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28/06/2022

Poste italiane: l’inesorabile declino del servizio pubblico universale


Se andate sul sito dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni/Aree tematiche “Servizio Universale”, leggerete, in cima “Il servizio universale postale rientra tra i servizi di pubblica utilità ed è volto a garantire a tutti i cittadini la possibilità di fruire dei servizi postali, definiti dal legislatore ‘essenziali‘”.

Se poi scorrete, trovate un lungo comunicato in cui AGCOM, fra le altre cose, afferma che, nel 2021, in esito al “controllo sull’affidamento del servizio universale nell’ultimo quinquennio”, ha “verificato la conformità del servizio svolto da Poste Italiane alle garanzie di continuità e qualità nonché la rispondenza ai criteri di riduzione dei costi e di redditività degli investimenti previsti dal Contratto di Programma, stipulato tra il MISE e Poste Italiane”.

Cosa poi intendano per “conformità”, lo spiegano di seguito indicando alcuni parametri che riguardano esclusivamente gli standard qualitativi delle consegne di posta e pacchi.

Ebbene, io, stamane, mi sono recato in posta per ritirare una raccomandata che il postino non era riuscito a consegnarmi ed ho dovuto attendere un’ora e mezza prima che toccasse a me perché la situazione agli sportelli era quella che vedete nella foto: un solo impiegato per il servizio pubblico e l’altro al commerciale.

Ho provato a chiedere a quei due impiegati perché gli sportelli fossero quasi tutti vuoti e la risposta all’unisono è stata: “non c’è personale”.

Queste sono le conseguenze della selvaggia privatizzazione, che ha portato con sé una mutazione genetica di Poste Italiane: da ente gestore del servizio postale pubblico ad erogatore di servizi finanziari e di consegna in concorrenza con le altre grandi aziende private.

Da quando, nel 1998, fu trasformata in una SPA, Poste Italiane è stata fatta oggetto, da parte di tutti i governi che si sono succeduti alla guida del paese, di un lento ed inesorabile processo di privatizzazione che ha messo sempre di più al centro delle proprie attività il profitto a scapito proprio del servizio pubblico universale, con buona pace delle sciocchezze che scrive l’AGICOM sul suo sito.

D’altronde si sa, soprattutto, a cosa non servono le “Autorità di Garanzia” in Italia.

Poste Italiane resta, comunque, per la Cassa Depositi e Prestiti, una gallina dalle uova d’oro: gli uffici postali sono fondamentali per la raccolta del risparmio dei cittadini italiani (circa 12 milioni di famiglie), che sottoscrivendo libretti e Buoni fruttiferi postali (per circa 240 miliardi di euro) garantiscono alla CDP una “potenza di fuoco” sui mercati.

Ma sono anche serviti, a partire dai primi anni dello scorso decennio in poi, ai vari governi di csx e cdx, per soddisfare le richieste di Bruxelles, oberati dai 54 miliardi annuali (il famigerato Fiscal Compact) da pagare in “interessi sul debito pubblico” (le cedole semestrali o annuali da versare sui conti correnti degli obbligazionisti, in genere banche, assicurazioni, fondi comuni, ecc).

La privatizzazione della cassaforte che contiene i risparmi di decine di milioni di cittadini – soprattutto poveri e pensionati – e che alimenta la Cassa Depositi e Prestiti, è stata, inoltre, usata da tutti i governi come l’unico salvadanaio scassinabile per fare investimenti. Soprattutto, per continuare a finanziare le solite “grandi opere”, specialmente quelle inutili e dannose.

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