Ciò che si è consumata ieri, alla riunione del Democrat della Campania, è la rappresentazione plastica della dialettica e delle relazioni che esistono in questo vero e proprio network dell’affarismo e delle clientele.
Un tempo era il PD con grandi speranze ed auspici.
In realtà da circa dieci anni in Campania – forse già a pochi giorni della sua nascita – ogni passaggio politico (dalle primarie ai congressi, alla formulazione delle liste e degli elenchi degli assessorati) è sempre stato scandito da brogli, risse, occupazioni di sedi, ricorsi alla Magistratura con le abituali telecamere di Fan Page (come alle ultime primarie o come nel recente affaire/Monnezza in cui è coinvolto il figlio di De Luca) a documentare l’esercizio del malaffare, della spregiudicatezza e dell’arroganza.
Ora – dopo il catastrofico risultato delle urne – siamo all’epilogo finale non senza una punta di tragicomico spettacolo mediatico.
Senza più i grandi padri putativi cannibalizzati o messi ai margini (da Bassolino a De Mita, fino a De Luca che ieri, prudentemente, non si è presentato alla riunione di partito adducendo che era a Roma all’udienza del Papa del mercoledì), mentre la “seconde e le terze fila” di questo partito ritengono di risolvere i contenziosi a suon di sediate o di cazzotti, è andato in scena il tramonto di questo partito il quale, in Campania come altrove, è sempre più una piccola lobby rissosa e socialmente inutile.
Una autentica escrescenza frutto della decomposizione di un sistema politico e partitico alieno alla società ed alle sue dinamiche e sempre più avviato al posto che gli compete (per citare Marx): la pattumiera della storia!
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