21/05/2023
La competizione in Asia per aprire nuovi corridoi ferroviari
A metà di questa settimana, durante un incontro video tra il presidente russo Vladimir Putin e quello iraniano Ebrahim Raisi, è stato annunciato l’accordo per la costruzione della ferrovia tra le città di Astara e Rasht, in Iran. Il costo sarà di circa 1,6 miliardi di dollari, per una moderna tratta di 162 km.
La strada ferrata si inserisce nella cornice dell’International North-South Transport Corridor (INSTC), una rete di 7.200 km di linee navali, stradali e appunto ferroviarie che unisce Mosca a Mumbai. La prima intesa su questo progetto risale al 2000, e vi si sono poi aggregati molti altri paesi, tra cui Kazakistan, Azerbaigian, Armenia, Bielorussia, Turchia, Siria e Oman.
Nemmeno un anno fa i rami orientali di questo nuovo vettore sono entrati definitivamente in funzione, ma sono ancora tanti i lavori da completare per raggiungere una piena operatività. Ad esempio, con la nuova ferrovia in procinto di costruzione il tempo necessario alla consegna di merci da San Pietroburgo a Mumbai passerà da 45 a 10 giorni.
Tale corridoio diventa fondamentale nella competizione internazionale di questa fase, soprattutto per paesi posti sotto sanzioni come Russia e Iran. L’INSTC è, infatti, una rotta alternativa a quella seguita obbligatoriamente fino a oggi, ovvero quella che passa per il Canale di Suez e circumnaviga il Vecchio Continente, strettamente controllata dalle potenze euro-atlantiche.
Questa rete infrastrutturale mostra inoltre importanti vantaggi economici e commerciali. La Federation of Freight Forwarders Associations in India (FFFAI) ha rilevato che l’INSTC è “il 30% più economico e il 40% più breve rispetto al percorso tradizionale”, e potrebbe consentire di trasportare fino a 60 milioni di tonnellate di merci entro il 2030: cinque volte la quantità attuale.
Lo stesso Putin ha sostenuto che la nuova ferrovia servirà a “diversificare significativamente i flussi di traffico globali”. La tratta sarà centrale anche per la sicurezza alimentare globale, perché su di essa si prevede di far viaggiare vari prodotti del complesso agroindustriale verso il Golfo Persico e l’Africa.
Questo nuovo accordo arriva in contemporanea ad altri sommovimenti diplomatici nell’area caucasica e medio-orientale. Due giorni fa si sono infatti incontrati a Mosca i ministri degli Esteri di Armenia e Azerbaijan, dopo che il 21 aprile il primo ministro armeno, Pashinyan, aveva annunciato la disponibilità a trovare un’intesa pacifica col suo corrispettivo.
Questo incontro preliminare, avvenuto sotto la mediazione di Lavrov, ha preparato il terreno per l’incontro tra i due vertici governativi, che si terrà sempre a Mosca il 25 maggio, stavolta con la presenza di Putin. L’accordo di pace dopo il riaccendersi degli scontri alla fine dello scorso anno non è affatto facile, ma segna il muoversi di grandi interessi.
L’attivismo diplomatico russo è infatti dettato dal fatto che la ferrovia tra Astara e Rasht dovrà essere costruita in coordinamento con l’Azerbaijan, che proprio con l’Armenia vicina alla Russia e con l’Iran si trova in uno stato di grave tensione. In questo modo, al collegamento già attivo tramite il Mar Caspio, si spera di aggiungere stabilmente quello via terra.
In Occidente c’è preoccupazione per la realizzazione di un progetto del genere. Nel primo fine settimana di questo mese, a Riad, il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan, ha parlato con i rappresentanti di Arabia Saudita, Emirati e India dello sviluppo di una rete ferroviaria per unire il Golfo all’India.
Un’idea che prende le mosse dal forum I2U2 (che tiene insieme Israele, India, USA, Emirati Arabi), con lo scopo di contrastare la presenza cinese attraverso la Nuova Via della Seta. Ma che si confronta evidentemente anche con l’INSTC, di importanza strategica per paesi considerati nemici dall’asse Bruxelles-Washington.
La rottura dello stallo nello scontro internazionale porta guerra, e porta anche la ridefinizione della geografia economica e infrastrutturale globale. L’incontro del 25 tra Armenia e Azerbaijan potrebbe essere un ulteriore tassello nel mosaico dello sviluppo di un mondo multipolare.
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