«Scoprire l’acqua calda» non è qualcosa che può cambiare le sorti dei settori popolari nel mezzo di questa crisi sistemica, ma a volte sembra che ci sia bisogno di studi che lo facciano. Anche se sappiamo già che nessun governante, prono ai suoi padroni, ascolterà i tecnici, se i tecnici non dicono quel che è utile al profitto.
L’European Trade Union Institute, centro di ricerca della European Trade Union Confederation (conosciuta in Italia come CES) ha reso pubblica un’analisi sul mercato del lavoro di 13 paesi. Quel che si legge al suo interno, per continuare a usare detti famosi, è che la manodopera la si può trovare con una soluzione alla «uovo di Colombo», ovvero pagando salari più alti.
In generale, chi non trova lavoratori per le proprie attività offre retribuzioni in media più basse del 9% rispetto a chi non ha carenza di organico. I settori in cui è più facile che domanda e offerta non si incontrino sono quelli dell’energia, quelli delle professioni scientifiche e tecniche, la pubblica amministrazione, la ristorazione e il turismo, mentre manifattura, edilizia e industria mineraria hanno meno di questi problemi.
In Italia, chi manca di manodopera paga 14,30 euro l’ora, mentre chi non soffre mancanza di personale offre 18,40 euro l’ora. Nel primo caso il numero di posizioni vacanti è aumentato negli ultimi anni, mentre nel secondo è rimasto stabile. La distanza di 4,10 euro orari tra le due cifre è anche la più sostanziosa tra i paesi studiati.
“Una retribuzione dignitosa fa bene ai lavoratori, fa bene ai datori di lavoro e fa bene all’Europa”, ha detto Ester Lynch, segretaria generale della CES. E se persino una struttura come la CES – di cui è parte anche la CGIL – integrata nei meccanismi di potere e mediazione di quella Europa o meglio Unione Europea le cui politiche hanno precarizzato i lavoratori e attaccato i salari, riconosce il problema delle paghe risicate, qualche segnale di allarme dovrebbe scattare.
Andando poi nel dettaglio dei dati appena sciorinati, risalta subito un aspetto non da poco. Le paghe che non garantiscono la copertura di organico viaggiano sui 14 euro l’ora, 4 euro in più della Legge di Iniziativa Popolare presentata da Unione Popolare qualche giorno fa, 5 euro in più della soglia dei 9 euro sotto la quale si trova un lavoratore su tre. Quanti sono i lavoratori che raggiungono le paghe citate nello studio?
Ma non c’è solo questo. I dati di Unioncamere riportati due giorni fa da un articolo su Il Sole 24 Ore parlano di un mondo della formazione che sforna 50 mila liceali di troppo e 133 mila periti in meno di quelli richiesti dal mercato. Questi numeri non piovono dal cielo, ma esprimono in maniera sempre più evidente la posizione subordinata del nostro paese nelle catene del valore mondiali: non abbiamo bisogno di cervelli, abbiamo bisogno di braccia.
Sia chiaro, c’è bisogno di entrambe. Ma una classe dirigente che si rispetti saprebbe mettere a frutto le migliaia di teste (e le decine di miliardi investite) che la nostra istruzione forma, per dare vita a un modello nuovo, più innovativo – e dunque anche più competitivo e autonomo – e capace di garantire più occupazione e redditi più alti. Invece tanti giovani fuggono dall’Italia per trovare un’opportunità.
Ma non siamo qui a spiegare a padroni e padroncini del nostro paese come dovrebbe agire una classe dirigente degna di questo nome, per di più in regime capitalistico. Tornando al nodo centrale, abbiamo bisogno di salari più alti, e la proposta di legge precedentemente citata rappresenterebbe un primo livello dal quale rilanciare la lotta dei lavoratori.
Ovviamente c’è bisogno di organizzazioni sindacali predisposte al conflitto di classe, sulla cui onda si possa trovare la forza di piazza necessaria a imporre la discussione sul salario minimo dentro i palazzi istituzionali.
Il 26 maggio lo sciopero generale chiamato da USB va vissuto con questo spirito, quello della generalizzazione delle lotte di questo paese e dell’unità delle istanze sociali e politiche più avanzate, che possano garantire un’alternativa al disastro in cui imprenditori e ceti di politicanti ci hanno cacciato.
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