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08/01/2018

La lista nera di Israele contro il boicottaggio, c'è anche BDS Italia

di Chiara Cruciati

La firma è quella del ministro degli Affari Strategici israeliano, Gilad Erdan. La mente è il governo Netanyahu, protagonista di una stretta durissima, ormai iniziata da tempo, nei confronti di individui e associazioni legati al movimento Bds, Boicottaggio Disinvestimento e Sanzioni, in tutto il mondo.

Ieri il ministro ha reso pubblica la lista nera, venti organizzazioni i cui membri saranno banditi da Israele e, di conseguenza, dai Territori Palestinesi Occupati, raggiungibili solo attraverso confini controllati da Tel Aviv: le associazioni statunitensi Afsc (American Friends Service Committee), Amp (American Muslims for Palestine), Code Pink, Jvp (Jewish Voice for Peace), Nsjp (National Students for Justice in Palestine), Uscpr (US Campaign for Palestinian Rights); le europee Afps (Association France Palestine Solidarité), Bds France, Bds Italia, Eccp (The European Coordination of Committees and Associations for Palestine), Foa (Friends of al-Aqsa), Ipsc (Ireland Palestine Solidarity Campaign), Norge Palestinakomitee (The Palestine Committee of Norway), Pgs Palestinagrupperna i Sverige (Palestine Solidarity Association in Sweden), Psc (Palestine Solidarity Campaign),  War on Want, Bds Kampagne; il Bds Cile; il Bds Sudafrica e il Bnc, il Bds National Committee, fulcro della chiamata al boicottaggio nel 2005.

Il blocco agli ingressi inizierà il primo marzo e, come si può leggere dalla lista, comprende anche voci storiche della solidarietà al popolo palestinese e associazioni ebraiche. Come Jewish Voice for Peace, con le sue 70 filiali e 15mila membri. E poi le femministe di Code Pink e i quaccheri di Asfc. Infine, i gruppi Bds di mezza Europa.

La nuova misura segue ad anni di svolta nell’approccio israeliano al Bds: inizialmente considerato poco pericoloso, un fastidio ma nulla di più, da tempo Tel Aviv investe milioni di dollari in contro-narrazione nel tentativo di ripulire l’immagine israeliana all’estero seriamente intaccata dalle champagne del Bds. Ma soprattutto va all’attacco, con leggi ad hoc dirette a colpire le organizzazioni che promuovono il boicottaggio, sia in casa – dove la chiamata al boicottaggio è vietata e punita con multe e mancati finanziamenti – che all’estero.

“Le organizzazioni di boicottaggio hanno bisogno di sapere che lo Stato di Israele agirà contro di loro e non permetterà loro di entrare nel suo territorio per danneggiare i suoi cittadini – ha detto il ministro Erdan – Siamo passati dalla difesa all’offesa”.

Sentita da Nena News, la “filiale” italiana del Bds parla di “lista di proscrizione”: “La pubblicazione di questa lista è parte di una crescente campagna di intimidazione e di repressione contro il movimento internazionale Bds  da parte di Israele che ha investito 50 milioni di dollari per attività anti-Bds, anche illegali, in tutto il mondo – ci dicono da Bds Italia – Impedire l’ingresso agli attivisti dei movimenti dei diritti umani non è una novità della politica del governo israeliano, che la persegue da anni in modo arbitrario o contro ogni regola internazionale. Con questa lista di proscrizione, Israele rende solo più esplicito ed evidente il regime di discriminazione in base alle idee politiche e aumenta il livello di repressione, applicata in primis contro i palestinesi e ora contro chi sostiene i diritti umani dei palestinesi tramite il movimento nonviolento del Bds”.

Anche le altre organizzazioni coinvolte reagiscono: “Si tratta del tentativo disperato di far tacere un movimento crescente che svela le responsabilità di Israele nel sistematico abuso dei diritti palestinesi e le persistenti violazioni del diritto internazionale”, dice il direttore esecutivo di War on Want, Asad Rehman, che invita il governo britannico a condannare l’attacco a difensori di diritti umani. “La lista nera dimostra chiaramente quanto Israele voglia soffocare le legittime voci di dissenso – aggiunge Ismail Patel, di Friends of al Aqsa – Invece che cambiare le disastrose politiche di occupazione, Israele si occupa di campagne di abuso contro chiunque osi criticare il suo disumano trattamento dei palestinesi”.

Parla di mossa che non sorprende Rebecca Vilkomerson, direttrice di Jewish Voice for Peace: “Non ci faremmo bullizzare da questi tentativi di punirci per una posizione politica di principio che vede aumentare il numero di sostenitori ebrei e non ebrei in tutto il mondo”.

In realtà politiche di espulsione di persone legate al Bds erano già in atto: nel corso dell’ultimo anno numerosi attivisti sono stati bloccati all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv. Tra loro Isabel Phiri, membro del World Council of Churches. È di marzo dello scorso anno la legge che autorizza le autorità di confine a bloccare l’ingresso nel paese di persone che promuovono il boicottaggio dello Stato di Israele.

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