Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

14/02/2018

I paraculi del debito pubblico/2. A volte ritornano

Ad agosto di sei anni fa, scrivemmo un articolo che ha girato molto e dal titolo assai esplicativo: i paraculi del debito pubblico. Nell’articolo mettevamo sulla graticola undici economisti vicini all’istituto Astrid, tra cui Giuliano Amato e Franco Bassanini, che in un appello puntavano ad una riduzione drastica del debito pubblico attraverso il consueto piano di dismissioni, privatizzazioni e misure lacrime e sangue.

Adesso l’agenzia Ansa riporta che “Da oggi fino alla conclusione della campagna elettorale, un “contatore del debito pubblico” sarà presente sui Maxi-Led delle Stazioni di Milano Centrale, Roma Termini e Roma Tiburtina. Con 855 passaggi al giorno, l’Istituto Bruno Leoni di Torino prova in questo modo a ricordare ai passeggeri-elettori che “ogni promessa è debito”. “Da quando sei partito da Roma il debito pubblico è cresciuto di 115 milioni. Oltre 2.000 miliardi che pagherai anche tu. Pensaci. Ogni promessa è debito”, così recita l’annuncio, nel quale il “contatore del debito pubblico” scorre continuamente.

L’Istituto Bruno Leoni è un think thank ultraliberista che con questa mossa prova così a “ricordare che devi morire”. Anzi, morire prima e morire di debito. Ci corre dunque l’obbligo di incrociare nuovamente la spada con i nuovi paraculi del debito pubblico che si guardano bene dal dire agli ignavi passeggeri come stanno effettivamente le cose.

Negli ultimi 10 anni, ovvero nel periodo 2007-2016, sono stati pagati quasi 760 miliardi di euro (756,4 miliardi) di interessi sul debito, una cifra che corrisponde alla media del 4,8% del pil dell’arco di tempo considerato. Una somma enorme finita nelle tasche di banche, società assicurative, fondi di investimento italiani e stranieri che hanno speculato sul debito pubblico italiano, di fatto facendo sparire quello che fino ai primi anni ’90 era il “Bot people”, ossia i risparmi investiti di nonna Marietta o del sig. Alvaro in titoli di stato. Di fronte al peggioramento delle condizioni di vita, nonna Marietta e il sig. Alvaro, hanno dovuto dismettere i loro risparmi investiti in titoli perché hanno avuto bisogno di liquidità per tirare avanti, per aiutare i figli o i nipoti disoccupati, licenziati, rimasti senza casa.

Quasi un euro su venti di ricchezza prodotta ogni anno, quindi, in Italia se ne va per pagare i creditori ossia le banche e i fondi di investimento, una percentuale assai più elevata di quella che spende lo Stato per l’istruzione o la sanità.

Come tutti sanno, o dovrebbero sapere, l’Italia ha un avanzo primario di circa l’1,5% del suo pil (nel senso che le entrate sono superiori alle spese) ma non riesce ugualmente a frenare l’ascesa del debito pubblico, in quanto deve sborsare ogni anno qualcosa come almeno il 4% del pil solo per pagare gli interessi sui titoli di debito posseduti da banche e investitori privati.

Lo abbiamo detto, scritto e ribadito in questi anni, ed esattamente dal 2011, che il debito pubblico è impagabile e che va ripudiato, proprio a cominciare dagli interessi sul debito che arricchiscono solo banche e investitori finanziari e impoveriscono il paese.

I cartelloni fatti affiggere dagli ultraliberisti dell’Istituto Bruno Leoni nelle stazioni, sono una sanguinosa minaccia e una altrettanto sanguinosa menzogna che andrebbe tirata giù. Sarebbe una doverosa operazione verità contro i paraculi del debito pubblico.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento