Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

08/01/2018

Potere al popolo. Oltre il carcere, l’ergastolo, il 41bis, la tortura e tutte le istituzioni totali

Probabilmente, molti “compagni” che in queste ore si stanno scagliando con cieco furore contro l’articolo 15 del programma di “Potere al popolo” (realizzato dopo un mese di assemblee territoriali), non sanno di cosa parlano.

L’articolo 41 bis ha una storia lunga e discende dall’art. 90 della legge di riforma dell’ordinamento penitenziario n. 354 del 1975, altrimenti conosciuta come “Legge Gozzini”. Quella norma aveva fini esclusivamente politici e doveva servire a reprimere le proteste per le pesanti condizioni nelle carceri italiane. Le quali, nel corso degli anni settanta, si erano spesso trasformate in rivolte interne. La norma prevedeva infatti che il ministro di Grazia e Giustizia avesse facoltà di sospendere le regole di trattamento e gli istituti previsti dalla legge nell’ordinamento penitenziario, in uno o più stabilimenti e per un periodo determinato per “motivi di ordine e sicurezza”. Una norma che fu usata anche per legittimare efferate forme di tortura finalizzate ad estorcere informazioni ritenute utili, spingere alla delazione i detenuti politici e piegare quelli più combattivi e/o meno ligi alla dura disciplina carceraria dell’epoca.

L’introduzione del regime speciale per i mafiosi ad opera dell’art.19 del decreto 306/1992 avvenne all’indomani della strage di via D’Amelio ed il decreto venne convertito nella legge 356 introducendo l’ art. 41 bis. Il nuovo regime speciale consisteva nella sospensione, in tutto o in parte, delle normali regole di trattamento o degli istituti previsti dall’ordinamento penitenziario. Una norma “emergenziale”, dunque.

Ma siamo sicuri che ad un quarto di secolo di distanza dalle quelle orrende stragi, la mafia e le mafie funzionino come allora e che il 41bis sia servito a qualcosa? Di recente la stessa commissione parlamentare antimafia e diverse inchieste hanno rivelato uno scenario in cui, all’ombra di vecchie e nuove “emergenze”, il potere mafioso, in questi anni, in realtà, ha continuato ad estendersi sia geograficamente sia economicamente, ma soprattutto si è intrecciato in modo ancora più profondo con forze dell’ordine, politici, servizi segreti ed importantissime massonerie ottimamente inserite nei gangli vitali dello Stato.

Recentemente l’ONU ha sollevato dure critiche all’Italia sul regime di carcere duro del 41 bis e lo ha ritenuto, a tutti gli effetti, una forma di tortura. L’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario viene applicato per periodi molto lunghi anche a persone non condannate in via definitiva ed è ritenuto da molti giuristi incostituzionale. Si va di proroga in proroga ed i ricorsi dei detenuti, al vaglio esclusivo del Tribunale di sorveglianza di Roma, vengono sistematicamente ignorati con motivazioni copia-incolla del decreto precedente. Spesso non tengono neppure conto di fatti concreti che rendono il rapporto tra detenuto e associazione criminale esaurito da un pezzo e ciò in barba al fine dichiarato della legge stessa, cioè, spezzare il filo tra i capi detenuti in carcere e le cosche mafiose ed impedire che i loro ordini o i messaggi arrivino all’esterno.

Sapete cosa sono le famigerate “celle zero”? Sono celle completamente vuote, prive di mobili, letti e di qualsiasi oggetto, in cui i detenuti dormono sul pavimento ed in quello stesso spazio sono costretti a fare anche i propri bisogni fisiologici. Ricordo casi di detenuti per reati minori (tipo possesso di modiche quantità di droga) denudati, pestati a sangue, legati e trascinati come bestie nelle famigerate “celle zero”. Episodi analoghi hanno riguardato anche molti detenuti con problemi psichiatrici. Molti di questi detenuti si sono poi suicidati impiccandosi. Dall’inizio del 2009 ad oggi sono morte in carcere quasi 3.000 persone e 1/3 di queste per suicidio.

Quanto all’ergastolo, vi rispondo con le parole di Papa Francesco “L’ergastolo è una pena di morte nascosta”. Le pene devono sempre rispettare la dignità umana e mai diventare forme di tortura. L’ergastolo non risponde al bisogno di giustizia, ma a quello di vendetta e solo per soddisfare, in modo del tutto strumentale la reazione emotiva della “gente”.

L’ergastolo, poi, è anticostituzionale perché è contrario all’articolo 27 della nostra Costituzione che prevede che le pene debbano essere mirate alla riabilitazione. “Fine pena mai” vuol dire: essere condannati a morire in carcere ed essere privati di qualsiasi possibiltà di riscatto e di futuro. L’ergastolo è antiscientifico perché è ampiamente dimostrato che il cervello ha cellule staminali che possono colmare il vuoto lasciato dalle cellule cerebrali che scompaiono e può, pertanto, rinnovarsi alla stregua di qualsiasi altro organo. Dunque, una persona, dopo 20 anni può benissimo divenire una persona diversa rispetto al tempo in cui ha commesso un qualsiasi reato: si chiama cambiamento e, non a caso, risulta incomprensibile a coloro che ragionano per pre-giudizi.

Possibile che la vostra testa non riesca ad immaginare altro che carcere e torture per chi sbaglia? E se poi era innocente? Si, lo so, Totò Riina ha fatto sciogliere un bambino nell’acido ed io, personalmente, per questo, gli avrei sparato direttamente un colpo alla nuca. Ma poi? Pensate che con ciò si combatta davvero la mafia e le mafie? Colletti bianchi e massonerie mafiose se la ridono. Pensate davvero di costruire una nuova civiltà giuridica su questo? Pensate davvero di costruire una società diversa sulla legge del taglione? Sul carcere come unica forma di pena? Sulle torture? Sulle umiliazioni infinite? Sui metodi mafiosi di Stato?

Dal “non possiamo lasciare i temi della destra alle destre” al prepararsi a fare la fine di Minniti è un lampo, Crozza docet.

Fin tanto che la giustizia saprà essere solo forte con i deboli e debole con i forti, carceri e torture continueranno ad essere – con qualche rara eccezione – un privilegio concesso solo ai poveri disgraziati, agli ultimi, ai poveri, ai senza diritti. I forti, invece, si sa, prima o poi, in un modo o nell’altro, la tela del ragno se la mettono in tasca.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento