimo anno numerosi attivisti sono stati
bloccati all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv. Tra loro Isabel Phiri,
membro del World Council of Churches. È di marzo dello scorso anno la
legge che autorizza le autorità di confine a bloccare l’ingresso nel
paese di persone che promuovono il boicottaggio dello Stato di Israele.
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