Se un paese è allo sbando, la sua classe dirigente ne è la prima responsabile. E, nella classe dirigente, il primo posto lo hanno sempre gli imprenditori. Specie se, come in Italia, sono loro a fare e disfare i “programmi di governo”, una volta applicate le direttive dell’Unione Europea.
Ci si sarebbe attesi, dunque, un briciolo di autocritica, da parte di Confindustria, nel prendere carta, penna e compasso (e anche qualche grembiulino) per buttar giù un “piano di legislatura” da sottoporre a tutti i partici politici in lizza – meno Potere al Popolo, ça va sans dire – per le prossime elezioni.
Nulla, naturalmente. In casa degli imprenditori italiani vige da sempre la pratica dell’“autocritica degli altri”: lo bacchettano, i politici eseguono (più o meno fedelmente), nulla funziona e loro ricominciano da capo, come se niente fosse.
Stavolta hanno fatto le cose in grande, com’è giusto per una tornata elettorale che tutti “sentono” come decisiva. Un piano faraonico, con 250 miliardi di investimenti, per garantire una crescita di almeno il 12% del prodotto interno lordo nel quinquennio. In pratica è un misero +2% annuo, decimale più o meno, ma comunque alzi la mano chi non sarebbe contento che le cose andassero meglio (più crescita, più reddito, più occupazione).
Facciamo finta di dimenticare che Vincenzo Boccia – presidente di Confindustria e quindi editore de IlSole24Ore – non è ancora riuscito a racimolare qualche milione per salvare il giornale, e quindi concentriamoci sui miliardi che invece sembrano più facili da trovare.
La domanda è semplice: chi ce li deve mettere? Anche la risposta è semplice: chiunque, ma non gli imprenditori. Siete perplessi? Pensate ancora che il capitalismo sia quel sistema in cui un imprenditore apre o espande un’azienda (“investe”), assume personale, produce un qualcosa che poi viene venduto sul mercato e poi rientra – con profitto – dell’investimento iniziale? Siete vetero. O illusi. O non avete ancora capito che cavolo di imprenditori siano quelli basati in Italia.
Vediamo allora da dove dovrebbero arrivare: l’Europa «potrebbe contribuire fino a 93 miliardi di euro» liberando risorse «per investire in infrastrutture, formazione, ricerca e innovazione»; mentre il settore privato «potrebbe contribuire fino a 38 miliardi di euro». Calcolatrice alla mano siamo a 131 miliardi; gli altri dovrebbero – secondo Boccia – arrivare dallo Stato italiano, in forme che però non cadano sotto la sanzione dell’Unione Europea, sempre vigile contro gli “aiuti di stato” che non siano tedeschi o francesi.
Primo “problemino”: i 98 miliardi “europei” dovrebbero arrivare da una trattativa che convinca i paesi forti (Germania, Francia, Olanda, ecc.) a emettere “eurobond” (titoli di credito garantiti dal’Unione Europea). Non c’era riuscito Tremonti, non se ne parla più da dieci anni perché ogni volta che qualcuno pronuncia quella parola Wolfgang Schauble, Angela Merkel e Jeroen Dijsselbloem mettono mano alla pistola.
Vabbè, sarà un piano un po’ più piccolo...
Tornando alla quota a carico degli imprenditori, qualcuno potrebbe pensare che – seppure pochi, il 15% del totale – questi sono comunque pronti a investire di tasca propria una cifra rilevante pur di far decollare l’economia italiana. Errore.
Quei 38 miliardi ce li dovrebbero mettere i “risparmiatori” – chiunque abbia qualche spicciolo sul conto corrente – sottoscrivendo fondi immobiliari innovativi (non chiedeteci cosa siano; non è stato detto) “con un forte legame territoriale, per gestire e valorizzare un mix di immobili ceduti a titolo definitivo e conferiti in gestione dagli enti locali”. Traduciamo per i non addetti ai lavori: Boccia pretende che comuni, province, regioni vendano o regalino una serie di immobili pubblici che andrebbero a fare da garanzia per la sottoscrizioni del fondi immobiliari. Quindi edifici ceduti dal pubblico e soldi messi da “risparmiatori” tipo i correntisti di Banca Etruria.
Nel caso non fosse possibile arrivare per questa via alla cifra indicata, Boccia “suggerisce” di attingere ai fondi pensione (resi obbligatori per una serie di categorie grazie alla complicità di CgilCislUil) o ad “altri enti previdenziali”. Insomma, si dovrebbero usare i fondi destinati a pagare le pensioni.
Gli imprenditori, al massimo, potrebbero metterci i soldi per comprarseli – se il prezzo è particolarmente favorevole – ma nulla di più. I miliardi da “investire”, infatti, sarebbero quelli rastrellati dai risparmiatori, mentre gli “imprenditori” starebbero sul sicuro incamerando “il mattone pubblico”.
Ma, almeno, questo salasso di patrimonio pubblico (soldi freschi per quasi 120 miliardi e immobili) andrebbe a mettere in moto una crescita più “virtuosa”, aumenti salariali, migliori condizioni di vita per chi lavora? Neanche per sogno, mette subito in chiaro il prode Boccia: il piano sta in piedi «Se non si smontano riforme fondamentali e si attua un programma di medio termine basato su modernizzazione, semplificazione ed efficienza».
Vi serve la traduzione? E va bene: ci teniamo il Jobs Act e la Fornero, e pure tutti decreti che hanno strutturato un mercato del lavoro tra i più precari in Europa; anzi, ci date anche qualcos’altro, che vi preciseremo una volta che qualcuno di voi avrà formato un governo.
Del resto, il quadro concettuale illustrato da Boccia in sede di presentazione del suo “piano” è decisamente inequivocabile: «Siamo cittadini europei di nazionalità italiana. Siamo equidistanti dai partiti ma non dalla politica. Vogliamo che in questo Paese si recuperi buon senso e pragmatismo. Vogliamo un’Italia più semplice ed efficiente con uno Stato che passa da erogatore di servizi a promotore d’iniziative di politica economica».
E’ abbastanza chiaro? Basta con lo stato “erogatore di servizi” (sanità, istruzione, trasporto pubblico, previdenza, ecc.), e avanti con un apparato che “promuove iniziative”. Tipo rastrellare soldi per far giocare i “prenditori” a fare i capitani d’azienda.
Se per caso vi è venuto da pensare che i “capi politici” impegnati in campagna elettorale abbiano obiettato qualcosa a questa follia, beh, vi sbagliate. Qui di seguito le interviste raccolte da IlSole24Ore tra gli aspiranti premier, tutti prontissimi a fare da poggiapiedi per gli stivali padronali (Salvini compreso, of course). Una menzione speciale la merita Annamaria Furlan, che di mestiere dovrebbe fare la sindacalista. Cioé “la controparte”, non la controfigura...
«Una seconda stagione di riforme per l’Italia» – Intervento di Paolo Gentiloni
«Strategia concreta e seria da condividere» – Intervento di Matteo Renzi
«Con il nostro Fisco cuneo azzerato per i giovani assunti» – Intervista a Silvio Berlusconi
«Un grande piano sugli investimenti Tempi brevi per le opere pubbliche» – Intervista a Carlo Calenda
«Molte affinità con la nostra visione» – Intervista a Annamaria Furlan
«Banche pronte a sostenere gli sforzi per la crescita» – Intervista a Giuseppe Castagna
Sì a Eurobond e leva pubblica per rilanciare gli investimenti – Intervento di Luigi Di Maio
Giusto allargare Industria 4.0, non tutto il Jobs act va cancellato – Intervista a Matteo Salvini
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