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22/02/2018

“Il nemico principale non sono i 5 Stelle”. Elettoralismo, governabilita’, ricomposizione di una opposizione di classe

In questa asfittica fase pre-elettorale il ragionamento che emerge, anche in chi vorrebbe riportare al centro la condizione delle masse popolari, è spesso impolitico. Sappiamo bene che non si tratta di casi isolati ma di qualcosa che ormai ha contagiato in modo significativo anche la “nuova sinistra” e le varie aree critiche. Eccetto alcuni rimasugli di ceto politico logori e da sempre compromessi con i vertici di Pd e soci, è questa una condizione più che una scelta, è il risultato di molte sconfitte in questi anni.

Di fatto non esiste oggi una politica di classe autonoma né un programma rivoluzionario, ma solo tentativi o momenti di conflitto settoriali e non di rado stereotipate manifestazioni di ciò che non c’è (avvolte spesso in vesti effimere e post ideologiche).

In termini identitari e di costruzione il voto alla giovane coalizione Potere al Popolo o al Partito Comunista ha il suo perché. Da augurare che entrambi abbiano un riconoscimento, anche se l’elettoralismo è una deviazione ed alcuni tratti specialmente nella nuova coalizione di sinistra radicale iniziano ad intravvedersi.

Posto che comunque vada dopo il 4 marzo non vedremo un governo popolare, occorre ragionare di scenari. In termini di scenari non è certo augurabile che stravinca la destra leghista e berlusconiana ed è bene che il Pd abbia una sonora batosta, conseguenza logica augurarsi una avanzata 5 stelle, gli unici che materialmente possono rompere gli attuali equilibri di potere o che rappresentano comunque una anomalia ed un elemento di instabilità. Di questo potrebbe avvantaggiarsi una opposizione di classe finalmente non subalterna al Pd e cespugli vari. Ma i Cinque stelle sono “populisti” si dirà, una sorta di neo-peronismo all’italiana e qui scatta la facile equazione populismo = fascismo, facile quanto inesatta. In realtà in larghissima parte, per fare un paragone geografico, la sinistra non rivoluzionaria sudamericana è prevalentemente populista ed interclassista eppure nessuno da noi da della fascista a Cristina, a Evo, o ad altri dirigenti progressisti ​sudamericani.

Certo non sfugge la tendenza alla omologazione centrista dei 5 stelle, ben rappresentata da alcuni tentativi di accreditamento del loro attuale candidato più che da altri storici dirigenti del movimento, ma questo potrebbe essere argomento di confronto politico più importante della denigrazione o della asfissiante polemica su rimborsi, donazioni mancate ecc. di cui siamo inondati fino alla nausea.

Non si tratta di sostenerli, quanto di considerare quale sarebbe lo scenario propizio e il quadro politico a cui meglio fare opposizione.In particolare fare campagna contro 5 stelle, cosa che fanno in modo sfegatato molti compagni almeno negli ambiti social, per giunta con gli argomenti dell’attuale blocco di potere e del suo apparato mediatico, è miope e controproducente: darà maggior forza a Pd e Forza Italia che sponsorizzano queste campagne, oltre alla destra estrema di CP che ne approfitterà in termini elettorali, politicamente darà anche maggior forza alla deriva nefasta verso le larghe intese e la cappa di una nuova unità nazionale è certo il peggio che possiamo augurarci per il nostro paese.

Una cosa è tentare di raggiungere un risultato politico, in questo caso un risultato che legittimi l’esperienza di questa aggregazione denominata “potere al popolo” (salvo successive quanto scivolose Costituenti d’alternativa di cui già si parla prima del voto) altra cosa esaurire nella ricerca di una conferma elettorale ogni altra considerazione, annegando le aspettative genuine di compagni e compagne in un soggettivismo elettorale veramente deleterio.

Non è uguale un governo Salvini - Berlusconi, o all’occorrenza un allargamento al Pd o peggio le larghe intese mettendo nel trappolone pure i 5 Stelle, sono cose diverse soprattutto da una ipotetica rottura dei vecchi equilibri che renda temporaneamente complicata una ricomposizione funzionale al blocco dominante. Tale rottura e tale instabilità offrirebbe qualche spazio ad una opposizione che si vuole di classe. Cosi come non è indifferente se la destra più estrema otterrà una significativa presenza elettorale o tornerà nel minoritarismo. Tutti questi fattori, proprio per la trasversalità della base pentastellata, materialmente saranno condizionati in modo particolare dall’esito, dall’avanzata o ridimensionamento dei 5 stelle e delle aspettative che in un modo o nell’altro essi rappresentano. E’ in atto una campagna mediatica virulenta che si somma alle preoccupazioni oltre oceano per una ipotetica affermazione di questa formazione “populista”, è una campagna degna di un regime ed andrebbe denunciata come ha fatto recentemente Giorgio Cremaschi.

Ora iniziano a parlare di fantomatiche influenze russe in favore dei Cinque Stelle, paventando inaffidabilità sul piano degli organismi internazionali a partire dalla NATO e dalle politiche di guerra da cui l’Italia potrebbe prendere le distanze. Ridicolo attaccarli da sinistra megafonando la stessa campagna mediatica; semmai bisognerebbe chiedere conto delle ipotesi di intese di governo post elettorali e dei paletti che verranno o meno posti su questa strada verificandone poi la coerenza (a partire proprio dalla guerra e dalla precarietà del lavoro, job act ecc.).

Invece si leggono in giro appelli sulla inaffidabilità e disonestà degli attivisti 5 stelle o elargizione di etichette addirittura di “nazismo” che poco si attagliano a quel movimento, ma calzano perfettamente alla campagna del Pd per avvalorarsi quale baluardo democratico e argine alla deriva populista.

Sarà possibile uscire da una logica di tifo, figlia dell’antiberlusconismo senza politica che ha accompagnato la formazione di molti compagni e compagne in questi anni? Soprattutto è importante non sostituire alla stessa logica l’antigrillismo, non ha proprio senso politico! Questo non vuol dire fare propaganda attiva per 5 stelle o sostenere il loro programma interclassista, ma solo comprendere che il vero problema non sono loro, i quali a seconda dei punti di vista non rappresentano semmai la soluzione corretta (tutta da costruire) ma nondimeno non sono loro i rappresentanti della borghesia imperialista, non rappresentano cioè il nemico principale. Non sono loro il partito della guerra, della precarietà, della distruzione di ogni diritto e partecipazione popolare. Più logico tentare di indebolire altri avversari: quelli che sono al potere per esempio. Ogni indebolimento dell’unica contraddittoria opposizione parlamentare in questi anni, specialmente se ottenuto non con una critica di classe ma con gli argomenti non meno populisti ed in buona parte farseschi che hanno inondato i social in questi giorni (a cui molti ingenui compagni hanno fatto eco) è utile al rafforzamento sia delle due destre di governo, i due finti poli, sia anche della destra più estrema. A chi giova... non certo al nostro campo.

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