La corsa ai rinnovi contrattuali del pubblico impiego, che la banda formata da Governo, ARAN e CGIL-CISL-UIL ha intrapreso con la speranza di guadagnare consenso alle elezioni politiche del 4 marzo e quelle per le RSU del 17-19 aprile, sta dando i suoi frutti, anche se non esattamente quelli che loro si aspettavano.
Il pesante arretramento sul piano dei diritti associato ad aumenti equivalenti ad un’elemosina, il tutto dopo otto anni di blocco dei contratti, sta diventando sempre più la goccia che minaccia di far traboccare il vaso. E se nelle assemblee i lavoratori delle Funzioni Centrali stanno sonoramente bocciando il contratto firmato, altri settori del Pubblico Impiego scendono in piazza unendo l’indignazione nei confronti di rinnovi contrattuali a perdere alla rivendicazione della propria funzione al servizio della cittadinanza che risulta sempre più difficile da svolgere.
Nasce così questa due giorni di lotta con scioperi e manifestazioni che attraverseranno praticamente tutti i settori del Pubblico Impiego.
Ad aprire le danze sarà la Ricerca, il 22 febbraio, con un presidio al Ministero della Funzione Pubblica per rilanciare la specificità del settore, disconosciuta da un umiliante rinnovo del CCNL, e per difendere le stabilizzazioni dei precari dalle politiche baronali dei presidenti degli Enti.
Il giorno dopo, il 23 febbraio, sarà la giornata degli scioperi di Scuola, Sanità, Educatrici dei Nidi e delle Scuole per l’Infanzia e Vigili del Fuoco.
I lavoratori della Scuola, docenti e ATA, sciopereranno per un contratto vero, per la fine del precariato di maestri, professori ed Ata, per una mobilità che consenta ai colleghi vittime della 107 di tornare a casa. Il presidio che si svolgerà al MIUR vedrà partecipare anche le educatrici dei nidi e delle scuole d’infanzia, anche loro in sciopero contro la mancata stabilizzazione del personale precario e l’introduzione di nuove normative (riforma 0-6 e legge Iori), che con effetto retroattivo, penalizzano i lavoratori che giornalmente si prendono cura dei nostri figli.
Anche la Sanità rivendica la propria funzione scioperando, oltre che per aumenti contrattuali veri e contro le deroghe all’orario di lavoro previste dal nuovo CCNL, contro le croniche carenze di personale, ed i continui tagli dei servizi al cittadino, che assieme alle politiche di esternalizzazione, sono all’origine del progressivo disfacimento di quella che era una delle migliori sanità d’Europa.
Infine i vigili del fuoco, quei lavoratori che ad ogni disastro, naturale e non, chiamiamo “eroi nazionali” scendono in piazza e protestano per un rinnovo contrattuale scandaloso, che non prevede aumenti adeguati e neanche il riconoscimento della specificità di lavoro usurante.
Complessivamente, le giornate del 22 e 23 febbraio si preannunciano come la rappresentazione di un pubblico impiego in rivolta, innescata da un rinnovo contrattuale scandaloso e determinato a difendere i propri diritti e la propria funzione contro l’attacco complessivo che non accenna a scemare.
Ormai è chiaro che anche quando cambiano i governi il pubblico impiego rimane sempre nel mirino di un’Europa che ne chiede il sacrificio al governante di turno, e l’arrivo del fiscal compact promette di far precipitare la situazione.
I rinnovi contrattuali in corso rappresentano uno spartiacque, un cambio radicale nel rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici; chi li ha firmati, o si appresta a firmare quelli che sono ancora aperti, è ormai dall’altra parte della barricata. Quella sbagliata.
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