Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

29/06/2022

Francia - No all’estradizione degli esuli politici, fallita l’operazione “Ombre Rosse”

Si chiude nel migliore dei modi possibili l’ennesimo tentativo, tanto vergognoso quanto infame, da parte dello Stato italiano di soddisfare la sua sete di vendetta, accanendosi contro dieci esuli politici italiani che da 40 anni vivono e lavorano in Francia.

La Chambre de l’Instruction della Corte d’Appello di Parigi ha pronunciato ieri un “avis défavorable” in merito alla domanda di estradizione richiesta dall’Italia nei loro confronti.

Quella che era stata battezzata come l’operazione “Ombre Rosse” si chiude quindi con un fallimento totale per lo Stato italiano, nonostante il clamore mediatico e gli ignobili articoli della stampa mainstream assetata di vendetta, a seguito dell’arresto un anno fa di alcuni di questi esuli condotto dalla Direzione anti-terrorismo francese (SDAT) in collaborazione con l’Antiterrorismo della Polizia italiana e Servizio di cooperazione internazionale della Criminalpol.

All’udienza di ieri erano presenti Enzo Calvitti, Narciso Manenti, Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli, Marina Petrella, Sergio Tornaghi, Maurizio di Marzio, Raffaele Ventura e Luigi Bergamin. L’unico assente era Giorgio Pietrostefani, le cui gravi condizioni di salute non gli avevano già consentito di essere presente alle precedenti udienze che lo riguardavano.

Al Tribunale erano anche presenti alcuni provocatori che, guidati dal deputato della Lega Daniele Belotti, hanno gridato “assassini” durante la lettura della decisione. Speravano in un esito diverso, ovvero di veder condannati questi esuli (in gran parte settantenni) a pene detentive dalle condizioni psico-fisiche disumane.

Dal PD si esprime “delusione” per questa sentenza, giudicandola una “decisione grave” invocando “la sofferenza dei familiari e la memoria delle vittime”, dimenticandosi delle migliaia di giovani, militanti e non, uccisi dalla violenza dello stragismo fascista e di Stato o torturati nei commissariati e nelle carceri speciali.

Considerazioni squallide da parte di due partiti che si trovano uniti sotto il governo Draghi, battezzato proprio dall’arresto degli esuli in Francia che aveva accresciuto l’aura di legittimazione costruita dai media mainstream asserviti intorno a “Super Mario” come salvatore della patria.

Dall’altro lato, invece, quest’anno è stato affrontato con uno stato d’animo ed emotivo sofferto, con la paura di vedere distrutta un’intera vita ricostruita con sacrifici e difficoltà nel corso di questi 40 anni in Francia: relazioni familiari, amicizie, impegni in ambito sociale, accanto ad un comportamento irreprensibile sempre sotto occhiuta sorveglianza.

Una paura che aveva cominciato a farsi sentire quando, dopo l’arresto di Cesare Battisti in Bolivia e la sua estradizione in Italia accolta in gran pompa mediatica da Salvini e Di Maio, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si augurava che “tutti i latitanti fuggiti all’estero” fossero “consegnati alla giustizia italiana per scontare la pena per i gravi crimini di cui si sono macchiati”.

Se qualcuno sperava in una “estradizione rapida”, in realtà l’operazione aveva cominciato a sgonfiarsi già nelle sue prime settimane. Nel corso di quest’anno ha avuto luogo una lunga serie di udienze, spesso rinviate per consentire l’invio dall’Italia del “complemento di informazioni” relativo alle condanne pronunciate in molti casi oltre 30 anni fa, oltre agli elementi riguardanti la prescrizione dei reati e la condanna in contumacia.

La giustizia francese ha respinto la domanda di estradizione, nonostante i tentativi politici di influenzarne la decisione: dalla presenza dell’avvocato William Julié in qualità di rappresentante dello Stato italiano alle dichiarazioni dell’ex ministro della Giustizia francese Eric Dupond-Moretti, il quale aveva paragonato gli “ex terroristi italiani” arrestati in Francia ai jihadisti del massacro del Bataclan: “Avremmo mai accettato che uno dei terroristi del Bataclan, ad esempio, se ne fosse andato a vivere 40 anni, tranquillamente, in Italia?”.

Si è scongiurato il rischio che i corpi e la memoria di questi esuli, che in Francia hanno trovato una forma de facto di “asilo” grazie ai principi della comunemente nota “dottrina Mitterand”, diventassero merce di scambio tra il governo francese e quello italiano per rafforzare la loro intesa reciproca.

Tuttavia, la loro cooperazione nefasta continuerà sul piano securitario, nell’escalation militare della guerra in Ucraina e su altri aspetti strategici internazionali dall’Africa al Medioriente.

In questi mesi di “battaglia processuale”, non è mai venuta meno la solidarietà nei confronti degli esuli a rischio estradizione. Oltre all’appello pubblicato a maggio scorso sul quotidiano francese Le Monde, firmato da oltre 300 persone appartenenti al mondo accademico, culturale e associativo, è stato diffuso recentemente un testo di professionisti della salute mentale in cui un’eventuale estradizione viene qualificata come una “catastrofe esistenziale”.

Senza dimenticare la lettera consegnata dal professor Luciano Vasapollo, dirigente della Rete dei Comunisti e rappresentante della “Rete di intellettuali e artisti in difesa dell’umanità”, a Papa Francesco lo scorso dicembre.

La risposta ufficiale, arrivata da uno dei più alti responsabili della Segreteria dello Stato Vaticano, aveva evocato come la “vicenda giudiziaria causa di preoccupazione per diverse persone e per le loro famiglie” per auspicare che si possano realizzare “le legittime aspirazioni di ciascuno, ispirando nel rispetto della giustizia gesti concreti di reciproca comprensione e riconciliazione”.

Nel corso di quest’anno, la Rete dei Comunisti ha organizzato numerose proiezioni-dibattiti, in Italia e in Francia, del mini-documentario “Le radici per aria. Appunti per una Storia di classe” con l’obiettivo di ricostruire il filo rosso che collega l’esperienza di quegli anni alla situazione attuale e alla prospettiva di trasformazione sociale futura, per aiutare a comprendere le lotte politiche e sociali degli anni ‘60 e ‘70 in Italia, le ragioni di quello scontro politico e perché lo Stato non vuole chiudere quella stagione e di cosa ha ancora paura.

Oggi la vendetta dello Stato italiano ha subito una sconfitta importante; a noi il compito di continuare a salvaguardare la memoria storico-politica di quelle lotte e portare avanti la rivendicazione di un’amnistia sociale per i “reati politici” di ieri e di oggi come viatico per rompere la gabbia del “diritto del nemico” in cui si sono imprigionati gli anni ‘70 e si vuole tutt’ora detenere la lotta di classe nel nostro Paese.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento