Boris Johnson continua a fare il gradasso in giro per l’Europa alimentando la guerra e l’escalation, ma nelle sue retrovie il fronte interno si sta facendo sempre più pesante.
Dopo aver superato per un soffio la richiesta di sfiducia per il caso dei party durante il lockdown, deve fare i conti con il più poderoso sciopero dei ferrovieri degli ultimi quaranta anni ed ora anche con la secessione della Scozia.
“Non saremo prigionieri di Boris Johnson”: con queste parole la premier scozzese Nicola Sturgeon ha annunciato che il governo intende tenere un secondo referendum sull’indipendenza del paese dal Regno Unito. La data indicata è quella del 19 ottobre 2023.
Il governo di Johnson, fino ad oggi si è rifiutato di riconoscere a Edimburgo il potere di indire un nuovo voto, ma la premier scozzese Sturgeon ha annunciato che solleverà dinanzi alla Corte Costituzionale britannica la questione se il suo esecutivo possa legiferare in tal senso.
Secondo The Guardian molti giuristi costituzionali ritengono che la Corte stabilirà che sarebbe illegale per il governo scozzese organizzare un referendum di questo tipo senza che Westminster gli dia i poteri per farlo, ai sensi della sezione 30 dello Scotland Act.
Insomma si verrebbe a creare una situazione simile a quella del referendum sull’indipendenza in Catalogna, “illegalizzato” dal governo di Madrid ma tenutosi lo stesso in mezzo a episodi di repressione poliziesca violentissimi.
La premier scozzese Sturgeon ha affermato di voler prevenire inevitabili battaglie legali con gli oppositori dell’indipendenza e il governo del Regno Unito su questa questione, da qui la richiesta alla Corte Suprema.
Nel Parlamento scozzese, attualmente è prevalente una maggioranza favorevole all’indipendenza. Il Partito Nazionale Scozzese (Snp) più i Verdi, sono convinti che la Scozia debba prendere in mano il proprio futuro e non essere più legata al Regno Unito e al suo attuale governo conservatore.
Nel referendum sulla Brexit, gli scozzesi votarono al 62% per il remain cioè rimanere nella UE. Già allora gli indipendentisti scozzesi avrebbero voluto tenere un nuovo referendum perché era cambiato il contesto. Ma il premier Johnson rispose in modo lapidario: un altro referendum non si dovrebbe fare per i prossimi 40 anni.
Nel referendum del 2014 (due anni prima di quello sulla Brexit) gli indipendentisti scozzesi arrivarono a un soffio dal traguardo: il 45% degli scozzesi si espresse per la secessione dal Regno Unito. Nove anni dopo la domanda nel referendum sarà la medesima: “La Scozia dovrebbe essere un Paese indipendente?”.
I sondaggi più recenti hanno rivelato che l’opzione dell’indipendenza al momento gode in media del sostegno del 48% degli scozzesi, mentre il 52% è contrario.
Il referendum però sarà consultivo. L’eventuale vittoria dei SI non attiverebbe automaticamente una secessione dal resto della Gran Bretagna, e una decisione simile dovrebbe comunque essere approvata dai Parlamenti di Regno Unito e Scozia.
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