Ad agosto del 2019 il controllo degli armamenti nucleari definito nei trattati bilaterali tra Usa e Urss nel 1987 ed ancora in vigore, subiva una pesante doccia fredda chiudendo un’era. Il Trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces) – siglato nel 1987 da Ronald Reagan e Mikhail Gorbaciov – era il secondo accordo vincolante rimasto in vigore tra Russia e Stati Uniti teso a garantire un equilibrio tra i due maggiori arsenali nucleari del mondo. Nel 2002 gli Usa avevano già abbandonato unilateralmente il Trattato ABM sulle armi anti-balistiche.
Con l’obiettivo di eliminare i missili balistici e da crociera di medio o corto raggio (500-550 km di gittata) lanciati da terra, armati in modo convenzionale o con testate nucleari, il Trattato INF prevedeva un attento regime di verifiche reciproche, comprese ispezioni nelle basi dove erano installati i missili, che segnarono l’era della cooperazione bilaterale tra Usa e Urss prima e tra Usa e Russia poi sul fronte del disarmo. Il 1° giugno 1991 le riduzioni degli arsenali erano state completate, con 2.692 missili americani e sovietici smantellati. La stagione degli euromissili era conclusa, il bando avrebbe dovuto avere durata illimitata.
Negli ultimi anni però sia Mosca che Washington si accusavano a vicenda di violare il Trattato.
La Nato ovviamente accusa la Russia di essere la sola responsabile del fallimento del Trattato INF. Mosca avrebbe violato i limiti imposti dal Trattato sviluppando un missile di gittata superiore ai 500 km: l’9M729, versione aggiornata del 9M728, denominato Iskander-M. Secondo la Nato ce ne sarebbero «interi battaglioni», schierati anche nella Russia occidentale più vicina all’Europa. Il missile sarebbe in grado di lanciare un attacco nucleare contro un Paese Nato dell’Europa occidentale, con brevissimo preavviso. I russi dicono però che il Novator 9M729 – SSC-8 per la Nato – ha una gittata massima di 480 km, e dunque è in regola: a loro volta puntano il dito sull’MK-41 statunitense.
A ottobre del 2018, alla vigilia delle elezioni di medio termine, il presidente statunitense Trump annunciava il ritiro unilaterale degli Usa dal Trattato INF dando alla Russia sei mesi di tempo per rientrare negli accordi. Di fronte all’impasse anche la Russia – ma a luglio 2019 – annunciava che si sarebbe ritirata dal Trattato INF specularmente al ritiro statunitense.
Alla scadenza dell’ultimatum statunitense, la Russia faceva sapere di aver chiesto agli Stati Uniti e agli altri Paesi Nato di dichiarare una moratoria sullo sviluppo di missili nucleari a breve e medio raggio in Europa, cioè sul territorio più esposto al venir meno del Trattato INF. Ma l’offerta veniva respinta dal segretario generale della Nato, Stoltenberg, definendola non credibile, in quanto secondo la Nato “la Russia ha schierato missili di questo tipo per anni. Non ci sono nuovi missili americani in Europa, né nuovi missili Nato. Ma ci sono sempre più missili russi”.
Ma la disdetta del Trattato INF nel 2019 non può essere “accollata” solamente a Trump.
Anche Obama già nel 2014 (l’anno dell’annessione della Crimea alla Russia) avrebbe preso in considerazione ma poi abbandonato la possibilità di un ritiro dal Trattato INF, ritenendo che la Russia avesse testato un missile da crociera (cruise, ndr) vietato dagli accordi.
Il nuovo missile di medio raggio che i russi avrebbero sviluppato era il Novator 9M729, in grado di lanciare un attacco nucleare contro un Paese della Nato in Europa, con brevissimo preavviso. Mosca replicò affermando di non aver violato gli accordi, e già in passato ha chiarito che i missili in questione non sono stati modificati o testati per superare la gittata proibita dal Trattato (oltre i 500km). Non solo, la Russia rilancia piuttosto le accuse agli Stati Uniti addossandogli la responsabilità di una nuova corsa agli armamenti a causa dell’abbandono di un altro Trattato: l’ABM.
Questo trattato poneva limiti ai sistemi strategici anti-missile (Anti-Ballistic Missile Treaty) e nel 2002 il presidente George W. Bush jr si era ritirato unilateralmente dall’ABM per poter sviluppare il cosiddetto “scudo spaziale” in Europa – il sistema di missili antimissili “Aegis Ashore” – da installare nei paesi Nato più vicini alla Russia e che aveva segnato una delle principali cause di tensione e del progressivo allontanamento tra russi e americani.
