Traduzione da Resumen Latino Americano. Scritto da Hugo Descalzo
In questa casa, avvenne il combattimento della Calle Corro. Dopo 45 anni, i compagni e le compagne sono ancora vivi nella memoria di chi non si arrende.
Un breve racconto di quel giorno. "Era mattina, era il 29 settembre 1976. Il quartiere di Floresta (sopra la Calle Corro) era militarizzato, la casa fu circondata da più di cento soldati e uomini dei gruppi d’azione che caratterizzavano il Primo Corpo dell’Esercito e il Gruppo di Artiglieria Aerea 101 (GADA).
C‘erano auto, carri armati, camion con bazooka e anche un elicottero. Questo gruppo era guidato dal colonnello Roberto Roualdes e da Ernesto "El Nabo" Barreiro, repressore della città di Cordoba condannato per il suo ruolo in quella provincia. Era al comando anche il gerarca del Battaglione 601, Hector Vergez.
Testimonianze di coscritti rendono conto della partecipazione di varie, se non di tutte le forze di sicurezza, oltre all’esercito, con centinaia di effettivi. Dalla polizia federale, anche in borghese, al corpo dei vigili del fuoco, alla Gendarmeria. Uno schieramento proveniente da diversi luoghi il cui l’ordine era di ′′sparare verso l’alto". Verso quella terrazza si trovavano barricati i cinque militanti.
Vicki Walsh, Alberto Molinas Benuzzi, Ismael Salame, José Carlos Coronel e Ignacio Bertrán, membri del segretariato dei Montoneros.
Venne scatenato un durissimo e assolutamente disuguale scontro a fuoco, in cui militanti hanno resistito per più di un’ora e mezza.
Leggiamo la lettera del padre di Vicki, lo scrittore e compagno Rodolfo Walsh (ne abbiamo parlato qui):
Le sette del mattino del 29 sono state suonate dagli altoparlanti dell’esercito, con i primi colpi. Seguendo il piano di difesa concordato, è salito sulla terrazza il segretario politico Molina, mentre Coronel, Salame e Beltran rispondevano al fuoco dal piano terra. Ho rivisto la scena attraverso i suoi occhi: la terrazza sopra le case basse, il cielo appena sveglio e la recinzione. La recinzione formata da 150 uomini, i mezzi schierati, il carro armato. Mi è arrivata la testimonianza di uno di quegli uomini, un coscritto.
"Il combattimento è durato più di un’ora e mezza. Un uomo e una ragazza rispondevano dall’alto. La ragazza ha attirato la nostra attenzione perché ogni volta che tirava una raffica col mitra e noi ci tuffavamo, lei rideva.“
Ho cercato di capire questa risata. Il mitragliatore era un Falco e mia figlia non aveva mai usato questa arma, anche se sapevo che aveva la guida con le istruzioni.
Le cose nuove, sorprendenti, l’hanno sempre fatta ridere. Senza dubbio era nuovo e sorprendente per lei, che davanti a una semplice pulsazione del dito, potesse germogliare una raffica e che davanti a quella raffica 150 uomini si dovessero tuffare a terra, sui ciottoli, a partire dal colonnello Roualdes, capo dell’operazione.
Ai mezzi dell’esercito si è aggiunto un elicottero che girava intorno alla terrazza, circondata dal fuoco.
"All’improvviso – dice il soldato – c’è stato un silenzio. La ragazza ha lasciato la mitragliatrice, si è affacciata in piedi sul parapetto e ha aperto le braccia. Abbiamo smesso di sparare senza che nessuno lo ordinasse e siamo riusciti a vederla bene. Era magra, aveva i capelli corti ed era in camicia da notte. Ha iniziato a parlarci ad alta voce ma molto tranquilla. Non ricordo tutto quello che ha detto. “ Voi non ci uccidete – dissero – noi scegliamo di morire”. Poi si sono portati una pistola alla tempia e si sono uccisi davanti a tutti noi.”
Non ti potrò dire addio, sai perché. Moriamo perseguitati, nel buio. Il vero cimitero è la memoria. Ti tengo lì, ripeto le tue azioni, ti festeggio e forse ti invidio, cara mia.
Ho parlato con tua madre. È orgogliosa del suo dolore, sicura di aver capito la tua breve, dura, meravigliosa vita.
Vicki avrebbe potuto scegliere altre strade diverse senza essere disonorevole, ma quello che ha scelto era la più giusta, la più generosa, la più ragionata. La sua lucida morte è una sintesi della sua breve vita. Non ha vissuto per lei: ha vissuto per gli altri, e questi altri sono milioni. La sua morte sì, la sua morte è stata gloriosamente sua, e in questo orgoglio io trovo me stesso e sono io che rinasco da lei.”
Quando si scriverà la vera storia, Vicki e i suoi compagni, saranno riportati nei libri di scuola come patrioti montoneros del XX secolo.
Dire "montoneros" significa ricordare un fenomeno giovanile peronista antioligarchico imbattibile. Implica ricordare un impegno esistenziale per la causa del popolo fino all’estremo, poche volte visti prima nella nostra storia.
Significa ricordare una militanza politica caratterizzata da una morale esemplare di fronte alle tentazioni del denaro e del potere. In questo senso l’identità "montoneros" è un patrimonio politico-culturale di tutto il popolo argentino per sempre.
MONTONEROS PATRIA O MORTE
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