di Luca Mercalli
È incredibile che nella stessa regione convivano due anomalie climatiche opposte di portata secolare: a oriente la Romagna in ginocchio per le alluvioni, a occidente il Piacentino e l’adiacente Alessandrino ancora all’asciutto da oltre 17 mesi. Un segno evidente dell’estremizzazione degli eventi meteo.
Gli oltre 250 mm di pioggia caduti in due giorni sull’Appennino romagnolo a seguito del ciclone “Minerva” sono già di per sé un valore eccezionale, che in un clima del passato avremmo visto verificarsi non più di una volta in almeno 50-100 anni. Invece in soli 15 giorni abbiamo visto ripetersi il fenomeno ben due volte includendo le inondazioni del 2-3 maggio, con un totale di precipitazioni che supera ormai i 500 mm in alcune località appenniniche, quanto cade in un intero anno ad Aosta.
Di fronte a queste quantità d’acqua nulla può resistere: è vero che il territorio è cementificato, e ciò aumenta la vulnerabilità ai danni, ma i suoli già saturi non hanno retto al secondo imponente nubifragio e i livelli fluviali hanno spesso superato la scala misurabile dagli idrometri battendo i massimi storici: ARPAE, l’Agenzia meteo regionale, segnala che l’Idice e il Santerno hanno toccato colmi di piena inediti, rispettivamente superiori a 14,38 e 14,87 metri. A poca distanza pure il fiume Misa, oggetto della pesantissima alluvione di Senigallia del 15 settembre 2022, a soli otto mesi ne ha subita una seconda appena meno importante.
Sta saltando la statistica pluviometrica del passato, il nuovo assetto climatico si conferma come via via più estremo, o troppo o troppo poco, in accordo con quanto i modelli di simulazione climatica prevedono inascoltati da trent’anni. E nel weekend una nuova intensa perturbazione investirà il Piemonte con piogge che spegneranno la peggior siccità da due secoli, passando da un estremo all’altro in poche ore.
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