Il fatto è semplice, la reazione neanche un po’. Ma proprio per questo risulta rivelatrice di una subcultura politica. Immancabilmente reazionaria.
Cominciamo dai fatti.
Al Salone del Libro di Torino la ministra alla Famiglia Eugenia Roccella è stata contestata dagli attivisti di Extinction Rebellion e dalle femministe di Non una di Meno al grido di «sul mio corpo decido io» e «fuori lo Stato dalle mie mutande», in riferimento al diritto all’aborto.
Alcuni si sono distesi a terra, altre di sono tolte le magliette mostrando sull’addome la scritta ‘Aborto libero’ e ‘Ru426 in ogni ospedale’ (è noto che il diritto all’aborto viene di fatto svuotato da molti ostacoli “amministrativi” assolutamente speciosi).
Appena ha iniziato a parlare del suo libro gli attivisti hanno dato il via alle proteste fino a quando Roccella ha chiesto un confronto pubblico, invitando chi protestava a spiegare le proprie ragioni. Una portavoce è quindi salita sul palco per leggere un comunicato.
Poteva finire lì e probabilmente non sarebbe successo altro.
La ministra però ci ha tenuto controproporre la propria visione del mondo, evitando accuratamente i temi che contrappongono i movimenti delle donne e questo governo, preferendo ricorrere strumentalmente al solito tema che NON è al centro della discussione: «Lottate contro l’utero in affitto insieme a noi, contro la mercificazione del corpo delle donne, lottate contro un mercato razzista dove i figli delle donne nere costano meno di quelle bianche».
Una frase che che di fatto ammette la pratica dell’”utero in affitto” ma finge di indignarsi perché i “prezzi di mercato” penalizzano le donne non-bianche (è risaputo che la “domanda solvibile” di figli nati da altre donne viene quasi esclusivamente dalle classi molto benestanti dell’Occidente neoliberista ed euro-atlantico, in genere “bianchi e cristiani”).
Il direttore del Salone del Libro uscente, lo scrittore Nicola Lagioia, nel tentativo di gestire con un po’ di diplomazia la situazione che si era venuta a creare, ha parlato di “contestazione legittima in democrazia” e ha invitato le due parti a trovare un modo di dialogare tra loro.
Non gli è andata benissimo. La deputata di Fratelli d’Italia, Augusta Montaruli. Lo ha quasi fisicamente aggredito urlandogli a più riprese: «Vergognati, come fai a dire che questa è una contestazione legittima con tutti i soldi che pigli?».
Peccato che la signora Montaruli sia però l’ultima a poter pontificare sugli emolumenti altrui derivanti da un incarico pubblico (ammesso e niente affatto concesso che il prendere un buon assegno come direttore del Salone obblighi a schierarsi con il governo contro dei manifestanti).
La deputata Montaruli è stata infatti costretta a dimettersi dalla carica di sottosegretaria all’università (!?), a febbraio, in seguito alla condanna definitiva a un anno e sei mesi per peculato nel processo ‘Rimborsopoli’ della Regione Piemonte. Evidentemente “i soldi” costituiscono l’alfa e l’omega del suo immaginario...
Ma anche la reazione della ministra Roccella – a contestazione finita, con le attiviste portate via di peso dalla polizia – va almeno un attimo soppesata. “Mi ha colpito, e sinceramente mi addolora, che delle donne abbiano impedito ad altre donne di parlare, presentando un libro che parla molto di donne e di femminismo, e che avrebbe stupito quelle ragazze, se lo avessero letto”.
Lasciamo da parte il legittimo ma ininfluente desiderio di vendere più copie (un ministro e deputato guadagna in un mese certamente molto di più di quanto potrà ricevere come diritti di autore), ed anche la “posa” vittimista.
Il cuore dell’argomento è infatti “donne che hanno impedito ad altre donne di parlare”.
Vediamo queste donne in contrapposizione.
Da un lato una ministra (spalleggiata da una deputata, protetta da una scorta di polizia...), che praticamente può parlare in ogni dove per 24 ore al giorno. Intanto “con gli atti”, in quanto ministro, con cui prende decisioni che incidono sulla vita di tutti e tutte. E poi con dichiarazioni, interviste, presenze a forum, dibattiti, cerimonie, inaugurazioni, ecc.
Dall’altro attiviste che da anni o decenni portano avanti rivendicazioni che nessun governo – né di “controsinistra” né tanto meno di destra – ha mai preso seriamente in considerazione. Donne (e uomini) che non hanno letteralmente voce pubblica, al massimo una pagina social da cui parlare alla propria “bolla”.
E che perciò, come in ogni società umana, fin dalla notte dei tempi, usano la propria voce fisica quando finalmente riescono ad avere davanti un rappresentate del potere (uomo o donna non fa davvero differenza). E quindi urlano, fischiano, battono le mani. Fino a coprire il volume degli altoparlanti usati dal potente di turno.
Il quale – come ha fatto la Roccella – si offende grandemente e grida alla “lesa democrazia”. Rivelando così cosa intenda davvero con la parola “democrazia”: il proprio diritto a comandare e “voi dovete solo tacere”.
Arrivati a sedere su certe poltrone in virtù di obbedienze, quasi sempre senza alcun particolare “merito” pregresso, scarsi quanto ad argomentazioni e competenze, gli esponenti di tutta la “classe politica” presente possono sperare di imporsi nelle menti della popolazione soltanto se hanno il monopolio del “parlare”. Qualsiasi contraddittorio ne può infatti facilmente svelare l’inconsistenza...
C’è da augurarsi che che tutti i rappresentanti di questo ed altri governi, così come ognuno di quelli che siede in questo parlamento, si trovi sempre più spesso davanti a gruppi che li contestano usando gli strumenti che hanno. Gruppi che, speriamo, diventeranno in breve tempo folle.
C’è una guerra alle porte, oltre che diritti individuali violati. Non è “sano”, per un paese, avere gente come questa nelle posizioni chiave.
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