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30/06/2022

È emergenza siccità ma le reti idriche perdono il 42% dell’acqua

È allarme siccità: fiumi deserti e laghi prosciugati. Le cause? Certamente in primo luogo le temperature eccessive che sono conseguenza diretta della crisi climatica. Poi c’è l’inquinamento che proviene dalla stessa agricoltura (fertilizzanti e antiparassitari) e dall’industria (metalli pesanti, arsenico, diossina, Pfas). E poi molte città non hanno ancora gli impianti di depurazione.

Ma l’attuale emergenza acqua in Italia è dovuta anche alla mancata manutenzione della rete idrica. E cosa è stato fatto per risolvere un problema che riguarda gran parte del paese? Nulla. Anzi, si continua ad andare nella direzione opposta.

Il 30 maggio scorso, con 180 voti favorevoli, 26 contrari e un’estensione, il Senato ha approvato il disegno di Legge d’iniziativa governativa (collegato alla Legge di Bilancio) n. 2469 (cd. Ddl Concorrenza), ovverosia la “Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021”.

Il testo è poi passato ora alla Camera per la seconda lettura. Come si legge sul Sole 24 Ore, ci sarà poi una terza lettura al Senato, che l’intesa politica prevede solo formale, per arrivare all’approvazione definitiva, secondo gli auspici del governo, entro metà luglio o entro la pausa di inizio agosto.

In base al DdL Concorrenza, l’acqua pubblica finirà definitivamente e completamente nelle mani dei privati. Un bene primario trasformato in “merce”.

La stessa sorte toccherà ai servizi pubblici, senza eccezione alcuna: la gestione degli acquedotti, dei trasporti urbani, della raccolta dei rifiuti, i centri di assistenza ai cittadini.

Il Forum per i movimenti in difesa dell’acqua ricordano che “era il 5 agosto 2011 quando l’allora governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, insieme al presidente della Banca centrale europea Jean-Claude Trichet, scrisse una lettera al presidente del Consiglio Berlusconi, in cui indicava come necessarie e ineludibili le privatizzazioni su larga scala, con particolare riferimento ai servizi pubblici”.

Da allora, incuranti del risultato storico di quel referendum, le municipalizzate che gestiscono i servizi idrici si sono trasformate in società per azioni (con la sola eccezione di Napoli) a partecipazione sia pubblica che privata, che dividono la maggioranza degli utili tra gli azionisti.

Quote di queste nuove aziende sono state acquistate anche da multinazionali e fondi di investimento stranieri. E la ragione è chiara: non esiste un investimento migliore, visto che si tratta di un regime di monopolio, in cui le tariffe sono assicurate e non esiste obbligo di investimenti nella rete.

A undici anni da quel referendum il risultato è che le perdite idriche della rete sono aumentate in media del 50% mentre le bollette diventano ogni anno più salate.

Ora, credete davvero che i privati che acquisiranno completamente la proprietà delle municipalizzate che gestiscono l’acqua faranno gli investimenti straordinari resi necessari dal cattivo stato della rete idrica? Oppure preferiranno accaparrarsi gli utili?

E quante delle attuali enormi perdite di reti ed acquedotti sono la conseguenza diretta delle privatizzazioni già avvenute in barba al referendum del 2011 e dell’infinita avidità di amministratori ed azionisti che, in questi undici anni, hanno questi preferito intascare i dividendi invece di investire nella manutenzione straordinaria di reti ed impianti?

Il 12 giugno del 2011, 26 milioni di italiani si recarono alle urne per chiedere che l’acqua restasse un bene di natura esclusivamente pubblica e che da essa non si traesse profitto. Quella volontà popolare è stata definitivamente cancellata dal governo Mario Draghi.

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