di Michele Giorgio
Un passo deciso verso la guerra ma anche un nuovo regalo a Israele.
Sarebbe riduttivo leggere l’uccisione di Qassem Soleimani come un
semplice atto, spettacolare, di forza della superpotenza americana
decisa ad andare al conflitto aperto con Tehran. Ordinando
l’eliminazione del generale iraniano, Donald Trump ha realizzato uno dei
sogni principali di Israele che aveva Soleimani, assieme al leader del
movimento sciita libanese Hezbollah, Hassan Nasrallah, in cima alla
lista dei suoi nemici. E ha fugato i dubbi che avevano
attraversato i vertici politici e militari israeliani nei mesi scorsi,
quando la Casa Bianca dopo l’abbattimento di un drone Usa nel Golfo e il
bombardamento degli impianti petroliferi sauditi – entrambi attribuiti a
Tehran – aveva, a sorpresa, deciso di non rispondere.
Israele da anni reclama il pugno di ferro americano contro l’Iran, fino alla guerra.
E non si accontenta dell’uscita di Washington dal Jcpoa, l’accordo
internazionale sul programma nucleare iraniano, e delle pesanti sanzioni
economiche Usa contro Tehran. Ritiene che solo la distruzione delle
centrali atomiche iraniane, anche a costo di un conflitto che avrebbe
conseguenze devastanti, potrà mettere fine alle velleità di Tehran di
dotarsi di ordigni nucleari – la Repubblica islamica ha sempre negato
che sia questa la sua intenzione – lasciando in Medio Oriente solo a
Israele la capacità strategica nucleare che possiede (segretamente) da
decenni. Perciò ieri era palpabile la soddisfazione Benyamin Netanyahu.
Il premier ha difeso l’attacco Usa. «Così come Israele ha diritto
all’autodifesa, gli Stati Uniti hanno esattamente lo stesso diritto», ha
detto. Secondo lui Soleimani «era responsabile della morte di cittadini
americani e di molte altre persone innocenti» e «stava pianificando
altri attacchi». Per Netanyahu «il presidente Trump ha tutto il
merito di avere agito con rapidità, forza e decisione. Israele è dalla
parte degli Stati Uniti nella loro giusta lotta per la pace, la
sicurezza e l’autodifesa».
Netanyahu ha poi ordinato ai ministri del suo governo di non
rilasciare commenti e all’esercito il rafforzamento dei dispositivi di
sicurezza, in particolare sul Golan occupato. Parlamentari ed esponenti
della maggioranza così come dell’opposizione invece non hanno avuto
freni ed hanno gioito e celebrato l’eliminazione di Soleimani. Non che Israele in questi anni non abbia mai tentato o pensato di uccidere il generale iraniano.
Lo ricordavano ieri proprio i media israeliani. Ma lo Stato ebraico
agisce in modo diverso dagli Usa. Washington ama le azioni plateali. Il
servizio segreto israeliano Mossad invece colpisce senza rivendicare e
lasciare tracce. Yossi Cohen, il capo del Mossad, pochi
mesi fa in una intervista aveva “previsto” l’uccisione del generale
iraniano. Pochi giorni prima i media iraniani avevano riferito di un
tentativo fallito «arabo-israeliano» di assassinare Soleimani.
Celebrano in silenzio le petromonarchie del Golfo nemiche dell’Iran.
Riyadh aveva sempre individuato in Soleimani l’artefice principale del
fallimento della sua strategia in Siria, finalizzata alla caduta del
presidente Bashar Assad, e dell’accresciuta influenza di Hezbollah in
Libano. Lutto invece a Gaza. Bassem Naim, un portavoce di Hamas,
ha scritto su Twitter che l’assassinio «apre le porte della regione a
tutte le possibilità, tranne la calma e la stabilità. Gli Stati Uniti ne
hanno la responsabilità» Per il Jihad islami,
organizzazione storicamente legata all’Iran, «l’alleanza della
resistenza non sarà sconfitta, non sarà spezzata e la sua integrità
diventerà più forte nell’affrontare il progetto sionista-americano». Il
presidente siriano Bashar Assad ha commentato che il suo popolo «non
dimenticherà la presenza di Soleimani al fianco dell’esercito siriano
per difendere la Siria dal terrorismo e dai suoi sostenitori». Hezbollah
libanese, che deve a Soleimani il rafforzamento del suo arsenale di
missili e armi, ha promesso vendetta. «Infliggere la giusta punizione a
questi criminali assassini sarà la responsabilità e il compito di tutti i
combattenti della resistenza nel mondo», ha affermato Hassan Nasrallah.
«Noi che siamo stati al fianco di Soleimani – ha aggiunto – seguiremo
le sue orme e ci batteremo giorno e notte per conseguire i suoi
obiettivi».
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