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23/02/2018

Curdi e siriani ad Afrin: «Siamo una cosa sola»

Erdogan si mostra indifferente rispetto all’arrivo di truppe governative siriane e continua gli attacchi contro Afrin.

Dopo un attacco dell’esercito turco contro un convoglio con combattenti di una milizia leale al regime di Damasco, nel nord della Siria si delinea un nuovo inasprimento della guerra su più fronti. Il convoglio era in viaggio verso il cantone autogovernato di Afrin, sotto attacco da parte dell’esercito turco da oltre un mese, quando è stato colpito dal fuoco di un drone e dell’artiglieria della Turchia. Due miliziani sono rimasti uccisi e altri tre feriti.

Dopo giorni di trattative, le Unità di Difesa del Popolo curde YPG e il governo di Damasco martedì hanno raggiunto un patto militare. «Le nostre forze hanno chiesto al governo e all’esercito della Siria di assolvere i loro compiti nella difesa di Afrin e dei confini», ha dichiarato il portavoce delle YPG Nuri Mahmud. «Su questa base il governo siriano ha inviato unità militari nella regione. Queste unità verranno posizionate sulla linea di confine e difenderanno i confini e l’integrità territoriale della Siria». Da parte del governo siriano finora non ci sono dichiarazioni ufficiali sull’accordo.

Le truppe siriane inviate ad Afrin sono unità delle Forze di Difesa Nazionali (NDF). Queste unità di volontari sono state formate nel 2012 da Damasco per il sostegno dell’esercito arabo-siriano. Le unità NDF ora arrivate a Afrin, provengono dalle città di Nubl e Zahra. Durante un assedio da parte del Fronte Al-Nusra, propaggine siriana di Al-Qaeda, durato quasi quattro anni, queste enclave sciite erano state rifornite da Afrin attraverso un corridoio tenuto aperto dalle YPG. Filmati diffusi attraverso i social network mostrano i miliziani dopo il loro arrivo ad Afrin città. Insieme a sostenitori delle YPG sventolano bandiere dello Stato siriano e i gagliardetti triangolari delle YPG. Contemporaneamente risuonano grida di «Siamo una cosa sola».

Il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan si è mostrato indifferente rispetto a immagini del genere. Le milizie dopo «spari di avvertimento» sarebbero tornate indietro, ha sostenuto martedì ad Ankara in spregio della verità. L’argomento con questo sarebbe «per ora chiuso», ha dichiarato Erdogan secondo il quotidiano Zeitung Hürriyet Daily News. Nel corso di telefonate all’inizio della settimana con il Presidente russo Vladimir Putin e il Presidente iraniano Hassan Rohani a questo proposito ci sarebbe stato accordo. «Purtroppo alcuni gruppi terroristici in solitaria a volte prendono decisioni sbagliate. Questo è inaccettabile. Dovranno pagare per questo.» Con questo Erdogan assume la posizione che le NDF sarebbero forze irregolari che agiscono senza essersi accordate con il governo siriano, ovverosia i suoi alleati russi e iraniani.

Il Presidente turco non sbaglia del tutto. Perché come all’inizio della settimana ha riferito il portale di notizie The Region facendo riferimento a rappresentanti curdi di Afrin, il governo russo avrebbe cercato di impedire il patto militare tra Damasco e Afrin per non mettere in pericolo l’accordo di Astana. Lì la Turchia è coinvolta come forza di garanzia per una soluzione pacifica in Siria. Per riguardo a Mosca, quindi, evidentemente il punto decisivo della difesa antiaerea è stato tenuto fuori dall’accordo tra Damasco e Afrin. Perché un controllo dello spazio aereo tecnicamente sarebbe possibile solo attraverso l’esercito ufficiale siriano (SAA) e in accordo con l’esercito russo. Dopo che l’artiglieria turca nella notte ha sparato contro il territorio della città di Afrin, l’aviazione mercoledì ha di nuovo effettuato attacchi aerei contro la città capoluogo di Jindires.

Intanto il capo della milizia «Resistenza Siriana – Fronte Popolare della Provincia di Iskenderun», Mihrac Ural, ha dichiarato di dirigersi con un «secondo contingente» di truppe governative ad Afrin. Come misura di creazione di fiducia nei confronti delle YPG, Ural ha pubblicato vecchie foto che lo ritraggono in Siria insieme al fondatore del PKK Abdullah Öcalan. Solo la scorsa settimana Ankara aveva messo Ural, il segretario dell’organizzazione turca marxista-leninista «Acilciler», che dal golpe militare del 1980 vive in Siria, sulla lista dei «terroristi» più ricercati e posto sulla sua testa una taglia di quattro milioni di Lire turche (ca. 850.000 Euro) per la sua cattura. Obiettivo dichiarato di Ural, alevita arabo di Hatay, è la liberazione di quella provincia siriana annessa dalla Turchia alla fine degli anni ‘30.

da https://www.jungewelt.de/

Traduzione di Rete Kurdistan


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