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26/05/2023

Impunità Nato sul caso Rocchelli

Nove anni fa le truppe di Kiev assassinavano il nostro giornalista Andrea Rocchelli e il suo compagno Andrej Mirinov. Stavano documentando e avevano documentato i deliberati attacchi alla popolazione civile del Donbass da parte dei militari del regime ucraino, sia quelli regolari sia quelli dei battaglioni nazisti, tra cui il famigerato Azov.

La magistratura italiana ha riconosciuto e condannato la responsabilità diretta delle truppe di Kiev nel delitto, ma non è riuscita per una serie di cavilli a punirne i responsabili in carne ed ossa. Che in Ucraina sono considerati eroi della libertà.

Il caso Rocchelli è esattamente come quello di Regeni, un giovane italiano coraggioso è stato ucciso perché raccoglieva prove delle nefandezze di un regime.

Però per Rocchelli non sentirete oggi pronunciamenti delle autorità, da Mattarella in giù saranno tutti silenziosi. Tantomeno lo sentirete ricordare dai giornalisti impegnati a reti unificate nella propaganda di guerra.

Certo anche per Regeni le parole spese dal palazzo coprono una sostanziale complicità con i suoi assassini. Ma per Rocchelli non si finge neppure.

Eppure con i miliardi di armi che mandiamo in Ucraina non sarebbe scandaloso chiedere: siamo alleati, dateci gli assassini di Rocchelli.

Ma non si fa, perché altrimenti si metterebbero in discussione i due dogmi negazionisti del partito della guerra: la negazione della guerra civile in Ucraina dal golpe del 2014 e quella della natura reale del regime di Kiev.

Ma soprattutto, chiedendo giustizia per Rocchelli le nostre autorità violerebbero la regola tassativa a cui devono attenersi se non vogliono guai: garantire l’impunità NATO.

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