L’installazione di un sistema di difesa anti-missile in Europa, secondo Mosca, consente agli USA e alla NATO di lanciare missili da crociera e droni armati equivalenti ai tipi di armamenti che l’INF proibisce.
Nel 2016 le postazioni missilistiche dello Scudo Spaziale USA/NATO sono diventate operative sul teatro europeo in Polonia, Romania e Turchia.
Cosa è accaduto dunque tra il 2002 e il 2019 nei Trattati tra Russia, Usa e Nato?
Secondo il New York Times, in realtà, il motivo per cui gli Usa hanno deciso di ritirarsi dal Trattato INF ha più a che fare con la Cina, che non è vincolata a un trattato di cui non è firmataria e che, secondo gli Usa stava investendo massicciamente nello sviluppo missilistico. Ma gli effetti hanno inquietato sicuramente più Mosca che Pechino.
Di fatto, molti analisti ritengono che la vera ragione del ritiro americano dal Trattato INF sia stato quello di avere le mani libere per contrastare anche la minaccia cinese. Secondo la Casa Bianca, non è più possibile non coinvolgere nei negoziati per il controllo degli armamenti la Cina, con il suo arsenale di testate nucleari. Fonti dell’amministrazione Usa aggiungono che, una volta liberati dal vincolo del Trattato, gli Stati Uniti potranno condurre test su nuove tecnologie missilistiche.
A quel punto rimaneva un solo Trattato strategico bilaterale tra Usa e Russia sulle armi nucleari: il trattato Start (Strategic Arms Reduction Treaty). Lo Start pone un limite alle armi nucleari strategiche (1.550, il più basso da decenni) concesse ai rispettivi arsenali, riduce il numero di missili schierati a terra e basati su sottomarini, e il numero di bombardieri strategici. Il Trattato Start firmato nel 2010, era in scadenza nel 2021, con la possibilità di una proroga di cinque anni. A febbraio 2021 è stato siglata l’estensione di altri cinque anni del nuovo Trattato Start fissando un tetto di 1.550 testate e 700 missili e bombardieri dispiegati per ciascuno dei due Stati. L’accordo sarà valido fino al 5 febbraio 2026.
Ma le cose non vanno bene come dovrebbe essere, tutt’altro. Venerdì 25 febbraio, il giorno successivo all’attacco russo all’Ucraina, è circolata la notizia gli Stati Uniti hanno sospeso unilateralmente i colloqui con la Russia sul futuro del controllo degli armamenti e della stabilità strategica. Nei colloqui sospesi secondo il Wall Street Journal “le due parti hanno finora individuato posizioni completamente diverse nelle discussioni. Gli Stati Uniti hanno affermato che un futuro accordo dovrebbe coprire tutte le armi nucleari, la Russia ha replicato con una proposta secondo cui gli Stati Uniti dovrebbero ritirare le loro armi nucleari dall’Europa”.
In un suo commento a questa sospensione dei colloqui Putin ha letteralmente affermato che: “Per quanto riguarda gli affari militari, anche dopo lo scioglimento dell’URSS e la perdita di una parte considerevole delle sue capacità, la Russia di oggi rimane uno degli Stati nucleari più potenti. Inoltre, ha un certo vantaggio in diverse armi all’avanguardia. In questo contesto, nessuno dovrebbe dubitare che qualsiasi potenziale aggressore dovrà affrontare la sconfitta e le conseguenze infauste se dovesse attaccare direttamente il nostro Paese”.
La disdetta unilaterale statunitense del Trattato INF nel 2019, prima ancora quella sul Trattato ABM nel 2002, la sospensione dei colloqui sul Trattato Start nel 2022 e il tono dei commenti dei leader politici, rappresentano un punto di caduta pesante e inquietante che azzera quasi trenta anni di dialogo e controlli sugli armamenti nucleari strategici. Nulla di buono per il futuro, anche perché il clima che aveva portato alla firma dei Trattati sul disarmo delle armi nucleari sembra ormai appartenere ad un’altra fase storica, irriconoscibile e irripetibile nella nuova fase in cui siamo entrati.
Una guerra in incubazione da venti anni:
Vedi la prima puntata: La guerra contro la Jugoslavia nel 1999
Vedi la seconda puntata: Il conflitto in Georgia nel 2008
Vedi la terza puntata: La guerra in Donbass nel 2014
Vedi la quarta puntata: La guerra civile e gli interventi militari in Siria nel 2015
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