Nella notte tra mercoledì 22 giugno e giovedì, si sono verificati violenti scontri armati tra milizie nella capitale libica Tripoli. Il bilancio attuale è di almeno tre morti.
Da quanto emerso, i gruppi armati coinvolti nelle schermaglie sono la milizia Rada, affiliata al ministero dell’Interno, e le Forze di sostegno alla stabilità, coalizione di gruppi armati vicini alla presidenza del governo e al ministero della Difesa. Fonti di Agenzia Nova riferiscono di scontri anche nell’area di Janzur, periferia ad ovest della capitale.
Intanto, le Nazioni Unite hanno esortato i leader libici ad astenersi “dall’uso della data del 22 giugno come strumento di manipolazione politica”. Lo ha affermato il vice portavoce delle Nazioni Unite, Farhan Haq, citato dal sito web d’informazione libico Libya al Ahrar. “Il 22 giugno ha fissato una data per la fine della road map a condizione che le elezioni presidenziali e parlamentari si tengano prima di tale data: cosa che non è avvenuta”, ha detto Haq, sottolineato che le Nazioni Unite “restano fermamente convinte che le elezioni siano l’unico modo per rinnovare la legittimità di tutte le istituzioni in Libia”.
Il portavoce ha dichiarato che “la priorità delle Nazioni Unite in Libia è facilitare lo svolgimento di elezioni su una base costituzionale e giuridica concordata”. Haq ha invitato i leader libici a raddoppiare i loro sforzi per mantenere la calma e la stabilità in questo momento critico della transizione politica in Libia.
Il primo ministro nominato dal parlamento basato nell’est del Paese, Fathi Bashagha, ha scritto ieri una lettera indirizzata al segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, in cui sostiene che il mandato delle Nazioni Unite per portare la Libia alle elezioni, a suo dire, “è ufficialmente scaduto” e spetta ora al Governo di stabilità nazionale (Gsn) con sede provvisoria a Sirte portare il Paese al voto “alla prima opportunità possibile”.
Il riferimento di Bashagha è alla scadenza di 18 mesi della roadmap del Foro di dialogo politico libico (Ldpf), organismo di 74 membri patrocinato dall’Onu. In un video-messaggio, infatti, Bashagha ha dichiarato “decaduto” il Governo di unità nazionale (Gun) del premier ad interim, Abdulhamid Dabaiba
“Non c’è più alcuna legittimità costituzionale per coloro che oggi occupano la sede del governo libico nella capitale, Tripoli”, ha detto Bashagha, in riferimento al governo Dabaiba. “L’autorità deve essere legale e costituzionale, non imponendo la forza e il fatto compiuto. Abbiamo rispettato l’Accordo di Ginevra e ne abbiamo accettato i risultati, che sono scaduti il 21 giugno”, ha aggiunto Bashagha.
Nel febbraio del 2021, i membri dell’Lpdf riuniti a Ginevra con il patrocinio delle Nazioni Unite avevano eletto Mohamed Menfi e Abdulhamid Dabaiba alla guida, rispettivamente, del Consiglio Presidenziale e del nuovo esecutivo di unità nazionale. Le due istituzioni erano state incaricate di traghettare il Paese verso le elezioni parlamentari e presidenziali fissate per il 24 dicembre dell’anno scorso.
L’articolo 3 comma 2 della cosiddetta tabella di marcia “Per la fase preparatoria di una soluzione globale”, approvata a Tunisi nel novembre 2020, prevede che la road map si concluda “entro un massimo di diciotto (18) mesi a condizione che si tengano le elezioni presidenziali e parlamentari – secondo la base costituzionale – il 24 dicembre 2021”.
Ma le consultazioni – alle quali si erano candidati anche Saif al Islam Gheddafi, il figlio del defunto rais, il generale Khalifa Haftar e lo stesso Dabaiba – non si sono mai tenute a causa delle dispute politiche e delle divergenze sulle leggi elettorali. Legalmente, dunque, il “conto alla rovescia” della road map non è mai partito, ma il nodo politico resta e scioglierlo non sarà facile.
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