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20/02/2018

“Se l’Europa non si interessa alla guerra, questa non mancherà di interessarsi all’Europa”. A dirlo così esplicitamente è stato due giorni fa, alla annuale Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, il primo ministro francese Edouard Philippe chiedendo ai principali alleati un “impegno operativo” con un calendario ben preciso in materia di politica militare europea. Entro pochi anni «l’Europa dovrà disporre di una forza d’intervento, un bilancio per la difesa e una dottrina strategica», ha aggiunto Philippe.

A fargli da spalla è arrivato il sostegno scontato del ministro degli Esteri tedesco Sigmar Gabriel che ha evocato “la necessità per la Ue di disporre di una propria proiezione di potere nel mondo”. Per essere compreso meglio il ministro degli esteri tedesco Sigmar Gabriel ha sottolineato come l’Europa ha bisogno di un “progetto di potenza” comune per evitare di rimanere un “vegetariano con molti problemi in un mondo di carnivori”.

Commentando l’annuale Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, la Stampa parla di “strappo di Parigi e Berlino per una difesa europea comune” e della piccata replica del segretario della Nato secondo cui “contro la Russia avete bisogno di noi”. “Dal crollo dell’Unione Sovietica a oggi, mai il rischio di un conflitto tra grandi potenze è stato così elevato”, ha ammesso il presidente della Conferenza Wolfgang Ischinger, ex alto diplomatico tedesco. “Sembra che la diplomazia sia arrivata alla fine della strada”, ha evocato Matthias von Hein in un editoriale sul Deutsche Welle che riprende un analogo concetto espresso dall’analista di Bloomberg.

Su diversi aspetti della Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, in particolare sullo scontro dentro e intorno all’Ucraina, ha già scritto ampiamente ieri su Contropiano il nostro Fabrizio Poggi.

Commentando la conferenza di Monaco, il New York Times, segnala il crescente nervosismo degli Stati Uniti per il rafforzamento della politica militare europea “indipendente” dagli Usa, e riferisce che il ministro della Difesa tedesco, Ursula von der Leyen, ha dichiarato che: “Vogliamo rimanere transatlantici ma anche più europei in materia di difesa, affinché gli europei possano dare forma all’ordine internazionale”. “Il contesto è cambiato rispetto a qualche anno fa”, ha ammesso il commissario Ue al Bilancio, Günther Oettinger: “Vogliamo mantenere intatto l’asse (con gli Stati Uniti, ndr)”, ma “la loro posizione sull’Iran e la decisione sull’ambasciata a Gerusalemme” testimoniano che “c’è un alto livello di nervosismo”.

Insomma è questo il clima che si è respirato in una Conferenza sulla Sicurezza, nata per “attenuare le tensioni” ma che invece le ha rappresentate pienamente, e non solo per il ripetuto show di Netanyahu, lo stesso che sei anni fa esibì il disegno di una bomba pronta ad esplodere come “linea rossa” nelle tensioni con l’Iran.

Ma se questo è il clima che ormai si respira a pieni polmoni, per ora solo nelle diplomazie europee, sul piano concreto continua a rafforzarsi quello che possiamo definire il complesso militare-industriale europeo. Un complesso con un fortissimo e determinante nucleo intorno a Francia e Germania, ma che attrae intorno a sé anche le aziende strategiche italiane come Leonardo (ex Finmeccanica).

E proprio Francia e Germania stanno pianificando uno dietro l’altro progetti militari rilevanti. Ad esempio quello di un nuovo aereo da combattimento che vada a sostituire i Rafale e gli Eurofighter. Venerdì scorso Dirk Hoke, l’amministratore delegato della Airbus Difesa e Spazio, branca militare del colosso franco-tedesco, ha detto alla Reuters che nella seconda metà dell’anno verranno resi noti i “contorni iniziali” del programma del nuovo aereo da caccia destinato a entrare in servizio non prima del 2035 e verrà valutata l’adesione di altri Stati.

