Da giorni siamo impegnati con tante compagne e compagni a portare solidarietà attiva in molti territori dell’Emilia Romagna colpiti dall’alluvione.
La prima domanda che ci siamo fatti arrivando nei territori è stata: “lo Stato dov’è?”. Certo, stiamo vedendo la Protezione Civile lavorare, ma in affanno a causa della mancanza di personale e mezzi. E l’esercito, che potrebbe mettere a servizio il genio militare, è praticamente assente, troppo impegnato a programmare parate e giochi di guerra.
Il fatto che tante e tanti si siano mobilitati per portare aiuto alle famiglie coinvolte è la dimostrazione chiara del fatto che “la comunità”, un soggetto che molto spesso si tende a dichiarare morente, è al contrario vivissima, capace di organizzazione e di tanta umanità.
Ma questa consapevolezza fa emergere ancor di più una grande contraddizione: mentre i volontari, acclamati da tutti, sono a spalare, perché lo Stato e la Regione arrancano nell’organizzazione della risposta ad una situazione emergenziale di tale portata?
Troppo facile agitare la retorica degli “angeli del fango” per dire che alla fine tutto va bene. No, non va tutto bene, e non c’è niente di angelico a spalare nel fango a rischio infezioni: si fa perché è da fare, e ogni giorno che passa aumenta la sfiducia e la rabbia dei cittadini.
Abbiamo visto alcune cittadine rimaste sott’acqua per più di una settimana, con aiuti scarsissimi da parte dalle istituzioni.
Stato e Regione appaiono insufficienti a gestire l’organizzazione di questo momento d’emergenza, emergenza che loro stessi hanno contribuito a creare con il negazionismo climatico e con la cementificazione del nostro territorio.
Ma, allo stesso tempo, abbiamo visto anche un’estrema capacità organizzativa e di intervento in qualcosa che in questo momento sembra interessare di più lo Stato italiano: giocare alla guerra.
Mentre l’Emilia Romagna era battuta da piogge incessanti, in Sardegna si svolgeva la prima fase di Joint Stars, l’esercitazione militare che vedeva coinvolti Esercito, Marina Militare, Aeronautica Militare, Carabinieri, Guardia di Finanza, Protezione Civile, Vigili del Fuoco, Croce Rossa Italiana e Capitaneria di Porto e nella quale erano impiegati impegnati più di 4mila uomini e donne e circa 900 tra mezzi aerei, terrestri e navali.
Quello che in questo momento pretendiamo è che a spalare nel fango, tra le acque alluvionali e il rischio di malattie, non si lascino solo i cittadini ed i volontari, ma che siano chiamati da tutta Italia quei corpi impegnati in attività inutili e dannose, e che non fanno altro che alimentare un clima di guerra nel quale tutti, ormai da mesi, siamo stati abituati a vivere.
Per questo vogliamo rilanciare la mobilitazione che ci vedrà impegnati il 2 Giugno, perché pretendiamo meno soldi alla guerra e più soldi alla nostra terra, perché pretendiamo che il nostro territorio venga tutelato, anziché continuare a promuovere politiche ecocide dannose per i cittadini e per la nostra casa, il nostro Pianeta.
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