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04/05/2023

Banche: profitti e tassi

di Guido Salerno Aletta

Stando ai principi, l'aumento dei tassi di interesse ha un duplice effetto su comportamenti degli agenti economici:

- rendendo più caro l'indebitamento, riduce la richiesta di nuovi prestiti e fa più costoso quello in essere a tassi variabili. La dinamica economica si raffredda e così l'inflazione, anche se derivante dai maggiori costi delle importazioni;

- rendendo più redditizi i depositi bancari ed i rendimenti offerti dai nuovi titoli di debito che vengono emessi, aumenta la propensione al risparmio ed all'investimento, limitando la tendenza ad accelerare i consumi per evitare la erosione del valore reale del denaro accumulato. Anche per questa via, si riduce la dinamica economica e la pressione della inflazione.

Da un anno a questa parte, per contrastare l'inflazione, la Bce ha aumentato il tasso di riferimento ed ha azzerato l'immissione di nuova liquidità, imitando la Fed statunitense che aveva iniziato ben prima: dacché era pari allo 0% nel marzo 2022, a marzo scorso è arrivato al 3,5%.

Sul versante dei titoli di Stato, la reazione è stata immediata: per quelli italiani, il rendimento lordo dei titoli a medio-lungo termine, i BTP, è passato dallo 0,76% del marzo 2021 all'1,50% del marzo 2022 al 3,77% del febbraio scorso.

Non è accaduto lo stesso per i tassi di interesse sui depositi bancari: dallo 0,33% del marzo 2021 erano scesi allo 0,32% nel marzo 2022 per salire allo 0,61% nel febbraio scorso (+0,29%). I tassi medi di interesse sui crediti bancari sono cresciuti invece assai velocemente, passando dal 2,14% del marzo 2022 al 3,81% del marzo scorso (+1,67%).

Il differenziale tra i tassi attivi e passivi è dunque migliorato vistosamente a favore delle banche, passando in un anno dall'1,25% al 3,01%. Ciò ha determinato un aumento consistente dei profitti.

Facendo un raffronto con altri impieghi monetari a breve termine, quello dei BOT italiani è passato da un rendimento nominale negativo che era del -0,49% del marzo 2021, ad uno ancora peggiore del -0,60% del marzo 2022, ad una impennata in positivo con il +2,94% nel febbraio scorso.

Questa diversa dinamica dei rendimenti sugli investimenti, che ha penalizzato fortemente la detenzione dei depositi bancari di conto corrente sia rispetto agli impieghi monetari a breve come i BOT, che rispetto a quelli a medio e lungo termina come i BTP, ha determinato di recente una riduzione dei depositi.

Considerando la clientela privata residente in Italia, i suoi depositi sono dapprima aumentati perché non vi erano impieghi alternativi remunerativi, passando dai 1.516 miliardi del marzo 2019 ai 1.602 miliardi del marzo 2020 (+ 86 miliardi) ed ai 1.751 miliardi del marzo 2021 (più ulteriori 149 miliardi) ed a 1.837 miliardi del marzo 2022 (più ancora ulteriori 86 miliardi), anche per via del blocco delle attività economiche determinato dalla epidemia di Covid: un record di aumento, per 321 miliardi. Da allora, i depositi sono scesi fino al livello di 1.783 miliardi del marzo scorso, con una riduzione netta di 54 miliardi in un anno.

Il picco dei depositi bancari della clientela residente fu raggiunto nel luglio del 2022, con 1.873 miliardi: da allora, in otto mesi, la diminuzione è stata di 90 miliardi di euro.

Analizzando l'andamento della situazione finanziaria delle famiglie italiane, si rileva che in precedenza, nel confronto tra il terzo trimestre 2021 ed il terzo trimestre 2022, la consistenza delle attività era complessivamente diminuita, passando da 5.122 miliardi di euro a 4.830 miliardi (-292 miliardi), per via di una caduta del valore delle Azioni da 1.209 miliardi a 1.071 miliardi (-138 miliardi), di quello delle Quote di fondi comuni da 737 miliardi a 664 miliardi (-73 miliardi), di quello delle Assicurazioni vita e Fondi pensione da 1.172 miliardi a 1.044 miliardi (-128 miliardi), compensati da un aumento dei Biglietti, monete e depositi a vista presso il sistema bancario, passati da 1.172 miliardi a 1.225 miliardi (+53 miliardi).

Sembra che ci sia stata una corrispondenza diretta tra l'aumento di 53 miliardi di euro della consistenza dei depositi bancari delle famiglie, che era stato registrato tra il terzo trimestre del 2021 ed il terzo trimestre del 2022, e che era stato determinato da un contesto di tassi di interesse penalizzanti sui titoli del debito pubblico e da una situazione riflessiva dei mercati azionari e finanziari, e la successiva riduzione di 53 miliardi di euro che si è registrata tra il marzo 2022 ed il marzo scorso.

Se andiamo a vedere poi gli impieghi bancari per il settore privato dell'economia, si rileva che il credito era già diminuito dai 1.506 miliardi del marzo 2018 ai 1.436 miliardi del marzo 2019, per scendere ancora ai 1.422 del marzo 2020 alla vigilia della crisi sanitaria. Gli impieghi sono risaliti poi a 1.455 miliardi a marzo 2021, con le garanzie pubbliche sui fidi, ed a 1.482 miliardi a marzo 2022. Dopo aver toccato i 1.492 miliardi a luglio 2022, gli impieghi a favore del settore privato sono scesi a 1.462 miliardi a marzo scorso, riducendosi esattamente di 30 miliardi di euro. Mentre, nel stesso frattempo, i depositi sono diminuiti di 90 miliardi.

Sembra dunque che la minore reattività verso l'alto dei tassi di interesse corrisposti sui depositi bancari abbia indotto una preferenza verso altri impieghi più remunerativi, sia a breve che a medio e lungo termine, con una velocità dei ritiri che è ovviamente superiore a quella della riduzione degli impieghi creditizi.

La raccolta obbligazionaria delle banche è stata penalizzata dalle norme sul bail-in e dalla minore liquidabilità di questi titoli rispetto a quelli di Stato.

Pur con questa asimmetria nella raccolta, la bassa dinamica al rialzo dei tassi passivi corrisposti sui depositi bancari, rispetto a quella ben più elevata dei tassi attivi incassati sui prestiti, ha fruttato ingenti profitti al settore bancario nel corso del 2022.

Ma, ora, questa situazione può creare difficoltà alle banche per via dei ritiri sostenuti da parte della clientela, attratta da alternative più vantaggiose.

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