Il Fatto Quotidiano riprende ed amplifica lo scandalo del pezzo di ricambio d’aeromobile venduto da Alitalia nel novembre 2014 per 1500 euro e ricomprato mesi dopo a 125.000 euro. La notizia era già emersa a dicembre scorso, durante l’assemblea pubblica presso il Comune di Fiumicino. Si va nella giusta direzione di fare completa luce su un periodo nero della vita della Compagnia.
E’ un’altra dimostrazione delle ragioni che USB ha avuto nell’opporsi a quella gestione che ha zavorrato la compagnia per centinaia di milioni di euro. Come avevamo denunciato, grazie anche al prezioso contributo di studiosi e consulenti e nel rigettare il piano “lacrime e sangue” di aprile scorso sono bastati pochi mesi di amministrazione decente da parte degli attuali commissari, pur senza ancora quegli interventi che sono decisivi, per dimostrare che Alitalia è una compagnia aerea che può stare in piedi.
Come già accaduto anche per il precedente fallimento, dove dopo 10 anni si è arrivati alla condanna degli amministratori perseguibili, la storia di Alitalia si intreccia con errori madornali e scelte dannose e non certo per colpa dei lavoratori. Adesso che questo sta affiorando, pretendiamo che sia reso noto il bilancio del 2016 tuttora mancante all’appello, si accertino tutte le responsabilità pendenti e che si proceda senza indugio a risanare la Compagnia tutelando in questo modo i posti di lavoro e un patrimonio industriale del Paese.
Nonostante le infinite pressioni di Calenda è sempre più evidente che evitare la svendita e l’intervento dello Stato fino alla nazionalizzazione possa rappresentare l’unica via di uscita per un’azienda ove si sono svolti fatti che spiegano perché l’azienda sia stata così affossata.
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