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04/06/2018

La controriforma carceraria del “contratto di governo” tra Lega e M5S

Il caldo afoso a Firenze si sente già da un pezzo e tuttavia non è niente in confronto a quello che arriverà con l’ingresso definitivo nella stagione estiva. E con il caldo è tornata l’emergenza al carcere di Sollicciano ove le celle si stanno già trasformando, come ogni anno di questi tempi, in veri e propri forni in cui si fa fatica anche a respirare.

L’anno scorso in seguito alle denunce dei radicali, la Regione Toscana e la Madonnina del Grappa fornirono gratuitamente un centinaio di ventilatori all’istituto penitenziario, ma si scoprì poi che l’impianto elettrico non reggeva il consumo di energia necessaria a farli funzionare tutti insieme. Fu così che le temperature nelle celle arrivarono a livelli intollerabili. Poco più di un mese fa, in quel carcere, si è verificato l’ennesimo suicidio di un detenuto che si è impiccato nella propria cella.

Secondo Massimo Lensi dell’associazione Progetto Firenze “Siamo nella stessa situazione di un anno fa – i passeggi interni per le ore di aria sono ancora in larga parte da ristrutturare e non esistono programmi per alleggerire il problema del caldo, neanche per il personale di turno nei bracci. Per di più, la definitiva sepoltura del nuovo ordinamento penitenziario, atteso da decenni, ha certamente creato un forte senso di abbandono nelle persone detenute, aumentando i rischi di tensioni e atti di autolesionismo, a tutto scapito del difficile lavoro di rieducazione e risocializzazione previsto dalla nostra Carta costituzionale.”.

La drammatica condizione del carcere fiorentino di Sollicciano, purtroppo, non è molto diversa da quella della maggior parte delle carceri italiane.

Nel 2017 secondo i dati di Ristretti Orizzonti sono decedute nelle carceri italiane 123 persone: 52 sono stati i suicidi (48 secondo i dati dell’Amministrazione Penitenziaria), 7 in più rispetto al 2016. Secondo quanto si legge nell’ultimo rapporto dell’associazione Antigone sulla situazione nelle carceri italiane [1] il tasso di suicidi (morti ogni 10.000 persone) è salito dall’8,3% del 2008 (anno di entrata in vigore della riforma della sanità penitenziaria) al 9,1% del 2017 ( 46 morti nel 2008 e 52 del 2017). Secondo i dati, 1.135 sono stati i tentativi di suicidio nel 2017 e gli atti di autolesionismo nell’anno appena trascorso sono stati 9.510.

A fine 2012, pochi giorni prima della sentenza Torreggiani della Corte Europea per i diritti dell’uomo[2] , che ha imposto provvedimenti strutturali per affrontare il sovraffollamento, i detenuti erano 65.701, le misure adottate avevano portato quel numero fino a un minimo di 52.164 di presenze a fine 2015. Dopo di che c’è stata un’inversione e le carceri hanno ripreso a riempirsi.

Dunque, sovraffollamento, spazi ristrettissimi condivisi da più detenuti, temperature impossibili e precarie condizioni igienico-sanitarie (a volte mancano anche le docce). Una drammatica situazione aggravata dal fatto che il 60% dei detenuti soffre di almeno una patologia a fronte di un’assistenza sanitaria in carcere carente ed approssimativa quando non del tutto assente.

Le idee del nuovo governo, se applicate, potrebbero rendere questa situazione ancora più insostenibile. Nel capitolo del “Contratto per il governo del cambiamento” di M5S e Lega dall’altisonante titolo “Giustizia rapida ed efficiente “, al paragrafo dedicato all’“Ordinamento penitenziario”, si leggono cose come “rispondere al problema del sovraffollamento degli istituti penitenziari con un piano per l’edilizia penitenziaria” a fronte di una contestuale ripenalizzazione dei reati lievi. Vi si parla poi di “efficienza dei sistemi di sorveglianza”; di «ripristino della certezza della pena»; di pene alternative viste come imperdonabili concessioni alle persone detenute; di «revisione sistematica e organica di tutte le misure premiali» (a rischio dunque sarebbe anche la legge Gozzini).

