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15/12/2019

2/Autonomia differenziata. Dallo Stato centrale ai territori. Chi comanda?

L’onda del processo di costruzione della U.E. si pone, dunque, alla base della ridefinizione dell’intero sistema di relazioni economiche, politiche ed istituzionali, con una convulsa dialettica interna, che si protrae ormai da decenni, che vede protagonista il blocco economico-finanziario della nostra borghesia organica al processo di costruzione della U.E. ed i suoi trasversali riferimenti politici, impegnati in una incessante richiesta di “riforme”, che ha travolto e tende sempre più a sovvertire le relazioni pubblico-privato, centro-periferia.

L’azione combinata delle politiche di privatizzazione e della gestione del debito costituiscono l’epicentro di una destabilizzazione delle relazioni politiche ed istituzionali in cui ruolo e funzioni dello stato centrale “arretrano” a fronte dell’imporsi del nuovo centro del sistema di relazioni ordo-liberiste della U.E. e dalla strutturazione economico–produttiva di aree territoriali svincolate dalla logica di sistema-paese ed a pieno titolo inserite nella competizione interna al polo geo-economico politico della U.E.

La crisi del sistema di rappresentanza politica e istituzionale della prima repubblica, dalla vicenda giudiziaria di tangentopoli, alle istanze autonomiste e secessioniste della prima ora delle varie leghe del Nord – Est, hanno rappresentato l’originario “brodo di coltura”, con una inestricabile relazione di causa ed effetto con le dinamiche sociali ed economiche, di un perdurante processo di transizione istituzionale caratterizzato da elevata instabilità politica, avviatosi negli anni ’90 e tuttora in corso, contraddistinto dalle manomissioni dei fondamentali pilastri dell’architettura costituzionale funzionali alla coesione sociale e nazionale.

L’impossibilità imposta dall’adesione ai trattati costitutivi della U.E. di concepire attraverso i canali del sistema di finanziamento pubblico piani di politica industriale in una organica visione di sistema-paese, con conseguente drastico ridimensionamento dei trasferimenti alla pubblica amministrazione e blocco del pagamento dei crediti per i servizi forniti alla stessa da aziende territoriali, hanno determinato, al pari di altri aspetti connessi alle funzioni di redistribuzione di ricchezza e mediazione sociale propri al sistema di Welfare ante U.E., il sostrato di due fenomeni intimamente correlati: la contrazione del mercato interno di beni e servizi sostenuto proprio dai trasferimenti della P.A., lo svuotamento delle funzioni di tenuta nazionale e coesione sociale garantita dall’azione statuale. Un sostanziale “svuotamento” del ruolo e delle funzioni dello Stato a livello centrale che sul versante politico ha dato corpo ad una prima fase delle tensioni autonomiste e federaliste incentrate proprio sulla richiesta dei territori più ricchi sotto il profilo economico e produttivo del Nord-Est di gestione in proprio delle risorse fiscali, propalate come indebitamente espropriate dallo Stato centrale per finalità clientelari e comunque poste a sostegno del parassitismo del meridione.

La subalternità al modello di relazioni economiche imposto dalla piattaforma economico-produttiva della U.E. fondato sul primato delle esportazioni, ha modellato il nuovo triangolo industriale lombardo, veneto, emiliano facendo leva su strutture produttive rappresentanti filoni e fasi diverse della storia industriale e del capitalismo nostrano, ma con un originario elemento comune: una radicata tradizione produttiva elevata a sistema di valori condiviso, egemonizzata culturalmente dalle classi dominanti. La tradizione industriale meneghina, il capitalismo diffuso Veneto e la tradizione cooperativistica dell’Emilia-Romagna, non sono ovviamente le uniche culture industriali del nostro paese, basta considerare la storia dei vari distretti industriali sparsi in più punti della nostra penisola, ma la pluralità di esperienze industriali sedimentate nei loro territori, lontano dai limiti delle monoculture, hanno rappresentato la base per la trasformazione del territorio in sistema integrato elevato a fattore strutturale per le necessità della valorizzazione/competizione.

Il rapporto pubblico-privato, che ha contraddistinto l’intera fase storica post bellica in cui, all’interno di uno scontro di classe per la redistribuzione della ricchezza sociale ad alta intensità, la funzione dell’intervento pubblico si è affermata come garante degli interessi generali, si è completamente sovvertito con l’assunzione del primato della razionalità gestionale del privato. Un processo parallelo all’esautoramento delle funzioni di indirizzo economico dello stato centrale e all’affermazione delle aree industriali territoriali come i nuovi centri dello sviluppo economico, la cui relazione con il centro economico-finanziario della U.E. abbisogna di spazi di autonomia amministrativa e gestionale, con una diversa funzione dell’intervento dello Stato centrale da garante dell’interesse generale nazionale a strumento della competizione intra U.E. (fine seconda parte)

prima parte: Autonomia differenziata. Una riorganizzazione della governance capitalista nel nostro paese

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