Giorni di tensione e scontri nel nord del Kosovo dopo l’insediamento dei nuovi sindaci albanesi nei comuni dell’area a maggioranza serba. Gli scontri sono iniziati venerdì scorso quando le forze di polizia kosovare sono entrate negli edifici dei comuni di Leposavic, Zubin Potok e Zvecan usando gas lacrimogeni e granate assordanti, al fine di disperdere gli esponenti della comunità serba che cercavano di impedire l’ingresso nei comuni ai sindaci di etnia albanese.
Ci sono stati una dozzina di feriti e diverse auto date alle fiamme, tra cui almeno una della polizia. I sindaci vincitori delle elezioni municipali tenute il 23 aprile nell’area non sono riconosciuti da Belgrado e una porzione significativa della comunità serba, che in quell’area del Paese è a maggioranza, ha boicottato l’appuntamento elettorale che ha segnato così una misera affluenza del 3,4 per cento.
La presidente del Kosovo, Vjosa Osmani, aveva convocato le elezioni dopo le dimissioni in massa presentate da tutti i funzionari pubblici della componente serba nel novembre scorso.
Le dimissioni erano giunte in segno di protesta dopo le tensioni che si erano verificate a seguito della decisione del governo di Pristina di imporre targhe automobilistiche emesse dal Kosovo anche nell’area nord a maggioranza serba.
In conseguenza di quanto accaduto venerdì scorso, il presidente serbo Aleksandar Vucic nella stessa giornata aveva predisposto il massimo livello di allerta per le forze armate serbe e ha ordinato loro di muoversi immediatamente in direzione del valico con il Kosovo, convocando il giorno dopo una riunione del Consiglio di sicurezza nazionale.
Il ministro della Difesa serbo Milos Vucevic ha affermato che sarebbe stato completato “entro il primo pomeriggio” il “pieno dispiegamento delle formazioni dell’esercito, secondo i piani prestabiliti”, e ha sottolineato che per l’esercito rimane “il massimo livello di prontezza al combattimento” deciso venerdì.
La premier Ana Brnabic ha sottolineato che la situazione in Kosovo è “difficile come mai” e ha accusato l’Unione europea e la KFOR di aver reagito “in ritardo”.
Il presidente serbo Aleksandar Vucic, rivolgendosi alla nazione, ha affermato che da diversi mesi le autorità kosovare cercano di provocare un sanguinoso conflitto tra Belgrado e la Nato. Allo stesso tempo, le forze di pace della KFOR non proteggono i civili, ma i “falsi sindaci” eletti con una scarsa affluenza alle urne.
Ai manifestanti serbi è stato impedito di avvicinarsi all’edificio dalla polizia del Kosovo e dalle forze della NATO. Le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco sui manifestanti, usato manganelli, spruzzato gas lacrimogeni e lanciato circa 30 granate assordanti sulla folla.
Negli ospedali risultano ricoverati 50 feriti tra i civili e si registrano 41 militari della KFOR feriti, tra cui 11 soldati italiani. I ferimenti sono avvenuti nei gravi scontri fra truppe NATO e dimostranti serbi a Zvecan, nel nord del Kosovo. Degli 11 feriti italiani, tre sono gravi, ma non in pericolo di vita: avrebbero riportato ustioni e fratture
La missione KFOR della NATO ha aumentato da ieri la propria presenza nei quattro comuni del Kosovo settentrionale per garantire la “sicurezza” dell’area. I militari italiani del contingente NATO sono stati dislocati a Mitrovica.
Davanti alle sedi municipali si sono radunati centinaia di cittadini insieme ai rappresentanti della Lista serba (gruppo politico rappresentativo dei serbi del Kosovo) i quali chiedono il ritiro delle unità della polizia del Kosovo dall’area, oltre che le dimissioni dei neoeletti rappresentanti comunali.
La polizia ha usato in alcuni casi gas lacrimogeni per fermare i manifestanti che cercavano di entrare con la forza negli edifici.
La missione KFOR invita tutte le parti ad astenersi da azioni che potrebbero infiammare le tensioni o causare un’escalation e, in linea con il proprio mandato, è pronta a intraprendere tutte le azioni necessarie per garantire un ambiente sicuro in modo neutrale e imparziale.
“Una grande esplosione si sta preparando nel centro dell’Europa. Proprio nel luogo in cui nel 1999 la NATO ha effettuato l’aggressione contro la Jugoslavia in violazione di tutti i principi concepibili dell’Atto finale di Helsinki e dei documenti dell’OSCE”, ha affermato il ministro degli Esteri russo Lavrov.
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