Alla fine la bomba è scoppiata, il Re è nudo e la minaccia di Draghi diventa profezia che si auto-avvera.
È infatti un report dell’Istat a certificare che per circa la metà delle imprese italiane molte delle misure che costituiscono il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza non hanno “nessuna” rilevanza come fattore di sostegno nel primo semestre del 2022.
Il report dell’Istat, “Situazione e prospettive delle imprese dopo l’emergenza sanitaria Covid-19“, rivela a pag.13 che i capitoli del PNRR su “digitalizzazione”, “rivoluzione verde” ed “infrastrutture e mobilità sostenibili”, vengono considerati da circa la metà delle imprese italiane “non rilevanti come traino dell’attività”.
Il fattore di sostegno più importante viene invece considerata la domanda interna, e qui si scoperchia la contraddizione.
Andiamo con ordine
Era il dicembre 2020, Draghi non era ancora Presidente del Consiglio, ma già più di qualcuno – e noi tra questi – affermavamo che lo sarebbe diventato molto presto facendo le scarpe al “povero Conte”, così come era avvenuto nel 2011 con Berlusconi, silurato da un Draghi prossimo allo scranno della BCE e sostituito da Monti.
Nel dicembre 2020 il rapporto Reviving and Restructuring the Corporate Sector Post-Covid, del Group of 30 coordinato proprio da Mario Draghi, affrontava molte questioni decisive in relazione al rapporto fra sussidi pubblici e imprese e venne fuori la categoria di “imprese Zombie”.
Le imprese zombie vengono ritenute tali quando non sono più in grado di coprire i costi a servizio del debito con i profitti correnti e dipendono dai creditori per la loro sopravvivenza.
Il termine “imprese zombie” è stato coniato per indicare le imprese sostenute dalle banche giapponesi durante il cosiddetto “Decennio perduto”, il periodo successivo al crollo della bolla dei prezzi del 2001.
Diversi studi suggeriscono che queste imprese abbiano contribuito alla stagnazione economica del Giappone, distorcendo la concorrenza sul mercato e deprimendo i profitti e gli investimenti in imprese sane.
Uno studio ha poi rilevato che il numero di imprese zombie aumenta, in corrispondenza della diminuzione delle dimensioni dell’azienda, il che aumenta le preoccupazioni circa un numero crescente di “invisibili” morti viventi tra le aziende più piccole. Uno scenario terrificante che in Italia coinvolge la maggior parte delle imprese che, come noto, sono piccole o micro.
A febbraio 2021 Draghi diventa presidente del Consiglio e torna a declinare questa visione facendo intendere che le imprese ritenute “zombie” non dovranno aspettarsi alcun sostegno dallo Stato.
Nel suo intervento del 17 febbraio al Senato, che votò la fiducia al nuovo esecutivo di unità nazionale, Draghi affermò testualmente che: “Uscire dalla pandemia non sarà come riaccendere la luce. Questa osservazione, che gli scienziati non smettono di ripeterci, ha una conseguenza importante. Il governo dovrà proteggere i lavoratori, tutti i lavoratori, ma sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche”, dando così attuazione nel suo programma di governo alla decimazione delle imprese ritenute “zombie” dallo studio che aveva coordinato due mesi prima.
Draghi ha poi specificato nel suo discorso che: “alcune imprese dovranno cambiare, anche radicalmente. E la scelta di quali attività proteggere e quali accompagnare nel cambiamento è il difficile compito che la politica economica dovrà affrontare nei prossimi mesi”.
Di conseguenza il nuovo governo avrebbe decretato lo stop ai sussidi indiscriminati a tutte le imprese; l’individuazione dei settori con maggiori margini di crescita; il sostegno ai settori così individuati; disincentivi per le banche agli impieghi non ben ponderati rispetto ai margini di crescita dell’azienda; incentivi alle aggregazioni e fusioni aziendali; sostegno alla perdita di reddito e non al posto di lavoro improduttivo.
Una selezione feroce richiesta dall’Unione Europea
Dunque il PNRR è stato concepito non per lo sviluppo complessivo del paese dopo la recessione, già consolidata prima della pandemia e poi con la pandemia, ma per far arrivare i finanziamenti solo ad alcune imprese e non ad altre, per far crescere le concentrazione e lasciar morire le imprese zombie.
L’altra contraddizione messa in evidenza dai risultati rilevati dal report dell’Istat, è che molte imprese italiane sono tarate sul mercato interno e non su quello internazionale. Ragione per cui le loro attività e le prospettive sono legate più alla domanda interna che alle esportazioni o alle delocalizzazioni all’estero.
Ma domanda interna significa sicuramente necessità di salari più alti per spingere i consumi e gli investimenti.
Tutto il contrario di quello che hanno in testa la Bce e i “mercantilisti” che hanno solo due ossessioni: bloccare l’inflazione colpendo i salari e produrre per l’export piuttosto che per il mercato interno, anche a costo di deprimere consumi, salari e domanda interna.
L’impoverimento sociale e il deserto industriale lasciato in questi anni di dominio di tali tesi – e delle misure economiche conseguenti che hanno afflitto il nostro paese dal 1992 a oggi – sono lì a mostrare i danni provocati.
Ma questa selezione feroce tra le imprese che devono morire e quelle che possono sopravvivere perché più grandi, concentrate, internazionalizzate, finanziate, è esattamente il progetto perseguito dalla nascita dell’Unione Europea e dell’Eurozona, con l’ambizione di creare borghesie più forti – liquidando quelle più deboli – fino a portarle ad una unica dimensione europea per affrontare la competizione globale.
Per nascondere i visibili danni fatti in trenta anni, hanno perculato il paese per mesi con il PNRR e “i soldi dell’Europa”. Ma appena qualcuno si è preso la briga di andare a vedere cosa c’era dentro, ha compreso subito che per molti non ci saranno neanche le briciole.
Lo avevamo intuito subito per lavoratori e disoccupati. Adesso pare che l’abbiano chiaro anche settori dell’imprenditoria, quelli che vengono definiti da Draghi come “zombie”.
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