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08/10/2019

Trump vende la pelle dei curdi a Erdogan: perché ci interessa l’invasione della Turchia in Siria

Alla fine Trump ha venduto la pelle dei curdi a Erdogan e non è che la cosa non interessi anche noi in Italia. Dopo essersi serviti dei curdi contro l’Isis la Casa Bianca ha deciso di abbandonare l’area siriana dove le truppe turche stanno per attaccare. Come avvenne in Iraq lasciano un popolo al suo destino.

Un’altra lezione per gli alleati degli americani e anche per gli italiani che sperano in un aiuto Usa in Libia e nel Mediterraneo. Degli Usa, che avevano fornito di armi le forze curde per combattere il Califfato, non ci si può fidare in generale e tanto meno adesso con il presidente Donald Trump messo sotto pressione per l’impeachment e in rotta di collisione con generali e diplomatici. Trump sta disseminando pasticci per tutto il globo.

Tra l’altro è interessante osservare che i curdi sono stati equipaggiati per fare la guerra ai jihadisti anche da noi europei, Italia compresa: la resistenza curda ai tagliagole integralisti, in particolare a Kobane, era stata esaltata dai media europei.

Non solo: l’area curdo-siriana del Rojava, già invasa in parte dai turchi nel distretto di Afrin, si può definire un esperimento democratico unico nella regione, con un ordinamento che prevede la perfetta parità tra uomo e donna e che assicura anche i diritti per le minoranze. In poche parole stiamo abbandonando un popolo che nel cuore del Medio Oriente cominciava a darsi un ordinamento simile a quello dello stato secolarista ed europeo.

Ma c’è anche un altro aspetto che ci riguarda. La Turchia, membro storico della Nato, recentemente ha raggiunto un accordo per acquistare i sistemi anti-missile russi S-400 e gli Stati Uniti hanno deciso di congelare le consegne ad Ankara dei nuovi caccia F-35: l’Italia avrebbe voluto tagliare gli ordini di questi aerei così costosi ma dopo la visita di Mike Pompeo a Roma il governo ha sentito il fiato sul collo di Washington per confermare questa commessa.

Un dettaglio non da poco in un momento in cui si capisce perfettamente che Trump, in difficoltà, ha chiesto ai servizi italiani di collaborare sul “Russiagate” contro i democratici e che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha taciuto sulla visita a Roma del ministro della Giustizia americano William Barr e di altri funzionari di Washington. Fa quindi amaramente sorridere che l’imposizione dei dazi americani su alcuni prodotti europei e alimentari italiani come il parmigiano non solo sia stata accettata dal governo, sia pure malvolentieri, ma che sia stata seguita anche dall’importazione dei caccia F-35 Usa.

Ma torniamo ai curdi che presto lasceranno la pelle nei combattimenti con la Turchia. Come si è arrivati a questa situazione? Il 7 agosto Turchia e Usa hanno raggiunto un accordo per la costituzione di una “safe zone” nel Nord della Siria.

L’area “cuscinetto” prevista nell’accordo è larga 30-32 chilometri e lunga 480, estesa in territorio siriano lungo il confine turco a partire dalla riva Est del fiume Eufrate fino al confine con l’Iraq. Un’area su cui il presidente turco ha preteso il controllo della Turchia, sia per eliminare le postazioni dei curdi siriani dello Ypg, considerati fiancheggiatori del gruppo terroristico Pkk, ma anche per creare un corridoio in cui ricollocare il maggior numero possibile dei 3,6 milioni di siriani fuggiti in Turchia a partire dal 2011.

Americani e turchi avrebbero dovuto esercitare un pattugliamento congiunto di questa vasto pezzo di Siria ma ora Trump ha dato il via libera a Erdogan e i soldati americani, per evitare scontri con un esercito della Nato, si allontanano dalla zona.

Alcune considerazioni. L’Onu dovrebbe intervenire visto che si tratta di un’invasione. Ma l’Onu è un ectoplasma. In secondo luogo sono in corso trattative tra Turchia, Iran e Russia sul futuro della Siria e Assad conta sull’appoggio di Mosca che ha raggiunto importanti intese militari ed economiche con Ankara. In terzo luogo Assad potrebbe intervenire contro Erdogan usando gli stessi curdi o altre milizie per rendere la vita difficile ai turchi.

Ma, tenuto conto di questi fattori, l’opzione meno probabile è un intervento siriano soprattutto perché ad Assad interessa rientrare in controllo di Idlib e provincia, dove sono presenti truppe e milizie filo-turche, che è un’area per lui assai più strategica del Rojava. Ecco perché i curdi si ritroveranno soli, come altre volte è avvenuto nella storia.

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