Ma la cosa senza dubbio più grave è che si parla anche di “revisione delle linee guida sul cd. “41-bis” così da ottenere un effettivo rigore nel funzionamento del regime del “carcere duro”. Il che vuol dire un ulteriore inasprimento di questa vera e propria forma di tortura già duramente denunciata dal Comitato dell’ONU contro la tortura e che è valsa al nostro paese anche una condanna da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo. E’ un pesante arretramento se si pensa che si vorrebbe addirittura inasprire la barbarie del 41bis abrogando la così detta norma “Consolo” che ora consente a chi si trova nel “regime speciale”, di poter svolgere i colloqui con i familiari in condizioni umane e di abbracciare i figli piccoli.

Dunque, dopo la mancata approvazione da parte del governo Gentiloni, si va dritti verso la cancellazione della riforma dell’ordinamento penitenziario. E’ un gravissimo colpo di spugna che cancella il lavoro compiuto da magistrati, avvocati ed accademici ai tavoli degli “Stati generali” voluti da Andrea Orlando, il quale – va detto per inciso – non è che ne abbia fatto una bandiera.

Secondo il “contratto di governo” di Lega e 5stelle, le aperture del passato vanno superate in modo «da ottenere un effettivo funzionamento del regime del ‘carcere duro’». Dunque addio al potenziamento delle misure alternative ed alla «sorveglianza dinamica» nelle carceri, che sostanzialmente vuol dire tenere tutti chiusi in cella 22 ore su 24. Quelle celle che, spesso, non sono più grandi tre metri quadrati. Nel pacchetto si parla di «abrogazione» degli «svuota carceri» ma si omette di dire che tra gli «sconti» introdotti di recente ci sono anche i rimedi riparatori imposti, di fatto, dalla citata sentenza Torreggiani.

In ossequio alla truce ideologia oscurantista e reazionaria che si evince dalle righe appena citate, nel “contratto”, ovviamente, non si fa alcun riferimento ai pesanti maltrattamenti ed alle vere e proprie torture che sono inflitte ai detenuti nelle carceri italiane e che sono valsi/e all’Italia la condanna della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Ed ovviamente non si fa nessun riferimento alla vergogna delle “celle zero“, cioè una cella (o più celle) dove i detenuti vengono spogliati e malmenati. Per questo sono state anche fatte delle denunce che a Napoli hanno portato a un processo che, però, di rinvio in rinvio, rischia di andare in prescrizione. Ma tant’è.

Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, associazione che dal 1991 si occupa di garanzie nel sistema penale e penitenziario, ha espresso così la sua forte preoccupazione: ”Nel contratto di governo sottoscritto da Lega e Movimento 5 Stelle c’è un capitolo, l’undicesimo, che desta grande preoccupazione in quanti hanno a cuori la difesa dei valori costituzionali. Per questo abbiamo inviato una lettera al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, appellandoci alla sua carica istituzionale di custode dei valori della nostra Costituzione, affinché non si cancellino principi fondamentali che non possono essere nella disponibilità di alcuna forza politica”.

Insomma, nel così detto “Contratto per il governo del cambiamento” di M5S e Lega, al capitolo denominato “Giustizia rapida ed efficiente”, le pene vengono interamente schiacciate sul solo uso del carcere, togliendo spazio a ogni misura alternativa alla detenzione e riabilitativa. Le misure estremamente repressive e “carcerogene” che vi sono indicate hanno una chiara impronta forcaiola e giustizialista che ha messo profondamente in allarme le principali associazioni che si occupano dei diritti dei detenuti e più in generale, di diritti umani. Misure che puntano decisamente ad azzerare le già risibili conquiste di civiltà ottenute in questo ambito nel nostro paese e che mirano, altresì, ad inasprire le già inumane condizioni alle quali sono sottoposte le persone detenute.

[1] “Un anno in carcere” è il XIV rapporto dell’associazione Antigone che fotografa una realtà fatta di sovraffollamento, recidive, suicidi e necessità dell’approvazione di una riforma penitenziaria

[2]La Corte europea dei diritti umani, con la sentenza Torreggiani (ricorsi nn. 43517/09, 46882/09, 55400/09; 57875/09, 61535/09, 35315/10, 37818/10) – adottata l’8 gennaio 2013 con decisione presa all’unanimità – ha condannato l’Italia per la violazione dell’art. 3 della Convenzione europea dei diritti umani (CEDU). Il caso, come è noto, riguarda trattamenti inumani o degradanti subiti dai ricorrenti, sette persone detenute per molti mesi nelle carceri di Busto Arsizio e di Piacenza, in celle triple e con meno di quattro metri quadrati a testa a disposizione.

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