Hoke ha sostenuto che Airbus appoggia l’ingresso di nuovi partner sottolineando che altri paesi potrebbero portare la loro esperienza in diversi segmenti ma precisando che molto dipenderà dal livello di investimenti dei Paesi che vorranno aderire al programma.

Il Sole 24 Ore di ieri riferisce poi che il nuovo cacciabombardiere “è solo il primo di una serie di programmi militari varati da Berlino e Parigi le cui industrie realizzeranno insieme anche nuovi elicottero da attacco, artiglierie, carri armati, munizioni guidate e missili anche se su quest’ultimo fronte la Francia è già impegnata in una serie di nuove armi sviluppate congiuntamente con la Gran Bretagna nell’ambito del gruppo MBDA (di cui è azionista anche l’italiana Leonardo col 25%) con programmi varati prima della Brexit”.

Il 6 febbraio Stéphane Mayer, amministratore delegato di Nexter e copresidente della KNDS, il colosso dell’industria militare terrestre nato dall’unione tra la francese Nexter e la tedesca Krauss-Maffei Wegmann, ha annunciato che Francia e Germania hanno un “calendario condiviso” per lo sviluppo di un nuovo carro armato teso a sostituire i Leclerc francesi e i Leopard 2 tedeschi. «Prevediamo di costruire un prototipo nel 2020», ha detto Mayer, che stima per il 2030 le prime consegne del nuovo tank. Oltre allo sviluppo di mezzi militari per entrambi gli eserciti Mayer ha esortato Parigi e Berlino «a mettersi rapidamente d’accordo per una politica di esportazione comune». Aspetto che completerebbe quella saldatura tra le due principali potenze economiche e militari dell’Unione Europea che non nascondono l’obiettivo di esercitare un’egemonia continentale nel campo della politica militare e della relativa industria.

“Parigi e Berlino del resto corrono anche sul fronte della politica di difesa, complementare e trainante rispetto al comparto industriale, come confermano le dichiarazioni rilasciate alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco” sottolinea l’esperto militare del Sole 24 Ore Gianandrea Gaiani. Si tratta di una “Integrazione industriale e intesa sull’export militare supportate da programmi comuni, bilanci della Difesa in crescita oltre i 40 miliardi di euro annui (quasi il triplo dell’Italia) e soprattutto una visione politica congiunta e basata su aspirazioni da “grande potenza” tracciano la rotta franco-tedesca che costituisce al tempo stesso una minaccia e un’opportunità per l’Italia”. Il quotidiano della Confindustria non evita di rammentare l’importanza di questa opportunità (sic!), “Il Fondo europeo per la difesa offre qualche opportunità e negoziare coi franco-tedeschi un ruolo di rilievo nei nuovi programmi non dovrebbe essere impossibile per la terza economia dell’Unione” scrive Gaiani “È però necessario già da oggi prevedere gli investimenti da cui dipenderà il peso politico e industriale di Roma nella difesa europea”.

Le poche o tante righe di questo articolo descrivono fatti, cose reali che avvengono mentre in molti, troppi, si mostrano distratti o furbetti sull’aria di guerra che tira nel mondo ed anche in Europa. Appare piuttosto evidente come la politica militare e la sua proiezione globale sia diventata una priorità per le classi dominanti nell’Unione Europea. Forse l’illusione che lo “spirito europeo” sia immune dalle ambizioni di potenza e dal militarismo, continua a giocare brutti scherzi, a destra come a sinistra. Ed è opportuno che qualcuno suoni l’allarme, come sta cercando di fare da tempo la Piattaforma Eurostop cercando di amplificarne l’eco anche dentro una esperienza importante come Potere al Popolo, unica forza politica, finora, ad avere un punto specifico contro la Nato e l’Esercito Europeo e per il disarmo nucleare nel suo programma.

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