L‘economia di guerra ai tempi del pareggio di bilancio
Il paese è in guerra e tocca fare i sacrifici: tagliati 25mila posti letto alla sanità pubblica. Dal 2023, verranno tagliati al Fondo Sanitario Nazionale 300 milioni l’anno (lo mette nero su bianco la relazione tecnica del governo allegata alla Legge di Bilancio).
Dopo tre anni di pandemia, 168.000 morti, i pronto soccorso intasati e la medicina territoriale allo stremo, era proprio quello che ci voleva, no? La Sanità privata ringrazia commossa.
Ma non è finita qui.
Ci chiedono anche: volete l’acqua o la pace?
Con il D.L. “concorrenza” (il disegno di legge sulla concorrenza approvato al Senato in attuazione del PNRR), fra non molto, un litro di acqua ci costerà come un litro di benzina. Quelli che lo hanno approvato sono gli stessi che hanno appena finito di spendere 400 milioni di euro per fare dei referendum su dei quesiti incomprensibili disertati dall’80% degli aventi diritto.
Gli stessi che hanno bellamente rimosso la volontà espressa dal popolo italiano con i referendum abrogativi del 2011, ai quali aveva votato il 55% circa dei cittadini, che si erano peraltro espressi al 95% per l’acqua pubblica, per i servizi pubblici locali e contro il nucleare.
E infine ci chiedono: volete la pace o l’istruzione? Ma la pace, no? Infatti, nel Documento di Economia e Finanza è previsto un taglio di mezzo punto percentuale della quota di PIL riservata all’Istruzione, che passerà dal 4% al 3,5% (per intenderci si tratta di un taglio di ben 15 miliardi di euro l’anno).
E sono gli stessi che hanno inviato 200 milioni di armi ai “resistenti ucraini” (cifra non aggiornata) e che hanno portato la spesa militare al 2% del PIL (3,5% del bilancio dello Stato) il 1° marzo scorso, approvando alla Camera un ordine del giorno votato a stragrande maggioranza.
Non è un impegno da poco, si tratta di passare dai circa 25 miliardi l’anno attuali (68 milioni al giorno) ad almeno 38 miliardi l’anno (104 milioni al giorno).
Aumentare di 13 miliardi all’anno le spese per l’acquisto di armamenti (li chiamano “investimenti per la difesa”), in regime di pareggio di bilancio, ovvero, da quando la legge costituzionale 1/2012 voluta ed approvata dal governo Monti ha introdotto il principio dell’obbligo di “assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio“, non poteva che portare a dei tagli in misura più o meno analoga alla spesa sociale.
E dopo una pandemia devastante (che non è ancora finita) quale miglior pretesto per tornare in pompa magna ai sacri e rigidi vincoli dell’austerity, voluti ed imposti al nostro paese dall’Unione Europea, di una lunga e provvidenziale guerra per procura come quella in atto in Ucraina?
Democrazia, democratura o governo degli stronzi?
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